la critica politica - anno III - n. 10 - 25 ottobre 1923

LI\ CRITICI\ POLITICJ\ )llVIST A MENSILE ANNO III. 25 ottobre 1923 f ASC. 10. Dopo un anno di governo fascista Dopo un anno di esperimento è consentito giudicare dai fatti e dai risu1tati. AH' indomani della < marcia su Roma > erano possibili solo delle ipotesi. Oggi gli elementi indispensabili per un giudizioobiettivo non ci sfuggono, giacchè li abbiamo numerosi sqtto i nostri occhi in atti, manifestazioni, soluzioni di governo. Per quanto si continui ancora ad affermare che la rivoluzione fascista è sempre in pieno sviluppo, che la sua opera è appena all' inizio, le prime tappe ne segnano oramai nettamente la via. Teniamo presente che il Governo fascista è un governo ecceziònale, creatosi in modo e in condizioni eccezionali, per risultati eccezionali. Non può es~ere, qu~àldi,giudicato alla stregua di un qualunque governo ordinario. Gli italiani di fronte ad esso sono nella posizione di chi ha tutte le ragioni di pretendere. Il compito da assolvere il Governo fascista non l'ha avuto, se l'è preso. Solo il fascismo aveva la capacità e la volontà di salvare la Nazione dalle difficoltà economiche e finanziarie nelle quali l'aveva cacciata lo Stato e quella insieme di rinnovarla nei suoi ordinamenti anzitutto, e · poi nell'attività, nel costume, nello spirito. Opera di ricostruzione più che ' di restauro. Per il restauro sarebbe bastato un governo ordinario con poteri straordinari. Il fascismo volle, invece, e si attribul i poteri assoluti, passò sopra alle consuetudini parlamentari e alle norme del diritto costituzionale vigente, non solo annullò le opposizioni ma impose loro di consentire, di votare secondo le sue intenzioni, di esprimere persino il suo pensiero. Campo libero, aperto, senza ostacoli di sorta, dove del cammino percorso, della strada seguita, dei risultati che si saranno ottenuti esso solo ·è destinato ad avere di fronte al Paese tutto il merito come tutte le responsabilità. Per il merito i risultati debbono essere straordinari. Finora di straordinario nulla si vede o è possibile vedere : non nei risultati - che forse dopo un anno sarebbe troppo pretendere - ma nemmeno negli atti iniziali dell'opera da compiere. Siamo anzi per il momento molto terra terra (1). Un riordinamento radicale dello Stato fu con molta baldanza in un primo tempo affermato essere lo scopo primo e fonda- · (1) Parlo dei risultati diretti e della linea del fascismo al governo. Il fascismo ha pure prodotto ed è destinato a produrre innegabili benefici nella vita pubblica italiana. Mi propongo di parlare in avvenire anche di questi . • iblioteca Gino Bianco

..... 402 LA CRITICA POLITICA mentale del fascismo. Governo della capacità, governo delle competenze rappresentanza degli interessi: l'ordine nuovo che sarebbe uscito dalla rivoluzione - < una delle più grandi rivoluzioni compiute nei tempi moderni >, asserisce un ordine del giorno dell' ultimo Gran Consiglio fascista (1) - avrebbe stabilmente consacrato nella società i principii di un nuovo dir.itto pubblico e sociale. Il principio che le leggi debbono esser fatte < solo da quelli che hanno .la capacità tecnica di farle bene, ..dai veri competenti > trovò cos} larga illustrazione nel Popolo d'Italia, organo quotidiano del partito, e più dettagliatamente in Gerarchia, rivista mensile del Presidente del Consiglio. Un tal Mario Govi offrl addirittura uno speciale progetto di Stato epistemarckico destinato a div·enire < il miglior titolo di onore e di gloria per il fascismo > e a rendere < l' Italia lo Stato perfettamente e modernamente organizzato, modello a tutti -gli altri, ponéndola alla testa della civiltà politica> (2). Tutti questi arditi propositi che formarono argomento principale della letteratura e della rettorica fascista dei primi mesi sono andati rapidamente ammosciandosi e dileguando. Poichè oggi non se ne parla affatto, segno è che sono definitivamente tramontati. Non risulta però nemmeno che ne abbia preso il posto un disegno di ordinamento nuovo dello Stato, più pratico e cioè più vicino - alla realtà, che riesca a realizzare per quanto è possibile, nelle condizioni e nelle esigenze del nostro tempo, l' ide~le dello Stato. Tutto lascia supporre che il fascismo abbia rinunciato ad avere un disegno. Una caratteristica dei fascismo - nel periodo in cui era ancora movimento - fu quella di- una estrema mobilità d' idee, di programmi, di obiettivi. Ciò contribul assai al suo successo materiale (3). Disgraziatamente quella che fu qualità positiva allora, diventa qualità negativa oggi che il fascismo è al potere. Quando si sta costruendo si deve sapere cosa si vuole costruire e come : avere cioè presenti le grandi linee dell'opera da compiere. Non ci si può rimettere al caso, o prendere volta a volta consiglio dal mutare dell'atmosfera politica! Le dichiarazioni di Mussolini, all'indomani della marcia su Roma, furono in senso nettamente antistatale, antiburocratico, antirif ormista. C'erano dunque le grandi linee per un'~ione pratica di Governo. Ma Mussolini in politica non suole attribuire grande importanza alla coerenza. Può darsi che egli creda di non essersi allontanato da quelle dichiarazioni, e non ci meraviglieremmo affatto di riudirle dalla sua bocca. Siccome, però, è ai fatti che dobbia1no badare, ci è possibile affermare che tra questi e quelle non esistono relazioni di concordanza. E sono i fatti appunto che hanno già segnato ·al fascismo una strada destinata a condurlo v.erso risultati diametralmente opposti a quelli che affermava di voler conseguire (1) Nella seduta del 14 ottobre in Roma. Ordine del giorno per la celebrazione della < mar_ eia su Roma >. ·, • l • (2 ) Gerarchia, gennaio 1923. (3) Lo riconosce anche uno scrittore fascista, BOTTAI in Critica fascista, n. 8, pag. 149. ' Biblioteca Gino Bianco •

