la critica politica - anno III - n. 11 - 25 novembre 1923

Anno 111 .. Fase. Il. 25 Novembre1923 SOMMARIO A. CRESPI : L'Inghilterra, la Lega delle Nazioni, l'Italia. FEUERBAçH: Governo e Popolo. E. GIRETTI : Il " Secolo ,, e il dazio ·sulla carta da giornali. TRE STELLE: Il Fascisrrio in Lomellina. S. MERLINO : La guerra e la filosofia. N. M. FOVEL : L'ultimo "libro ·decennale,, di A'. loria. La politica di Tesoro· del fascis1no - Intenzioni e - risultati - Un pensiero inedito di Vlctor Ugo. Note e Commenti - Recensioni REDAZIONE ED AMMINISTRAZIONE: ROMA (3) · VIA SERPENTI, 116. ABBONA 1 MENTI: PER UN ANNO LIRE 20 - PER UN SEMESTRE LIRE II. CoNTO CoRR~NTE PosTALE UN NUMERO : LIRE DUE Biblioteca Gino Bianco

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• • .Ll\ CRITICJ\ POLITICJ\ ~IVIST A MENSILE ANNO III. 25 novembre 1923 .;!- .;I- f ASC. 11. L'Inghilterra, la Lega delle Nazioni, l'Italia Checchè se ne pensi, più o meno liberamente, in Italia, l' ultima crisi italo-greca, in tutto il resto del mondo, continua ad essere discussa e a molti appare come una tappa storica. Ha essa segnato un passo innanzi o un passo indietro ? E per rapporto a qual criterio si può parlare di progresso o di regresso ? Ecco alcune domande a cui il presente articolo vorrebbe cercar~ di dare una risposta. Noi non possiamo decidere se abbia vinto l' Italia fascista o la Lega delle Nazioni, se non abbiamo anzitutto un concetto ben definito di quello che è la Lega nel processo storico che l' ha costituita e del peso delle forze che stanno contro di essa e a suo favore . N·oi partiremo da un solo postulato : quello che è meglio essere liberi che schiavi e che la libertà non è mera assenza di ostacoli esterni al nostro sviluppo, ma capacità di scegliere le nostre direttive di vita e di attenervici; e che una società è tanto più salda contro forze disintegratrici esterne ed interne quanto più essa rappresenta la cooperazione di anime libere verso comuni ideali di vita materiale, intellettuale e morale. Per chi accetti questo postulato non v' è dubbio che i primi germi <!ella libertà cos) intesa vanno ricercati nel fiorire delle antiche città del1'Ellade e che l'orazione di Pericle in onore dei morti nella guerra del Peloponneso contiene di tal libertà pur oggi la miglior definizione ed apoteosi. Ma l' Ellade che nelle sue repubbliche prima ci diede l'esempio e la teoria della libertà non seppe provvedere ai germi di questa il terreno favorevole pel loro germoglio. Questo terreno favorevole fu provveduto dalla Pax Romana, artefici i Cesari, interpreti gli Antonini. Fu entro l' Impero Romano che le popolazioni dell' Europa meridionale ed occidentale, protette dalle legioni contro i dispotismi asiatici e la barbarie nordica, poterono passare dalla fase della organizzazione sociale a tribù e a clanallacivica e ad una concezione del mondo cui appartenevano, che faceva di ognuno il suddito di un unico sovrano che amministrava una legge comune e manteneva per tutti la pace. Entro l' Impero Romano la teoria gre·ca dalla polis divenne, per opera degli Stoici, la teoria del governo del mondo e preparò le vie alla teoria della Città di Dio· e della Chiesa universale. iblioteca Gino Bianco ,

450 LA CRITICA POLITICA , L'Impero Romano, nondimeno, inaridiva le fonti della vita che lo alimentava. Molte furono le cause contingenti che lo minarono. Ma non ultima tra queste fu il fatto, che, per qua~to esso, in un certo senso, rispettasse l'autonomia dei costumi locali dei vinti, nondimeno non seppe evolvere in modo di far partecipare costoro all'opera di determinare i suoi destini e di mantenerne la pace : esso illanguidì la vita politica e religiosa locale invece di farla convergere verso una nuova vita politica e religiosa centrale. In assenza di regime rappresentativo il Governo centrale non potè non diventare governo dall'alto ; efficiente, fin che si vuole, ma non educatore di responsabilità ; e gli uomini amano solo i regimi che sanno cattivarsene le menti e i cuori. Senza di ciò la elevazione civica vien meno ; e specie se la mole è vasta, se le comunicazioni sono difficili e lente, se le popolazioni sono eterogenee, una crisi del Governo centrale presto o tardi è inevitabile e con la divisione dell'Impero s' inizia il processo di affermazione delle provincie, di differenziazione di governi locali, che avrà a suo ultimo termine la polverizzazione dello Stato e il sorgere del feudalismo. Lo Stato nazionale moderno è _il primo tentativo di una sintesi dei vantaggi che diede all'umanità l' Impero Romano - la Pace, la sicurezza, l'ordine - con il beneficio della libertà ; in esso troviamo la devozione entusiastica del cittadino alla società di cui è membro combinata con una pace che è assisa su tale devozione: l'autorità emerge dalla libertà e la pace, interna ed esterna, riposa su entrambe. Senonchè la pace esterna di ogni Stato nazionale riposa sulla sua capacità di resistere ad attacchi : data la diversità in popolazione, ricchezza, territorio, esperienza, posizione geografica di ogni Stato nazionale, ad ogni momento ve ne sono inevitabilmente di debolissimi, di deboli, di forti e di fortissimi; la pace non è mantenuta che nella misura in cui le tentazioni della strapotenza dei for.tissimi son tenute a freno dalla disposizione a coalizzarsi dei più deboli. Di qui la teoria e la pratica dell'equilibrio delle potenze; principio che, se non sempre mantenne la pace, servì però non poco, almeno fino ad oggi, la causa delle libertà, sia nazionali che politiche. E ciò principalmente perchè I' Inghilterra, costituitasi a nazione prima degli altri Stati nazionali, si senn costretta, per impedire il ripetersi di invasioni simili alla norrnanna, di appoggiare i diplomaticamente deboli e scender con essi contro il più forte in guerra. Tale principio però, se salvò incidentalmente e sviluppò la libertà, non poteva in- modo perenne, come si disse, mantenere la pace, sia perchè riposa sull'assunto che chi si sente più forte tenderà ad abusar della sua forza a spese dei deboli ; e tale assunto promuove lo spionaggio e l' intrigo diplomatico ; sia perchè, basato su istinti di reciproca diffidenza, tende a interpretare la moderazione nell'uso della forza come segno di debolezza e di paura. L'assunto non è infallibile : la Svizzera non ha mai, ad esempio, avuto velleità di conquista; il mondo britannico e l'americano, se l'avessero voluto, avrebbero a più riprese potuto disporre per Biblioteca Gino Bianco