.. ... o DOPO UN ANNO DI GOVERNO FASCISTA 403 La preoccupazione di conservare la conquistata egemonia politica eser- . cita sull'azione governativa del fascismo una pressione preponderante. Era facile prevederlo. Il male è che tale pressione tende ad accentuarsi e la dittatura, che doveva essere mezzo, a diventare fine a se stessa. Il Governo opera come se i poteri che si è attribuito dovessero essere eterni e divenire normale l'attuale situazi~ne ecc~zionale. Ogni deliberazione, ogni provvedimento, ogni innovazione che il Governo app~rta nella sua amministrazione si risolve così in un aumento della pressione dello Stato sulla vita della Nazione. Occorreva alleggerirla secondo una convinzione divenuta generale, dei fascisti come degli antifascisti; il Governo al contrario l'accresce 1 Il tallone di Achille della politica di Mussolini è qui. Lo Stato sotto la sua guida non ha mutato nè di veste, nè di posizione. Resta sempre, di fronte ai cittadini, lo Stato paterno, regolatore supremo di tutte le cose, distribuitore di male e di bene, ptopulsore e creatore di attività. Si potrà osservare che alcuni provvedimenti del Governo sembrano contrastare ·con questa affermazione. Il fatto che alcuni tronchi ferroviari vennero ceduti ali' industria privata, che si sia rinunciato al monopolio dei fiammiferi e che si pensa di cedere ai privati l'esercizio di una parte dei servizi telefonici, potrebbe servire a dimostrare che lo Stato fascista vuole effettivamente spogliarsi di una parte dei servizi che attualmente esercita senza vantaggio per sè e senza soddisfazione del pubblico. La riduzione nel numero dei Ministeri, la soppressione di una parte degli uffici, d~lle preture, delle Università e delle scuole secondarie a carico dello Stato, l'eliminazione di una parte del personale burocratico, possono essere indicate come una dimostrazione che il Governo fascista opera sul serio per svuotare Io Stato, per sburocratizzarlo, per ridurne i compiti, per semplificarne e snodarne i servizi. E la dimostrazione varrebbe se tutto ,quel che rimane non provasse - e con quale evidenza 1 - il contrario. Incominciamo dai servizi dell'amministrazione. È, qui che la preoccupazione politica - agendo in modo diretto - si fa particolarmente sentire. Quello della pubblica amministrazione era, e rimane, il problema capitale, in1prorogabile della vita italiana. Nel modo di risolverlo - in un senso o nell'altro, per l' autonomia o per l'accentramento - è tutto il proble1na dello Stato. Il fascismo vi si è accinto, ma al modo prussiano. Ha diminuito il numero dei Ministeri ma per accrescere il lavoro, la influenza, l'autorità di quelli destinati a restare ; ha ridotto gli uffici ma per concentrarne i servizi ; elimina gli impiegati ma per assegnare a ,quelli che rimarranno maggiori doveri e sopratutto maggiori poteri. L'istinto, che - come osservava il Tocqueville - <spinge ogni governo .a voler condurre tutti gli affari >, lo spinge a seguire la logica statalista. Non v'è un solo caso in cui da Roma si sia detto alla provincia: qui non sono io il più competente a giudicare, a deliberare, a fare ; •vi riconosco il diritto di provvedere e di fare senza di 1ne (1). Roma vuole te- (1) Uno dei primi atti del Governo è stato quello di liquidare la questione delle autonomie amministrative delle nuove provincie, l'unica eredità buona del ·regime austriaco. ibliotecc ino Bianco

' • • 404 LA CRITICA POLITICA nere, invece, la mano su tutto e su ogni cosa decidere : possedere essa i gangli nervosi di tutta la vita nazionale. La semplificazione, la riduzione di uffici alla periferia, vuole essere solo un modo per arrivare prima e per far sentire meglio l'autorità e la volontà del centro : una potatura da cui l' albero sortirà più .rigoglioso e più forte. Quanto si è fatto per · l' amministrazione scolastica basta ad assicurare con quale rigidità di criteri e di metodo il centralismo viene e sarà applicato. Non rappresentanze elettive. Non interventi diretti o indiretti degli enti local'i o delle rappresentanze regionali nell' amministrazione di quei fondi che pure, per la scuola elementare, vengono dati dagli enti locali. Il Minist~o diventa in tal modo, negli affari che si riferiscono al suo dicastero, un dittatore incontrollato e incontrollabile che sciegliendo e nominando esso solo, a 'proprio criterio ed arbitrio, personale e corpi consultivi, finisce per porsi nelle condizioni migliori per rispo11:dere .sempre peggio ai bisogni e alle aspirazioni locali che sono anche i bisogni e gli interessi reali della vita nazionale. - . E veniamo ai compiti economici e sociali dello Stato. Non è mai avvenuto che ad una politica di accentramento nei poteri dello Stato corrispondesse una politica di libertà, di autonomia nel campo economico e sociale. Non sarà p-roprio il fascismo che ce ne darà il primo esempio nella storia. Dovrebbe aver rinunciato alla pretesa di comandare esso solo alla Nazione, di plasmarla e di farla comminare a modo proprio. rinchè non vi rinuncierà la sua azione di governo vorrà praticamente sostituirsi all'azione privata o per l(? meno regolarne la condotta, dirigerne e suggerirne le iniziative, in altre parole avere poteri direttivi per l' attività economica come per i poteri sociali. A provare il contrario t provvedimenti di cui si è fatto sopra parola giovano assai poco. Debbono essere fatti rientrare piuttosto nel quadro .generale della politica finanziaria (come provvedimenti destinati a n1igliorare le condizioni del Bilancio) che in quello della politica economico-sociale dello Stato. Nel senso da noi indicato provano invece e largamente, gl' innumerevoli casiin cui l'on. Mussolini è personalmente intervenuto o ha fatto invervenire lo Stato, sia nella sistemazione d' importanti aziende industriali, per il Consorzio zolfifero come per l'Ansaldo, sia nell'ordinamento interno d' Istituti Bancari (~anco Roma, ad esempio), sia per la costruzione di una grande strada automobilistica Milano-Laghi, sia per la creazione di una grande Aereonautica civile. Lo Stato-azionista nella nuova Società Cogne-Aosta è una creazione fascista, nuova per l' Italia. E i discorsi di Mussolini ai Sardi, ai sindaci Calabresi, agli Abruzzesi, al Mezzogiorno,. sono quelli del capo di uno Stato che vuole incaricarsi esso - sia pure per mantenere quando saranno migliorate le condizioni finanziarie - di provvedere ai grandi bisogni della vita locale e regionale, di dare l'acqua, di aprire le strade, di bonificare le terre. Il fascismo nell'estendere i compiti e le funzioni. dello Stato va assai più in là di quanto l' intervenzionismo statale non abbia camminato sul terreno stesso della Biblioteca Gino Bianco

DOPO UN ANNO DI GOVERNO FASCISTA 405 teoria. La sua creazione veramente originai~ è quella Confederazione generale delle Corporazioni sindacali ·che sottopone ad una unica organizzazione e alla stessa disciplina lavoratori e datori di lavoro, operai e capitalisti. Ora questa specie di sindacalismo può esistere e resistere unicamente ad un patto : che gl' inevitabili contrasti di classe trovino nello Stato, nella ragione di Stato, l'organo superiore che li comprima e li concili. E tale è, infatti, la posizione che le Corporazioni sindacali hanno creato allo Stato fasci sta portato cos) ad affermare il suo diritto d' intervento, oltre che nell'economia, negli stessi rapporti sociali tra le classi-· Dopo un anno di Governo fascista le funzioni dello Stato, che secondo Mussolini (1) dovevano essere rivoluzionate in senso antistatalista, restano quali erano. Lo Stato non ha rinunciato a niente, mentre si · è preso qualche cosa in più. Si è preso, intanto, la libertà politica dei cittadini. Non è poco, e sarà la causa di ulteriori appetiti. La dittatura non può non vedere un pericolo, un'insidia in ogni forma di libertà. Tenderà per ciò a sopprimerla in ogni campo. È inutile pensare che a lungo andare ci liberi di qualche cosa. 1 La nazione potrà elevarsi, mÌgliorarsi, moltiplicarsi, unicamente il giorno in cui si sentirà alfine, padrona, di se stessa, delle proprie forze, arbitra delle proprie fortu~e. La ragione vera del nostro decadimento nazionale è che la Nazione non ha mai potuto riconoscersi nel suo Go-· verno. Al disopr_a della lotta attorno allo Stato dei partiti e delle classi, era il dissidio tra Stato e Nazione. La vittoria del Fascismo non l' ha superato nè colmato. Il dissidio. s'è anzi approfondito maggiormente. Il fascismo avrebbe potuto superarlo se avesse saputo dimenticare di essere un partito, se usufruendo di tutti i diritti che la vittoria gli davano per demolire (ed ecco il compito vero di una dittatura : brevissima, per essere utile) avesse lasciato che l'opera ricostruttiva uscisse dalla collaborazione di tutti. La sensazione di tale necessità l'ebbe; poi ha praticamente operato ad isolarsi. Ha voluto l'unanimità, ma pretendendo di raggiungerla con quegli stessi mezzi che, se gli furono utili per cons~guire la vittoria, non erano davvero adatti a determinare nuovi e larghi consensi. La Milizia non ha soppresso lo squadrismo. Nei tre quarti d'Italia - specialmente in quell'Italia rurale che ne è appunto la parte viva e sana - vige tuttora il regime della violenza, del terrore, della intimidazione per-· sonale. È stato un grave errore del fascismo quello di aver voluto sopprimere (dopo che Mussolini per un istinto di saggezza, dieci giorni dopo la ascesa al potere, aveva ordinato che dimissioni di pubbliche _amministrazioni non se ne dovessero imporre più ed accettare se imposte) le rappresentanze elettive nei Comuni, nelle Provincie, negli Enti di pubblica beneficenza, imponendo ovunque la dittatura di gente. altret- (1) In una intervista col corrispondente del Dayly Heralà durante il sub viaggio a Parigi qualche tempo dopo la marcia su Roma. ibnoteca Gino Bianco