L'INGHILTERRA, LA LEGA DELLRNAZIONI, L'ITAL~A 451 asservire il resto del mondo, di mezzi di cui la stessa Prussia non di- . spose mai: e viceversa gli Hohenzollern e gli Absburgo, armati dalle risorse dell' Inghilterra e dell'America, se ne sarebbero valsi per far sentire la loro strapotenza schiacciante in ogni angolo del globo. Ma tale assunto è naturalissimo in un .mondo che non riconosce alcuna comune superiore autorità etico-giuridica, quale nel Medio Evo potè essere i Papato ; ed a sua volta tende a far screditare l' idea d' una tale qualsiasi superiore comune autorità e a favorire per contro, in primo luogo, l'idea che ogni Stato nazionale è il solo ed unico giudice del suo onore. Esso però non riuscì mai a far 1nettere del tutto in soffitta l'idea d'un comune diritto pubblico tra le nazioni; gli Stati deboli, a cominciar dall'Olanda, non avevano nessun interesse a lasciarla cadere, e l' Inghilterra, fin da quando apprese la lezione di cose insegnatale dalla Grande Armada di Filippo II, diede a tale idea nuova e crescente forza pratica con l' uso eh' essa fece della sua forza navale. Essa imparò che la sua esistenza come Stato insulare dipendeva dalla sua capacità di impedire ad altri di sbarcar eserciti sulle sue coste; capacità che dipendeva da quella di comperare il necessario numero di navi da guerra; così .come questa dipendeva dai profitti de' suoi navigatori e commercianti, di cui le divenne così necessità vitale di rivendicare il diritto di transito non molestato su tutti i 1nari; diritto che essa intuì non le sarebbe stato riconosciuto che a patto che da essa non fosse conteso ad altri e non fosse esercitato conte un privilegio. L'avvento dell'industrialismo nel secolo XIX non fece che accentuare questa necessità per l'Inghilterra di non chiudere ad altri quel pieno libero accesso a tutti i mari di cui aveva essa stessa bisogno; col diventare una nazione predominantemente industriale e che con le risorse del suo suolo non potrebbe mantenere che un quinto della sua popolazione, i cui rimanenti quattro quinti non possono vivere che di cibo importato esportando carbone, manufatti, macchine e servizi marittimi, essa divenne più che mai interessata non a chiudere mari ad altri, ma a tenerli aperti per tutti perchè non glie li chiudessero a lei. Il libero scambio divenne un nuovo puntello della sua politica marittima e a sua volta i profitti delle sue industrie e specialmente quelli della marina mercantile divennero il modo di mantenere una potenza navale capace di garantir sempre meglio tale libertà di traffici per sè e per tutti. Non solo : col libero scambio I' Inghilterra divenne la sola potenza nel mondo che tenne i suoi porti aperti a navi d'ogni altra potenza alle stesse condizioni che alle sue stesse navi, anche se le altre potenze non concedevano tale eguaglianza di trattamento a navi inglesi. Questo carattere liberale inevitabile della politica estera inglese e della politica marittima britannica è di una portata incalcolabile per intendere la situazione attuale. Non solo è la potenza navale inglese liberalmente applicata che ha sconfitto le autocrazie di Spagna e di Francia nei secoli scorsi in . • Europa : ma è pure sotto la sua egida che, protetti dalla dottrina di Moniblioteca Gino Bianco •

452 LA CRITICA POLITICA • roe, suggerita all'America dal Canning nel 1823, poterono tra il 1823 e il J 914, svilupparsi liberamente in pace gli Stati Uniti e tutti gli Stati del1' America del Centro e del Sud, che la Santa Alleanza avrebbe voluto . restituire alle Spagna. È sotto· tale egida che tra il 1815 e il 1914, poterono diventar nazioni indipendenti.· il Belgio, l'Olanda, l' Italia, la Grecia e, nel 1919, molti Stati danubiani e balcanici. . Senza il libero scambio che per settant'anni continui provvide ad accumular capitali e ad allargar la marina mercantile e bellica britannica, nè sarebbe stato possibile ali' Inghilterra finanziare con i suoi prestiti la guerra degli Alleati continentali, nè alla stessa America inviare in tempo in Europa, nella quantità necessaria, uomini e munizioni a decidere della vittoria. Oltre metà dei soldati americani raggiunsero l' Europa su navi inglesi. V'è di più. Senza l'egida di questi aspetti della politica britannica non avrebbero potuto svilupparsi quelle nazioni britanniche d'oltre mare, quell' India, quello stesso Giappone, che nei primi tre anni della guerra tanta parte ebbero nella resi_stenza al comune nemico, fino ali' ora dell' intervento americano. E tutto questo si può riassumere dicendo che ~ la politica economica, marittima e navale britannica ebbe negli ultitni quattro secoli e sopratutto nel secolo XIX la funzione storica di sviluppare oltre gli oceani tutto un mondo di popoli, senza del quale non sarebbe stato possibile alle potenze meramente europee dell' Intesa il vin- . cere la coalizione degli Imperi Centrali. L' Inghilterra è ora, assieme agli Stati Uniti, con cui condivide alla pari il dominio dei mari, l'avanguardia " in. Europa di tutto un mondo di nazioni transoceaniche (molte delle quali vaste come l' Europa e destinate a diventar col tempo altrettanto popolate e ricche) le quali quind' innanzi eserciteranno con essa la funzione fi!l qui da essa sola compiuta, di mantenere in Europa una pace che l'Europa non può mantenere da sè. Noi ci troviamo di fronte al compimento della profezia formulata fin dal 1823 dal Canning: < Noi dovremo invocare il Nuovo Mondo per restaurare l'equilibrio nel Vecchio>. È questo il fatto fondamentale che domina tutto il mo,vdo emerso dall'ultima guerra mondiale : nessuno Stato europeo basta più economicamente e politicamente alla propria sicurezza e indipendenza in tempo di. guerra; nessuna coalizione di Stati meramente europei basta da sola ad aver ragione dell'altra; e quindi la pace non può essere mantenuta in Europa che dall' intervento attuale o potenziale di tutto o di parte del mondo transoceanico a favore delle nazioni minacciate e contro quella o quelle minaccianti egemonie europee o locali. Le ambizioni e le contese tra gli Stati europei sono capaci di suscitare conflitti che non possono più essere placati da forze meramente europee e che disturbano i traffici e fin la • stessa esistenza di nazioni extraeuropee ; le quali quindi si sentono interessate ad intervenire a prevenire tali conflitti prima che sorgano o a reprimere le illegittime ambizioni che li scatenano. Una vittoria della Germania, sopratutto la vittoria de' suoi sommergibili, avrebbe potuto Biblioteca Gino Bianco