406 LA CRITICA POLITICA ' ' . tanto ·impreparata e incapace quanto avida e boriosa, insieme alla quale, in non pochi casi, hanno potuto risalire in alto anche vecchi detriti. Il Paese che poco si era accorto della violenza recata al Parlamento, ha sentito profondamente la violenza fatta alle istituzioni - pure cos) imperfette e insufficienti - della sua vita locale. E la sente maggiormente, ogni giorno. Il fatto che il Partito ha, dopo la < marcia su Roma>, di molto accresciute le proprie file non deve trarre in inganno sulla estensione e sulla qualità dei consensi. Molta gente è corsa al Fascismo dopo il . successo a far numero, ad afferrare cariche, a conciliare i propri interessi e le proprie ambizioni con la nuova realtà, ma, si tratt~ di zavorra, di gente pronta a servire tutti i padroni con umiltà - con fedeltà, no - e che al Fascismo non ha apportato e non è in grado di apportare nessun utile concorso : nè d'idee, nè d'iniziativa, nè di opere. E si tratta sempre di una minoranza, per quanto .numerosa. Pochissimi sono quelli che si sono avvicinati al Fascismo, dopo la sua vittoria, per spontaneità di ' elezione, per sincero desiderio di concorrere ai risultati che il Fascismo disse di proporsi e che stavano a cuore a molti che fascisti non erano e non avevano pensato di essere ( 1). E non si può dire che non ce ne fossero. Molti anzi ce n'erano I La grande massa degli italiani - ovve- . rossia l'Italia - è rimasta estranea ed ostile. Quella che prima era in ·molti un'avversione, sopratutto istintiva - mossa dai sentimenti piuttosto che dalla ragione - s' è venuta alimentando dalle esperienze di ogni giorno ed è ora avversione ragionata e radicata.· L'Italia è ostile. < L'Italia è stanca e stufa di beghe, d' imposizioni, di violenze, d' illegalità > - affermava appena qualche giorno addietro uno scrittore fascista che gode di un momento di notorietà. La verità incomincia a I vedersi anche dai fascisti. Senonchè < riconciliare il fascismo coli' Italia> è oggi impresa ben altrirnenti difficile che un anno addietro non fosse. (1) < Sempre piìt chiuso nei suoi quadri, donde gli uomini di valore emigrano o si appartano e dove i valori non tesserati si rifiutano di entrare> - scrive il Rocca. Articolo < Fascismo · e Paese> in Critica Fascista, 15 sett. La promessa di < utilizzare a servizio del Paese tutti gli elementi di valore da qualunque parte provenissero> è completamente mancata. A posti di alta autorità e responsabilità pochissimi uomini, che non fossero fascisti, vennero chiamati. Mancato è pure l'esperimento dei cosidetti Gnippi di competenza. Si è dimostrato - scri- •veva il Corriere If aliano del 16 sett. - < come vano sia stato il nobile sforzo di coloro che li avevano istituiti e diretti >. Si è veduto, del resto, in un caso pratico come gli stessi Gruppi di Competenza fossero, nella concezione politica del Fascismo, destinati ad una funzione assai secondaria. Ci riferiamo all'episodio della espulsione del sig. Dante Dini dal Gruppo Nazionale di Competenza per l'Istruzione per dissenso sui criteri della Riforma Gentile, motivato con un ordine del giorno in cui è detto tra l'altro : < ritenuto d'altra parte che i Gruppi di Competenza specie quelli a carattere culturale, per non ridursi ad una vana accademia filosofica, debbono e possono bensl aiutare la elaborazione tecnica e l'applicazione pratica della politica governativa, ma non hanno diritto di discutet·ne le linee generali ed i principi riformatori> .... L'ordine del giorno in parola può ·trovarsi nel suo· testo integrale nella Nuova Scuola Italiana del 15 sett. 1923. · Biblioteca Gino Bianco

DOPO UN ANNO DI GOVERNO FASCISTA 407 Qualche cosa sta, ad ogni modo, avvenendo nell'interno del Fascismo di cui occorre tener conto. La cosidetta crisi del Fascismo ha dal nostro punto di vista un particolare valore. S'urtano in essa due opposte esigenze. Il contrasto tra la Nazione e lo Stato si riproduce, sotto altra forma, tra il partito che vuol vivere di vita autonoma propria e il Governo che vuol che sia unicamente uno strumento della sµa dittatura. Il centralismo governativo ha seguito nei riguardi del partito lo stesso processo che nei riguardi della Nazione. Divenuto Mussolini capo del Governo si sono interrotti i rapporti di dipendenza da partito a governo. La sorgente dei rapporti gerarchici che nel partito saliva prima dal basso verso l'alto s'è spost~ta nel senso inverso. L'organizzazione s' è trasformata in un sistema di gerarchie che dall'alto ~iscende verso il basso. La dittatura ha perduto cos} l'uso dell'unico strumento attra .. verso cui potessero mantenersi i suoi rapporti diretti con i sentimenti , e i bisogni del paese. Il rassismo non è altro che un fenomeno dovuto • al sistema (I' investitura dall'alto, a eliminare il quale non i;esta altro che rovesciare iÌ sistema delle gerarchie _riportando in basso la sorgente della sovranità, come per lo Stato. La rivolta nel partito - e i consensi che l'accompagnano fuori del partito - contro i ras locali v' ha intesa come un movimento contro il sistema che li ha resi possibili e inevitabili. Il revisionismo fascista non è altro che un tentativo - se pure non confessato - a ritornare, nel partito e quindi anche nei rapporti col governo, a sistemi più vicini alla democrazia che alla dittatura. La democrazia, sconfitta nello Stato, minaccia di risorgere nel partito. Il Fascismo contro il Fascismo - insomma. OLIVIERO ZUCCARINI UN NAZIONALISTA CONTRO IL CENTRALISMO < ll ritorno alla vita locale, entro certi limiti e in date condizioni, è l'unico mezzo per combattere quelPanemia alle estremità che si sviluppa come conseguenza fatale dell'ipertrofia del centro. Ed è anche l'unico mezzo per impedire che il cittadino consideri lo Stato co,ne un intruso, un prepotente invasore e nutra quindi verso di lui un avversione che gli fa dimenticare e trascurare i suoi. doveri politici, per ricordargli solo, quasi in opposizione o per rappresaglia, i suoi diritti di cittadino di u·na data città, di figlio di una data Regione. Noi neghiamo al potere centrale l'azione diretta, personale, vessatrice nella gestione negli interessi che non sono comuni a tutto il corpo della Nazione, sebbene particolari ai Comuni ed alle Regioni. SCIPIO SIGHELE < Il Nazionalismo ed i partiti politici > • ib.lio eca Gino Bianc.o ,

Lo Statuto del 1848 giudicatq dai contemporanei III. ' FORZATO DAGLI AVVENIMENTI E DALLA DIPLOMAZIA . Narra il Cantù (1) : " aveva promesso al letto del suo predecessore di non dar mai la costituzione. Ma e•ccomoltiplicarsi petizioni, schiamazzi, consigli: principalmente la Municipalità di Torino, eccitata dal Conte Pietro Santarosa, lo esorta a concederla : egli esita lungamente : consulta i primarj- personaggi : La Tour gran maresciallo, maledetto come reazionario, fu forse il primo a cantargli che- era impossibile pencolarsi tra l'assolutezza e il liberalismo ; Sclopis, Balbo e loro amici offronsi garanti che il popolo non ne abuserebbe, giacchè era religioso : li secondano i vescovi, forse ispirati dal Vaticano. Carlarberto, confessatosi e comunicatosi, promette la Costituzione, col ripiego di chiamarla Statuto n· Devono aggiungersi le paterne esortazioni della diplomazia britannica. « Farà meraviglia a più d'uno scrisse Angelo Brofferio nella sua Storia del Piemonte (Parte III, capo 2°. Torino, 1851) come l'iniziativa costituzionale muovesse dall'aristocrazia. Ma svanirà la sorpresa quando si sappia che l'inviato Britannico di concerto col signor Palmerston non cessava di consigliare il Re a promulgare la Costituzione ; la qualcosa era nota soltanto ai Cavour, agli Azeglio, ai Santa Rosa che avevano attinenze diplomatiche >. In un dispacci~ da Torino di Sir R. Abercromby a L. Palmerston in data del 3 febbraio 1848 (badisi bene a questa data, che coincide colla prima seduta del citato Consiglio di conferenza presieduto da Carlo Alberto, dove le considerazioni esposte dal ministro Borelli e dagli altri non fanno che ripetere quelle già 'dall'ambasciatore britannico espresse nel suo colloquio col ministro sardo degli esteri conte di San Marzano) si leggono queste linee: (1) Nella Cronistoria dell' lndipe.ndenza Italiana (Unione Tip. Editrice, Torino, 1873)Voi. II, p. 756 e sg. Biblioteca Gino.Bianco

LO STATUTO DEL 1848 GIUDICATO DAI CONTEMPORANEI 409 < Lo stabilimento d'una Costituzione sul regno di Napoli avrà per effetto quasi infallibile il desiderio che una simile forma di governo si propaghi negli altri Stati d'Italia non eccettuati quelli dèlla Sardegna .... L' intento mio nel cercare un colloquio col conte S. Marzano era appunto di favellargli di questo. Gli dissi che a me incresceva non meno che a lui, l'estrema rapidità con cui si erano svolti gli avvenimenti nel regno di Napoli .... Gli notai che, da quanto era avvenuto dopo che era giunta a Torino la novella della Costituzione di Napoli, ben si vedeva che egli doveva aspettar quì pure un nioto consimile; e che per siffatte circostanze era il doveré ed eziandio l'interesse del Governo d'affacciarsi schiettamente alla difficoltà e ben considerare qual consiglio fosse più conveniente al decoro personale di S. M. Sarda e al bene de' suoi sudditi. < Col pubblicare in tempo un programma che conciliasse il riconoscimento di larghi principi e di liberali istituzioni colle abitudini e cogli interessi di questo paese, si assicurerebbe a S. M. Sarda l' immenso vantaggio di un atto volontario e si conserverebbe a questo paese l'eminente posto fra gli Stati liberali d' Italia >. (Sembrano i suggerimenti dell'aio ad un ragazzo • deficiente e caparbio). < Ma se adottando altro consiglio si tentasse di confinare la posizione del Governo Sardo entro i limiti segnati dalle riforme dello scorso ottobre, era evidente che una tale politica poteva sostenersi solamente con un sistelfl,a di repressione; il quale distruggerebbe la popolarità del Re e al tempo stesso condurrebbe probabilmente ad un conflitto