• L'INGHILTERRA, LA LEGA DELLE NAZIONI, L'ITALIA 453 anche voler dire la flotta tedesca nella baia di New York o I' India, l'Australia e la Nuova Zelanda in mano al Giappone. Ornai non v' è grande o piccola nazione transoceanica che possa sentirsi indifferente a conflitti tra ambizioni nazionali europee che trascendono i confini dell' Europa. Gli sviluppi della navigazione aerèa e sottomarina sono già tali da non rendere più inconcepibile che interi continenti possano essere alla mercè di un' unica potenza. È questo il fatto dominante che rende anacronistiche tutte le ideologie nazionali, in Europa sopratutto. In Europa nessuna nazione può più fare da sè, forse tra qualche generazione la sola nazione che potrà ancora fare da sè, che potrà anche, non senza probabilità di successo, riprendere i sogni d'egemonia europea, è la Russia, specie una Russia fecondata da abilità organizzatrice tedesca e nelle cui braccia la Germania dovesse gettarsi per disperazione, per sottrarsi alla feroce cecità e paura della Francia. Nè Francia nè (}ermania ponno da sole sopraffarsi; per di più la Russia è sul continente la sola nazione che dispone di grandi depositi petroliferi ; la ·sola altra nazione europea che ne dispone - però solo per mezzo della sua potenza navale e fino a che questa mantenga ininterrotte le comunicazioni col mondo extra-europeo - è l'Inghilterra che è l'avanguardia e la sentinella di questo mondo in Europa e la cui nuova naturale posizione d'equilibrio è quella d'una nazione da un Iato con le spalle sicure verso il mondo transoceanico e sopratutto verso gli Stati Uniti e dall'altro con la mano destra amichevolmente tesa verso le piccole nazioni in Europa ed eventualmente verso gli stessi vinti, ove questo o quel vincitore divent~sse il nuovo disturbatore della pace. La Lega delle Nazioni è l'espressione postbellica inevitabile di questo fatto fondamentale. Già nell' ultima guerra la neutralità divenne pure a chi vi persistette difficilissima e costosa. In un'altra guerra essa diventerà facilmente impossibile sia dal punto di vista economico che dal militare. Di qui da un lato il desiderio delle piccole nazioni di pesar per qualche cosa nel gioco dell'equilibrio delle potenze e dall'altro lato il fatto innegabile che ammettendo le piccole nazioni in qualche grado a pesare in questo gioco, l'equilibrio stesso si fa più stabile se non altro perchè si fa più difficile il calcolo delle conseguenze della sua rottura. Le piccole nazioni non sono certo ammesse su piede d'eguaglianza tra le grandi, perchè non è ammissibile che, potendo scatenar tempeste che esse non basterebbèro a placare e che non possono essere placate che dalle grandi, esse siano messe alla ·pari di queste ; ma hanno tutte diritto a poter far sentire la loro voce e a nominare un certo numero di rappresentanti nel Consiglio della Lega : e ponno cos), unite o divise, pesare a favore di questo o quel gruppo di grandi· potenze e in questioni vitali fare, almeno moralmente, da arbitri. La Lega dà loro l'opportunità di poter agire unite e quindi d'avere un peso che non avevano prima del suo avvento. La guerra mondiale, combattuta anche a cagione della minaccia • Biblioteca Gino Bianco

454 LA CRITICA POLlTICA austriaca e tedesca alla Serbia ed al Belgio, non poteva non finire con un · nuovo status anche per le piccole nazioni ; e la Lega è almeno un rnodo per non lasciar più queste interamente alla 1nercè dei più forti e quindi per accrescere le loro opportunità di libero e pacifico sviluppo sotto la egida dell'opinione pubblica mondiale mobilitata dalle libere discussioni di Ginevra. Non solo : la Lega appare come il risultato naturale di tutto il processo storico precedente e sopratutto come il pri1no sforzo - da dopo la caduta della autorità arbitrale del Papato nel Medio Evo - per fare una sintesi del principio di libertà e di autorità non solo entro lo Stato nazionale, ma pur nelle relazioni tra gli Stati nazionali e per armonizzare, per così dire, i doni dell' Ellade e quelli di Roma all'umanità. La Lega sarà istituzionalmente imperfetta, finchè si voglia; è indubbiamente incompleta, finchè ne siano escluse la Germania e la Russia e se ne stian lontani gli Stati Uniti; ma è il simbolo di tutto un imponente processo storico che, con l'ultima guerra, è arrivato a far crollare le ultime autocrazie militari, ad affermare ovunque, più o meno, il principio dei governi responsabili e quello della sovranità della legge, a rompere i ceppi di un grande numero di popoli e a· stabilire il dovere che, prima di assumersi la responsabilità d' una guerra, anche i più forti acconsentano a discutere. Essa è indubbiamente, se si vuole, solo una forma più alta. ed estesa del vecchio principio dell'equilibrio delle potenze, nel senso che anche le piccole tra queste hanno modo di farvisi sentire e non son più semplicem~nte tenute a subire le i1nposizioni delle altre e nel senso che essa costituisce un organo permanente di consultazione e cooperazione tra potenze che prima non s' incontravano che in atteggiamento minaccioso ali' indomani di qualche incidente; ma non è forse questa considerazione, anche per dei realpolitikes, della massima importanza, precisamente nella misura in cui ritnan così stabilita la continuità dell'avvento della Lega con tutta la storia che vi mette capo ? · * * * È da questo punto di vista che va giudicata l' ultima crisi internazionale, la prima e più grave crisi nella storia della Lega, in quanto per la prima volta una Grande Potenza ne ripudiò o minacciò di ripudiarne l' autorità. E la conclusione alla quale a parer nostro è impossibile non arrivare si è che la crisi ha dimostrato che la Lega è ormai fortemente insediata nel cuore ~i tutte le piccole nazioni e che vi sono già molte ragioni per pensare che passerà molto tempo prima che siavi un' altra crisi dello stesso genere. Per convincersene basta semplicemente far la cronologia dell'ultima crisi. La mattina del 27 agosto 1923 la parte italiana della delegazione interalleata impegnata a stabilire i confini greco-albanesi, veniva barbaramente assassinata su una strada che si vuole infestata da ,briganti, nel mentre l'automobile greco s'era, pare, fermata Biblioteca Gino Bianco

L'INGHILTERRA,LA LEGA DELLE NAZIONI, L'ITALIA 455 un buon cinquanta miglia prima in seguito a un accidente automobili- . stico. Il fatto che gli uccisi non furon derubati suggerl tosto l' idea che non si trattasse di assassinio a scopo di furto. Il 28 il Ministro italiano ad Atene faceva domanda al Ministro degli Esteri greco, e il 29 questi accedeva alla domanda di quello, che si procedesse all'arresto d/gli assassini, che se ne •stabilisse l' identità e che loro venisse inflitta esemplare punizione. Il 29 per oltre il Governo italiano faceva presentare alla Grecia un ziltimatum, contenente le ~eguenti richieste : 1 °) piena e farmale apologia da parte della Grecia ; 2°) solenne servizio funebre per le vittime nella cattedrale cattolica d'Atene; 3°) che la bandiera italiana, issata da11a squadra italiana fuori del Faleria fosse salutata dalle navi greche issanti la bandiera italiana, senza restituzione di saluto da parte della flotta italiana fino a sera, alla partenza di questa, nello stesso giorno ; 4°) che la Grecia entro cinque giorni compisse una rigorosa inchiesta; ) . 5°) < con l'assistenza dell' attachè militare italiano > ; 6°) che tutte le persone trovate colpevoli fossero condannate a • morte e che entro cinque giorni la Grecia pagasse all'Italia 60.000.000 di lire come indennità ; 7°) onori militari alle vittime al momento dell' imbarco. Entro ventiquattro ore il Governo greco rispondeva dichiarando senza fondamento le affermazioni che esso fosse colpevole di seria offesa ali' Italia e respingendo le richieste n. 4, 5 e 6 come oltraggianti l' oriore e violanti la sovranità dello Stato. E si aggiungeva che < se, contro l'aspettativa, il Governo italiano dichiarasse inadeguata la soddisfazione offerta, la Grecia avrebbe in accordo con lo Statuto della Lega delle Nazioni, fatto appello alla lega impegnandosi ad accettarne le decisioni>. A questa nota il Governo italiano rispondeva col far arrivare, a Corfù, alle 15 del 31 agosto una squadra italiana navale il cui comandante intimò al Prefetto l' intenzione di occupare l'isola e richiese che si issasse bandiera bianca. In seguito ad indugio del Prefetto a rispondere a queste intimazioni, il Comandante la s·quadra faceva sparare un certo numero di granate contro la fortezza, che era occupata da rifugiati greci ed armeni, di cui un centinaio rimasero feriti e una ventina uccisi. La cosa veniva annunciata al mondo con una nota dell'Agenzia Stefani in cui si dichiarava che la risposta greca equivaleva < a una completa ripulsa delle richieste italiane ; che le misure temporanee prese non volevano essere un atto di guerra, ma 1 semplicemente un atto dell' Italia inteso a mantenere il suo prestigio e a mostrare. la sua inflessibile determinazione a ottener le riparazioni cui aveva diritto a secondo dei costumi e del diritto delle genti >. Da questo punto le relazioni dirette tra l' Italia e la Grecia cessarono • Biblioteca Gino Bianco

; ' 456 LA CRITICA POLITICA e la cosa fu posta nelle mani : a) della lega delle Nazioni, cui la Grecia aveva fatto appello il 31, in conseguenza dell'aver l' Italia dichiarato inadeguate le riparazioni offerte ; e b) della Conferenza degli Ambasciatori della cui Commissione la sterminata delegazione italiana era parte; la quale conferenza, radunatasi il 30 settembre inviava alla Grecia una nota di protesta contro lo stermipio e l'invitava a ordinare una immediata inchiesta. La Grecia rispondeva immediatamente il 2 settembre, accedendo alla richiesta ma soggiungendo che essa non poteva spinger l'inchiesta entro l'Albania; ma la sua risposta non veniva presa in considerazione dagli Ambasciatori che il 5 settembre, quando per la prin1a volta essi comunicarono col Consiglio della Lega, informandola della risposta greca; della disposizione della Grecia a fare ali' Italia ogni am1nenda ritenuta adeguata dagli Ambasciatori, ove fosse apparsa colpevole; e dalla decisione di deferire a una riunione del 7 settembre la questione della costituzione e del metodo della commissione d'inchiesta . • In seguito a questa comunicazione il Consiglio della lega, il 6 settembre, formulava e spediva agli Ambasciatori un piano di accordo, che veniva immediatamente adottato e presentato ai due Governi più interessati e con qualche emendamento non importante, da essi accettato. Ne riparleremo più oltre. Resta dunque stabilito che l'appello della Grecia alla Lega, datato il 31 agosto, formulato a Ginevra su istruzioni da Atene, concerneva non, l'occupazione di Corfù che avveniva in quel giorno e a cui esso era anteriore; ma il fatto che la Grecia non intendeva accettare le richieste 4, 5, 6, dell' ultimatum italiano e, piuttosto d'accedervi, come faceva dichiarare, era pronta a resistere. È su questo appello, in cui Corfù non entrava per nulla, che per la prima volta, l'on. Salandra di sua iniziativa, il 1 settembre, nel consiglio della Lega negava la competenza di questo, dicendo che la cosa era sotto giudizio degli Ambasciatori ; al che il rappresentante svedese e il britannico, in armonia con tutti gli altri, meno l'on. Salandra, risposero che il fatto che se ne occupava la Confe'renza degli Ambasciatori e che non era male che in prima istanza se ne occupasse essa, non poneva fuori di giurisdizione della Lega una questione sulla quale un suo membro le aveva rivolto un appello. Frattanto l'on. Mussolini faceva in vario modo intimare alle varie ambasciate a Roma che ove la lega intervenisse a toglier la cosa dalla Conferenza degli Ambasciatori, egli non avrebbe evacuata Corfù. E nella seconda seduta del Consiglio della Lega, su istruzioni da Roma, l'on. Salandra sostenne la tesi: a) che fino a che la Conferenza degli Ambasciatori, di cui la Grecia s'era impegnata ad accettare il verdetto, non avesse emesso il verdetto stesso la Lega era manifestamente incompetente ad intervenire; b) che la creazione della Lega delle Nazioni non costituiva una rinuncia da parte degli Stati firmatari ad agire per la difesa dei loro diritti e della loro dignità ; e) che in una questione di prestigio e di dignità nazionale l' Italia non Biblioteca Gino Bianco