tra Governo e popolo. Il Sig. di San Marzano ascoltò attentamente le mie considerazioni. Io ero ansioso di esprimere, quanto più fortemente io poteva, la mia persuasione, che fosse mestieri afferrare lt?almente la questione e che l'avventurarsi a teniporeggiare sarebbe solo un compromettere la dignità e l'autorità del Re, senza ottenere poi ciò che si voleva. Ho fondamento di credere che questa sia la persuasione eziandio di molte persone infime ·al Governo Sardo>. Lord Palmerston rispondeva da Londra, in data dell'l t di febbraio: < Il Governo di S. M. approva il linguaggio che avete tenuto e i consigli da voi dati. La via da voi raccomandata al Governo Sardo è la sola per la quale il Governo Sardo può ora mantenere l'armonia fra la corona e il .popolo, e con cui può conservare indipendente lo Stato e libero da straniera . ingerenza >. LE PRESSIONI DELLA PIAZZA E LA REPUBBLICA IN FRANCIA Per farsi un'idea fra quali agitazioni popolari e dimostrazioni di festa per l'annunciato Statuto e fra quali speranze, che erano pressioni, si tenevano le sedute del Consiglio aulico, che ne discuteva gli articoli, bisogna leggere il capo III del citato volume della Storia del Brofferio. S'era nominata in piazza dai più ardenti cittadini una < Commissione del Popolo > per ordinare la festa nazionale, alla quale invitavansi pel 27 febbraio tutti i Comuni dello Stato. La Polizia cercò con subdoli ostaiblioteca Gino Branco f

410 LA CRITICA POLITICA coli di farla abortire, facendo dire apertamente < che nella reggia queste popolari manifestazioni si vedevano di mal occhio >. Ma la fermezza della Commissione non volle consentire a nessuna modificazione del suo pro'gramma. Giungeva la sera stessa, recata non si sa da chi, la notizia della rivoluzione di Parigi : Luigi Filippo in fuga, proclamata in Francia la repubblica l Questa voce correva tra la folla e tra i drappelli, che moveano verso la maggior piazza, dove il Re si accingeva a passare a rassegna le cittadine falangi : ( Carlo Alberto si collocava immobilmente in appartato angolo della piazza e dinanzi a lui con altissime salutazioni difilavano i n~zionali drappelli. Egli corrispondeva alle ovazioni del popolo, levandosi di tratto in tratto il cappello e chinando il capo leggermente. La sua presenza fra la pubblica esultazione pareva un ricordo delle umane vanità. In ancor verdi anni. egli aveva l'aspetto dell'età cadente. Bianca la chioma, bianca la barba, pallido il volto, infossati gli occhi, livide - le labbra, esile e scarna tutta la persona, ben più che in sembianza di re fra le acclamazioni del popolo compariva Carlo Alberto come sepolcrale fantasima fra Io strepito di notturne orgie. Dopo la rivista scioglievansi le falangi e cominciavano i lieti simposii, le popol~ri adunanze e le fraterne manifestazioni sino a che, discesa la notte, fra mille e mille accese faci compariva il carroccio. La commozione che destavasi in tutti gli animi .a quella vista nessuno avrebbe potuto immaginare. Ali' indomani si fecero a corte serii riflessi. Gli uomini del passato non potevano più dissimulare a se stessi che il subalpino commovimento non era conseguenza della galvanica agitazione di pochi faziosi, ma frutto della maturità degli eventi e della sincerità delle convinzioni. Da quel giorno il Re dovette accorgersi che non esistevano più due strade per salvare il trono, che bisognava decidersi e innoltrarsi. D'altronde, co1ne già nell'aulico Consiglio s'era espresso il conte Avet, ministro per la Grazia e Giustizia < tout le Cabinet s' étant déjà trouvé unanime dans l'appréciation de la crise politique où l'État est piacé, dès lors son opinion n'a pas changé. Il est donc d'avis qu' il faut adopter un regime constitutionnel, en conservant à la Couronne la plus large autorité compatible avee le systè,ne représentatif, en lui f aisant enfin une part digne .d'elle >. E con questo spirito vennero redatti gli articoli dello Statuto Piemontese, il quale ancora oggi, dopo settantacinque anni - e dopo e malgrado Vittorio Veneto e la pretesa rivoluzione fascista - rimane la rocca delle classi governanti e un giocattolo per distrarre, di quando in quando, con le corride delle elezioni e col teatro di .Varietà di Montecitorio, le turbe minorenni .del grande orfanotrofio italico. •Biblioteca Gino Bianco

LO STATUTO DEL 1848 GIUDICATO DAI COMTEMPORANEI 411 LA PROMESSA DELLA COSTI TUENTE Come poi mantenessero Carlo Alberto e i successori la condizione pattuita della Costituente verso i Lombardi, ognuno il sa: parola di Re .... sabaudi. Il richiamo all'atto di fusione del 48 venne più volte rinnovato di fronte a' metodi cesarei e arbitrarii dei nuovi dominatori. Agi' inizi della mia vita di pubblicista, anch'io sostenni e posi la mia firma (insieme con quella di Gabriele Rosa, lo storico reduce dallo Spielberg, e del garibaldino Ernesto Pozzi di Lecco, del patriota Costantino Mantovani di Pavia e dell'avv. Angelo Mazzoleni, amico e discepolo di Ferrari) ad una protesta in opuscolo (1) compilata per noi da quest'ultimo, nella quale di fronte a un processo intentatoci per la solita accusa < di adesione ad altra forma di governo > opponevamo al Procuratore regio il non perento diritto della Costituente, per noi Lombardi riconosciuto da una legge solenne del Parlamento Subalpino sanzionata da Carlo Alberto. Diritto riservato e affermato nel plebiscito del '48, pel quale si era proclarnata l'unione della Lombardia col Piemonte. Si richiamavano nell'opuscolo tutti gli Atti confermanti l'obbligo solenne assunto dalla Dinastia e dal Governo di Torino. < Le sopravvenute vicende politiche hanno sospeso de facto ma non de jure i diritti e gli obblighi portati dall'atto di fusione.... È in nome di questi diritti, che Cavour _parla dell'Italia al Congresso di Parigi nel '56 ; è in nome di questi diritti che Re Vittorio Emanuele, entrando in Milano nel 1859, si faceva precedere dal noto proclama del 6 giugno. -. L'indirizzo spedito il 5 giugno dal Municipio di Milàno a Re Vittorio diceva : (: Essa (la popolazione) vuol rinnovare il patto del 48 e riproclan1are in cospetto della nazione un fatto politico, che undici anni di fidente aspettazione e d'intemerata lealtà ecc. >. E come il Municipio così il Re nel suo proclama ai popoli di Lombardia non faceva che richiamarsi al precedente voto del 48. - Nessun plebiscito venne fatto nel 59 o nel 60 ( quando si fecero i plebisciti delle altre regioni della penisola) per la Lombardia. Bensì fecesi nel 1866 il plebiscito per le provincie Venete. - Se rinnegasi l'atto di fusione del 48 nelle sue forme pattuite e condizionate, manca il vinculum juris dell'unione della Lombardia. La subdola sentenza d'una Corte d'Appello che si riferisca al Trattato di Zurigo 1O novembre 1859 come titolo legale d'aggregazione della Lombardia agli Stati 1 Sardi, sarebbe l'offesa più sanguinosa per noi Lombardi, iniziatori della rivoluzione italiana nel 48, costituendoci in una specie d' inferiorità politica rispetto alle altre provincie, legalmente consultate nei plebisciti. < Ristaurato il diritto nazionale, i vostri voti raffermano l'unione col mio (1) La Costituente Italiana, Studio Po1itico-Legale per la Consociazione Rep'ubblicana Lombarda. M;ilano, Tip. Perussia e Quadrio, 1880 (opuscolo in-16, di pag. 124). iblioteca Gino Bianco ...

• 412 I LA CRITICA POLITICA • Regno, che si fonda nelle guarentigie del vivere civile .... > diceva il pro• elama di Vittorio Emanuele del 1859 7 egli veniva dunque a riconoscere la continuità dello Stato Sardo in Lombardia. Tolta tale continuità, la Lombardia sarebbe- stata, come paese di conquista, passata da un padrone ad un altro, come si compra e si vende un branco di pecore. Questi, per sommi capi, gli argomenti dell' on. Angelo Mazzoleni, il quale ricordava in proposito le dichiarazioni dell' on. Bertani alla Camera, nella tornata 19 giugno 1863, e una mozione dell'on. Raffaelle Sonzogno, che nella tornata dell'8 giugno 1870, svolgeva, fra i rumori. dei soliti bigotti della monarchia, il seguente ordine del giorno : " La Camera, memore dei diritti acquistati dalla Lombardia, da una parte del Veneto e del Piemonte, coll'atto di fusione del 1848 accettato dal Parlamento Subalpin?, conoscendo come questi diritti consuonino colle aspirazioni e i bisogni di tutta Italia; · delibera di sospendere la discussione finchè, di conformità al voto di quel Parlamento, non sia convocata una costituente sulle basi del suffragio universale, da regolarsi con apposita legge elettorale, la quale stabilisca le basi e la· forma di una nuova monarchia costituzionale ". Questo voto non implicava adunque l'abolizione della monarchia e ìnvero, la Costituente, quale assemblea libera e sovrana, deliberante intorno alle nuove istituzioni dello Stato, potrebbe decidere per la monarchia come per la repubblica. Ciò riconosceva Alberto Mario quando, discutendo coll'on. Cadenazzi intorno al Programma della Lega della Democrazia fondata da Garibaldi, scriveva (in Rivista Repubblicana del 1879): < Suffragio universale e Patto Nazionale. Questa non è repubblica, perchè potrebbe anche essere monarchia. Nella elezione dei deputati alla Costituente, la quale discuterebbe e voterebbe la Costituzione ossia il Patto Nazionale, se la maggiorità degli elettori è monarchica sarebbesi la conferma della monarchia. le ciò l'ortodossia della mozione Garibaldi, riconosciuta anche da voi. Ma oggimai, tr~nne agli oligarchi di destra o di sinistra, i quali non ammettono in ogni u_omo italiano la qualità di cittadino e nella nazione l' immanenza della sovranità, a veruno cade in mente che le ,generazioni antecedenti incatenino la volontà delle seguenti. L'Italia non è un fedecommesso di chicchessia >. - Nell'ultimo anno del regno di Umberto I il grido della Costituente, che pareva una minaccia e non era che un monito, tornò ad echeggiare . in Parlamento, lanciato dall'on. Pantano fra le tumultuose discussioni dei provvedimenti reazionari pr~posti dal ministero del generale Pelloux. Anche recentemente l'on. Chiesa Eugenio, nella sua relazione di minoranza della Commissione per la riforma elettorale, scriveva che < dopo la guerra e la unificazione nazionale, l'Italia aveva meritato col sacrificio, oltreckè in Biblioteca Gino Bianco .