. . L'INGHILTERRA, LA LEGA DELLE NAZIONI, L'ITALIA 457 può. lasciar la questione a una decisione della Lega. E nella terza seduta (5 settembre), l'on. Salandra tornava a dichiarare che < il Governo italiano irrevocabilmente esprime l'opinione che il consiglio della Lega non deve procedere ad agire a richiesta della Grecia>. Fu alla fine di questa seduta, che lord Roberto Cecil chiese che si procedesse alla lettura degli art. 10, 12, 15 dello Statuto della lega. Frattanto era intervenuto un nuovo fattore .. Il Consiglio non era più solo ad agire : s'era adunata anche l'Assemblea della Lega : e non una delle cinq~anta nazioni, che vi avevano rappresentanti, esitò ad affermar la tesi della piena competenza <lella Lega ; e fu in conseguenza di questa dimostrazione di solidarietà -che anche la Francia, per non perder l'appoggio della Piccola Intesa e <lella Polonia, venne dello stesso parere. Si deve a questo nuovo fattore :se il 6 settembre i membri d,el Consiglio della Lega riuniti in casa del Visconte Ishi, visto che la Conferenza degli Ambasciatori in una settimana di lavoro non era riuscita a trovar alcuna soluzione, prese in con- ·siderazione un piano d' accordo del rappresentante spagnuolo, pur senza metterlo ai voti, e lo inviò con le minute del dibattito a Parigi e in men <li 48 ore lo vide accolto con poche varianti. Ognuno non ha che da : confrontare le richieste dell' ultimatum italiano col piano proposto dalla lega e la decisione degli ambasciatori per veder come questase gu) il -detto piano assai più che le dette domande. L'ammenda e l'apologia son •dirette a tutte e tre le nazioni alleate e non ali' Italia soltanto ; e similmente i saluti, i quali poi vengon restituiti subito dopo il servizio funebre. Il Governo greco s'impegna a pagare al Governo italiano una somma, da determinarsi dalla Corte dell'Aia su rapporto della Commissione •d'inchiesta; e a tal uopo deposita presso una Banca svizzera una cau- . .zione di lire it. 50 milioni. L'inchiesta da condursi non con l'assistenza -dell' attachè militare italiano ; ma di una commissione interalleata con un presidente giapponese ; la pena capitale è abolita. Senonchè il 13 settembre gli Ambasciatori diressero alla Grecia una nota che introduceva modificazioni sostanziali in quella del 7 settembre : la Commissione alleata veniva investita dell'obbligo non solo di vigilare sull'inchiesta, ma .di riferire se la Grecia avesse nelle sue inchieste posta tutta la possibile diligenza; in caso di avverso responso gli Ambasciatori si riservavano il diritto anche di confiscare l' intera cauzione depositata dalla Grecia ; siccome frattanto veniva annunciata l' intenzione italiana di evacuare Corfù il 27, a n1olti non potè a meno di occorrere il pensiero che il 1nutamento sostanziale fosse stato fatto per indurre l' Italia a lasciare .al più pre·sto Corfù, senza suscitare ulteriori complicazioni e che si fosse ,deliberatamente sacrificata la giustizia all'opportunità politica. La Grecia .avendo in anticipo accettata la decisione non c'era più motivo per la Lega d'intervenire; essa aveva suggerito un piano d'accordo ch'era stato .accettato ; non è colpa sua se gli Ambasciatori lo alterarono in peggio. Essa aveva fatto il suo dovere. Se piena giustizia non potè esser fatta nè Biblio eca Gino Bianco

458 LA CRITICA POLITICA in questo nè in altri casi che lo precedettero, ciò devesi non per poco al sopravvivere di quell' ultimo nucleo del Consiglio di guerra interalleato, che è la Conferenza degli Ambasciatori e al fatto che nelle nazioni alleate la vittoria dello spirito della Lega non è ancora nè piena nè egualmente piena. Ma anche di fronte a questo prevalere della nota degli Ambasciatori del 13 su quella del 7 sette1nbre, non è difficile sostenere che in complesso la causa della lega uscì da questa disputa più rafforzata che non il punto di vista cui fece appello l' Italia. Non solo il rappresentante italiano si trovò solo fra tutti a sostenere che la creazione della Lega non alterava il diritto degli Stati firmatari ad · agire a difesa dei loro diritti in tutto e per tutto come prima di essa ; e che questioni di dignità e prestigio nazionale non sono di competenza della Lega; ma egli finì, il 28 settembre con l'aderire alla seguente formula unanimemente approvata dal Consiglio della Lega e che include e non esclude anche questioni d'onore e prestigio nazionale: < I membri del Consiglio essendo d' accordo che ogni disputa tra membri della Lega capace di condurre a rottura rientra nella sfera d'azione della Lega e che se 'una tal disputa non è composta diplomaticamente, per arbitrato o per altro procedimento giuridico è dovere del Consiglio di occuparsene confortnemente all' art. 15 dello Statuto, il Consiglio decide di deferire queste questioni a uno speciale comitato di giuristi >. E così, da ultimo, l' Italia si ritirò da tutte le posizioni inconsultamente sostenute prima. Se la Lega non fosse esistita la guerra o sarebbe stata inevitabile o non sarebbe stata guerreggiata solo perchè una delle parti si sarebbe sentita nell'impossibilità di combattere; ed è assai dubbio se si sarebbe venuti alla decisione del 28 settembre se il Consiglio nqn avesse avuto a suo lato l'Assemblea dei delegati di 49 nazioni, schierati contro quelli della 50a nel sostenere la tesi dell' universale competenza di questa. Molti si chiedono anche se, a parte dell'isolamento in cui l'Italia si sentì a Ginevra, essa avrebbe acconsentito a registrar presso la Lega il trattato di Rapallo, dopo che di questo passo la Jugoslavia diede l'esempio ; a modificare il quasi ultimatum diretto alla Jugoslavia stessa. Dopo tutto l' on. Mussolini deve aver dato qualche peso al fatto che la Lega è parte integrante di tutti i trattati di pace se, non ostante la sua minaccia di farne uscire l' Italia, non osò spinger le cose agli estremi. Nè si dica che il solo fatto che la Lega non protestò contro l' ultima nota degli Ambasciatori e non chiese indennità pei rifugiati Greci ed Armeni feriti a Corfù torna a suo disdoro. Essa non aveva diritto a intervenire contro una decisione accettata in anticipo dalla Grecia o senza un'altra richiesta ad· hoc da parte di questa; e, dopo tutto essa, che è stata creata per promuover la pace, avrebbe tradito le sue origini se solo per amor proprio avesse causato una guerra. Quel che è certo si è che, sebbene sia vero che la Lega non sarà assisa su basi sicure fino a che vi sia la certezza che vi son potenze pronte a farne rispettare ad ogni Biblioteca Gino Bianco •

L'INGHILTERRA,LA LEGA DELLE NAZIONI, L'ITALIA 459 , costo le decisjoni, è pur vero che passerà molto tempo prima che I' Italia od altri ardisca dimenticare che l'esistenza della L~ga simboleggia un . gran mutamento avvenuto tra il 1914 e il 1923. E non è solo l'Italia che ha avuto qualcosa da apprendere. La Francia ha appreso che se esita nella sua fedeltà alla Lega delle Nazioni, tutti i piccoli Stati suoi clienti o vassalli le si ribellano per porsi sotto l'egida dell'Inghilterra, che così avrebbe l'egemonia europ~a. E lo .stesso Governo inglese si è sentito dir chiaro e tondo alla Conferenza Imperiale che esso deve decidersi a prendere la Lega più sul serio che già non faccia, non esitando a porsi dietro di questa e del suo Statuto e dietro quanti in quella e in questo trovano le migliori garanzie del loro pacifico sviluppo. E così la Lega ha ricevuto un nuovo impulso pur dalla Conferenza Imperiale britannica, in quanto i piccoli Stati hanno mostrato di saper non esitare a seguire la badeaship inglese se la Francia si occupa di loro solo finchè le aggrada e non più in là. Più che mai la sola alternativa alla Lega, è, anche per la Francia e I' Italia, l' isolamento politico ed economico ed eventualmente, per tutti, il ritorno alla gara degli armamenti e, presto o tardi, alla guerra. La Lega non è uscita incolume della sua prima crisi; ma ne esce più incolume di chi ha scatenata la crisi ; il neo-internazionalis1no s'è mostrato più degno d'esser preso sul serio che il vecchio nazionalismo non lo credesse e lo ha costretto a ritrarsi anzichèno net suo guscio. La s,tampa italiana ha per l'occasione sfoderata la sua solita poca cultura e molta 1nalignità circa i motivi dell' atteggiamento dell' Inghilterra in questa disputa, tirando in ballo il solito doppio peccato originale dell'egoismo britannico, della gelosia che l' Inghilterra ha dell'Italia, della sua paura della potenza navale ed aerea di questa (!!?) ecc. ecc. Ora, a parte la circostanza che se i discorsi dell'on. Mussolini e de' suoi colleghi, prima e dopo il trionfo del fascismo, sono da prendersi sul serio, sarebbe fanciullesco che l' Inghilterra non pensasse a trovare equivalenti alla amicizia italiana ove questa venisse meno, l'atteggiamento dell' Inghilterra è · naturalissimo in ogni caso. Essa è interessata al successo della Lega a cagione dell'unico grado d'importanza che ha per essa la restaurazione della stabilità politica ed econo1nica in tutto il mondo ; vi è interessata come ogni nazione che capisce che il costo della Lega è minimo in confronto a quello d' una semplice guerricciola; e quindi prende la lega sul serio almeno nella misura in cui gli altri glie Io consentono. E volendo prenderla sul serio, come poteva astenersi dall'essere dello stesso parere di tutti gli altri firmatari del patto stesso e fare del suo meglio perchè la punizione della Grecia non diventasse una vendetta e una speculazione ? Doveva astenersene solo perchè era in gioco l' Italia fascista ? Se mai il suo .torto fu di essersi resa complice pur essa della nota del 13 settembre semplicemente per salvar la faccia dell'Italia e aiutare l'on• Mussolini a uscire, senza troppo discredito di fronte al suo paese, da un ' Bibtìoteca Gino Bianco '

• 460 LA CRITICA POLITICA ginepraio in cui s'era temerariamente lanciato ! Il lato comico di tutta la situazione sta proprio in questo : che l' Inghilterra nel suo vitale interessamento alla stabilità ~ alla restaurazione econo1nica europea è riuscita non solo a tenere in piedi la Lega, ma anche perfino chi cercò vibrarle il calcio di grazia e chi, senza il salvataggio degli Ambasciatori, sarebbe forse stato travolto, dall'ondata di orgoglio nazionalistico da lui stesso scatenata. Parrà strano ma è proprio così : non solo la ex stampa di Lord Northcliffe e la Morning Post, ma perfino molta stampa moderata conservatrice e liberale è in Inghilterra sinceramente preoccupata di evitare che gli spropositi di politica estera dell' on. Mussolini possano troncare quella che in parte pare e in parte forse è la sua opera di restaurazione interna. In nessun paese si capisce meglio quanto sia arduo dopo aver issata ben in alto sull' albero maestro una bandiera, il decidersi a riabbassarla I ANGELO CRESPI La politica di tesoro del Fascismo Anche per ciò che riguarda la politica di Tesoro del Governo è consentito, crediamo, tirare le somme dei risulta.ti effetti vi. Miracoli nessuno poteva pretendere, benchè fossero stati promessi. Ma pure qualche cosa, il segno evidente· di un miglioramento effettivo, si aveva e si ha il diritto di pretendere. Vediamo dunque se miglioramento c'è stato. E limitiamoci per ora a semplici ma precise constatazioni di fatto. Se sarà il caso illustreremo in seguito e preciseremo meglio. Situazione del cambio. S'era lasciato sperare che il primo e più sensibile effetto della vittoria fascista sarebbe consistito nel miglioramento del cambio. La sua elevatezza doveva principalmente attribuirsi alle agitazioni e agli scioperi e alla cattiva opinione che si aveva all'estero della situazione italiana. Col fascismo al governo - cessate le agitazioni é cessati gli scioperi, capovolta la situazione interna - il cambio avrebbe rapidamente migliorato. Orbene migliora,nento non c'è stato, nè punto nè poco. Il livello del cambio s'è trovato nell'anniversario della marcia su Roma al punto stesso in cui si trovava all'epoca in cui la marcia si effettuava. Nel corso di un anno, mese per mese, miglioranienti non se ne ebbero, si ebbe a registrare piuttosto qualche peggioramento. Debiti pubblici. Qui non ci sono contestazioni possibili: i debiti sono aumentati. Che aumentassero non si poteva evitare senza avere prima ottenuto il pareggio del Bilancio. Ma il pareggio è molto di là da venire nonostante le assicurazioni di Michelino Bianchi e le speranze del Ministro De Stejani (più prudente lui.') il quale però deve oramai essere ben convinto della impossibilità di conciliare le esigenze del bilancio con le esigenze progressivamente crescenti della politica fascista. Circolazione monetaria. Necessità urgente era diminuirla. Qualche economista gridò addirittura che si dovessero spezzare i torchi di fabbricazione monetaria. Fu promesso di ridurre. Qualche cosa si mostrò di voler fare nei primi ' tempi; poi si è ripreso a stampare non diversamente di prima, se non anche con la stessa intensità. Coll'aumento nei biglietti di Stato siamo a 17 miliardi e mezzo. . La politica del Tesoro segue, insomma, la strada dei passati Governi. V'è solo una novità in essa per quel che riguarda le Banche. Si è salvato il Banco di Roma; si è ripresa la posizione della Banca Nazionale di Credito. E in ciò debbono forse vedersi gl'inizi di una nuova politica in materia bancaria. Ma è una politica pericolosa. Biblioteca Gino Bianco . '

• Governo e popolo Il senatore Corradini, commentando le cerimonie svoltesi per la celebrazione anniversaria della Marcia su Roma, ritiene che questa abbia fornito la prova piena della comunione del popolo col suo Governo, e· che in questa co1nunione sia un fatto decisivo ben più importante della. libertà, della democrazia, del socialismo, dell'elevazione del proletariato~ Il senatore Corradini esalta con passione mistica questa comunione, vedendo in essa l'inizio di una nuova epoca storica italiana : e allo stesso lirismo si abbandonano gli esaltatori del nuovo regime, che spesso scambiano per realtà le loro aspirazioni e si imaginano che tutto il popolo • italiano segua con entusiasmo incondizionato l'attività politica della nuova élite, ad eccezione di pochi pervertiti, negatori delle idealità nazionali e residui disumanati della vecchia politica. In questo lirismo di esaltazione passionale è indubbiamente una delle debolezze caratteristiche della nuova· élite, che sembra assolutamente incapace di c~ncepire la possibilità di ogni riserva sulla sua attività politica ; nei critici essa non sa vedere che avversarii in mala fede, e, negando ogni fecondo dibattito di idee e di' interessi ·che non rientrino nel suo quadro mentale e nell'ambito della. sua passione, chiude gli ~echi dinanzi alla realtà agendo come se veramente e sempre esistesse in tutta la sua interezza, per dono divino, quella. intima e profonda comunione fra popolo e governo, cui il senatore co-rradini scioglie il suo inno. L'Italia era veramente stanca della vecchia classe dirigente e della mentalità di essa ; in ogni ordine di cittadini vi era una prof onda avver- , sione alle logomachie del Parlamento, caduto nel discredito generale per esaurimento ·di f1:1nzione; i vecchi uomini politici da Giolitti a Bonomi, da Nitti a Facta non rappresentavano nessuna larga corrente di idee e di se~timenti. Il partito popolare potè affermarsi nelle elezioni del 1919 e d~l 1921 anche per questa larga sfiducia nelle vecchie classi dirigenti,. oltre che per l'appoggio dell'antica organizzazione chiesastica; persino il partito socialista, con le sue incongruenze ciarliere e con la su.a demagogia irresponsabile, potè apparire così prossimo al trionfo per questa stessa ·sfiducia, •per questo bisogno di un ordine nuovo che meglio rispondesse alle intime esigenze del popolo italiano. I popolari fallirono. alla prova sin dal loro apparire nella scena politica, coalizzandosi con i • vecchi uo1nini nel Governo e nel Parlamento, sal~o a combatterli a uno a uno nei corridoi. Ai socialisti rimasti all'opposizione almeno apparente iblioteca Gino Bianco

'462 LA CRITICA POLITICA mancarono completamente uomini di tempra eroica capaci di gettarsi a -capofitto nella lotta, e mancarono uomini di intuizione capaci di comprendere che il disagio profondo dell'Italia non si poteva risolvere se non anteponendo gli interessi della produzione a quelli del consumo ; essi, divenuti esponenti di ceti operai urbani e di ceti impiegatizii preoc- .cupati solo del consumo, erano i meno adatti alla soluzione logica del problema, e così l'ondata di illusioni e di appetiti che li aveva spinti in alto li ringoiò rapidamente, e un.a nuova ondata spinse sulle vette del potere i fascisti, che avevano visto dall'interno e. dall'esterno la inconsistenza della vecchia classe dirigente, e che intuirono con prontezza il bisogno fondamentale del momento : ristabilire la disciplina nei campi, .nelle officine, nei traffici per assicurare la ripresa della produzione. Que- -sta era una delle esigenze fondamentali del momento economico in cui il fascismo compì la sua ascesa, ed è innegabile che fu assolta: si possono fare tutte le riserve su singoli episodii, sul metodo, sugli uomini, .ma non si può disconoscere che il fascismo rispose a questa necessità del momento, e che travolgendo i vecchi uomini col loro istituto parlamentare non toccò nessun organo vitale della nazione. Erano quelli dei poveri fantocci che ingombravano la scena politica occupandola tutta con i loro çicalecci e le loro meschinità ; parevano vivi, ma erano privi di vita interiore, e l'Italia dalla scomparsa di Facta, di Bonomi, di Sturzo e di Turati non ha risentito certo danno alcuno, come nessun beneficio risentirebbe da una loro ricomparsa, se questa potesse verificarsi. Ma, pur facendo queste constatazioni, non ci sembra che il nuovo re- •gime abbia realizzato quella cornunione fra governo e popolo, che il Se- ,natore Corradini esalta ; ci sembra anzi che il nuovo regime quanto più -si consolida nei Ministeri di Roma e quanto più trova aderenti e sostenitori nella stampa finanziata, nel mondo bancario, nel campo industriale tanto più si allontani da quella comunione còl popolo italiano, che nella sua grande 1naggioranza è costituito da contadini, da agricoltori, da artieri, da piccoli commercianti. La vita italiana è basata essenzialmente sull'agricoltura e sulla piccola jndustria che soddisfa alle esigenze e alle necessità degli agricoltori; la vita italiana non è nei grandi centri urbani da Milano a Napoli, da Genova a Roma, ma nelle vaste plaghe agricole, ove vive un popolo laborioso ed economo, che giorno per giorno si guadagna il suo pane, migliora le sue terre e accumula con certosina pazienza i suoi risparmii. Il Governo, che voglia veramente mettersi in comunione con l'anirna del popolo italiano, deve tener fissi gli occhi su questa realtà della struttura economica e sociale della vera Italia, adeguando i suoi provvedimenti e la sua mentalità ai bisogni e alle tendenze della provincia, della campagna; e questo non ci pare che stia avvenendo. Il c·apo del Governo ha una mentalità essenzialmente urbana ; la sua passione lo porta ad esaltare il grande opificio industriale, l'emporio riBiblioteca Gino Bianco

GOVERNO E POPOLO 463 -gurgitante di merci, l'automobile rapidissiino, l'areoplano, il grattacielo ; egli sente la poesia del grande centro di affari, della vita turbinosa delle metropoli, dell'ansito del motore, e fra i discorsi da lui detti nella cele- ' brazione anniversaria forse uno dei più significativi fu quello brevissimo : di Terni. Dopo aver visto nella giornata passata a Perugia, gli edificii dalle linee sobrie della vecchia città umbra e dopo aver guardato dal palagio prefettizio il piano umbro che a Ca~ducci ispirò il Canto del1'Amore e che inorgoglisce ogni agricoltore per la sua coltivazione intensa, dopo aver attraversato quella campagna in cui Francesco d'Assisi svolse la sua missione di pace, egli sent) il bisogno di soffermarsi a Terni e di parlare agli operai t~rnani per esaltare l'attività industriale, per dire che l'oasi industriale umbra era per lui la vera Umbria. Quel discorso rapido e incisivo, detto nel tumulto della grande stazione ferroviaria avendo dinanzi agli occhi i poderosi e fumanti camini degli Alti forni, era lo sfogo di un sentimento profondo dell'animo suo : dopo tanto verde delle campagne, dopo taq.te pietre, cupe nel grigiore dato loro dai secoli, egli ritoccava terra, come Anteo, di fronte alla città industriale dalla cascata impetuosa, dal maglio gigantesco, dalle case annerite dal fumo del carbon fossile. Gli sfugge cosl nella sua essenza intima l'anima agricola della Nazione, • e lascia che il suo Ministro delle Finanze provveda a scavare più profondo il solco che divide il popolo agricolo dall'Italia ufficiale, dall'Italia burocratica e urbana. Due problemi tributarii turbano oggi milioni di agricoltori: l'imposta sul vino mantenuta immutata nella sua aliquota malgrado l'enorme aumento della produzione e aggravata per i contadini con le nuove norme sulle esenzioni per il consumo domestico, e l'imposta sui redditi agrarii applicata con tabelle di redditi molto elevate e con una fretta eccessiva, che ha dato luogo a sperequazioni gravi.ssime e che per giunta mette momentaneamente in peggiori condizioni chi ha obbedito al precetto della legge, eseguendo la richiesta denuncia, anzichè chi al precetto della legge non ha obbedito. Mentre questo turbamento dura, un altro se· ne profila all'orizzonte con la revisione degli estimi catastali, che non porta all'auspicata perequazione fondiaria invocata da tutti e da tutti ritenuta necessaria, ma a un nuovo inasprimento delle imposte fondiarie. Qusti provvedimenti tributari colpiscono l'agricoltura e gli agricoltori nel momento in cui d,al periodo delle vacche grasse si passa a quello delle vacche magre; nel momento cioè in cui l'aggravio è più sentito, per la tendenza dei prezzi delle derrate agricole a decrescere con forti sbalzi. Il raccolto eccezionale del grano e più quello eccezionalissimo dell'uva pòngono gli agricoltori in una condizione molto difficile. Nel mercato granario e' è pletora di offerta: il raccolto dell'uva, che in alcune zone è stato triplo di quello dello scorso anno, ha costretto gli agricoltori a immobilizzare somme cospicue per· fabbricarsi i vasi necessari a custoBiblioteca Gino Bianco

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