LO STATUTO DEL 1848 GIUDICATO DAI CONTEMPORANEI 413 base alle solenni promesse consacrate nei proclami della Casa regnante nel 1848, il riconoscimeuto del diritto alla propria Costituente nazionale>. Noi opiniamo che questo diritto non ha bisogno di essere ricono-. sciuto dal Re o da chicchessia. Esiste come un diritto di natura immanente, indiscutibile, imprescrivibile. Ogni popolo che abbia coscienza della propria natura di consorzio d'uomini liberi ed uguali, non di pecore nè di schiavi d'una famiglia o classe o d' una minoranza qualsiasi, lo esercita e lo fa valere o lo conquista, se non l'ha, quando che voglia, senza attenderne il riconoscimento da alcuna autorità esteriore alla sua. Infatti gli stessi monarchici, in Italia, per giustificarne l'assorbimento nel potereregio, amplificano i plebisciti, interpretandoli arbitrariamente come una delegazione della sovranità del popolo senza determinazione di tempo,. ossia di durata, nè di facoltà. Ma, data anche per ipotesi tale interpretazione, le generazioni del '48, del '60 e del '70 non avevano alcun diritto di vincolare i pensieri e la volontà delle generazioni successive. Tutt~ i nuovi nati d'ogni anno portano in sè, nascendo, il proprio diritto; tutti. i reduci dalla grande guerra possono reclamare l'esercizio di questo diritto costituente e quandochesia imposto, come atto di legittima, naturale sovranità politica, e con loro quanti di noi, giovani o vecchi, non abbiamovotato i plebisciti .... vale a dire, o,ramai, la totalità degl' italiani viventi. Notate che, se pure avessimo votato i plebisciti, avremmo sempre il diritto di ricrederci e di mutare parere, come fanno i popoli veramente liberi, che rivedono le loro costituzioni quante volte lo credono necessario. IL PROGRAMMA DI MAZZINI Al di fuori del Parlamento e dei partiti parlamentari, la formula < Costituente e Patto Nazionale> rimane pur sempre il postulato politico,. che il Partito Repubblicano raccolse in eredità da Giuseppe Mazzini. < Senza Costituente e Patto Nazionale non esiste Nazione fuorchè di nome. L'Italia non ebbe la prima e non ha il secondo. Le popolazioni italiane, fatte libere per le armi altrui o per virtìt propria,. _-furono interrogate se vòlessero unirsi e rimaner divise ; e la risposta non poteva essere dubbia. Ma non fu chiesto ad esse in nome di che, con quali principii, sotto quali forme d'associazione, con qual fine. Alla Costituente fu sostituito un Parlamento di pochi privilegiati per censo ed altro, continuazione di quello eh' era espressione incompiuta delle provincie Sabaude quando l'Italia non era. Al Patto Nazionale fu sostituito uno Statuto dato precipitosamente, per volontà regia e per parira d'insurrezione, a quelle provincie dodici anni prima che l'Italia fosse. La Nazione non fu mai convocata a dichiarare la propria fede, le proprie volontà, le proprie tendenze. I suoi deputati giurano alla monarchia e al vecchio Statuto. La Storia non· offre. un solo esempio d'una Rivoluzione Nazionale compiuta, tradita a quel mo~o. iblioteca Gino . 1anco

414 LA CRITICA POLITICA E nondimeno, il principio d'una Costituente e d'un Patto fu affermato, sin dal 1848, dagl' istinti dei popoli sollevati e da solenni promesse regie. A guerra vinta, un'Assemblea italiana deciderà dei destini d'Italia >. Queste parole scriveva Mazzini per la Roma del Popolo in gennaio del 1872, poche settimane prima della sua morte. Ma il suo programma è stato presto dimenticato e fatto dimenticare. Pochi seguaci a lui devoti si trasmisero, da una generazione all'altra - solitari ·e disgraziati come fossero una sètta di puritani di fronte ai baccanali dell' Italia regia - la sua austera dottrina, le sue patriottiche doglianze e le sue profezie. Le blebi analfabete, maleducate da un socialismo d' importazione, che ignorava i nostri grandi sociologi del Risòrgimento, vennero satanicam.ente cresciute all'odio di classe· cosmopolita, come se non avessero anche una patria, e nel dispregio sistematico della dottrina mazziniana basata sulla formazione èl' una coscienza ·dei doveri e perchè dichiara inscin- , dibile l'Internazionale dalla Nazione e la questione sociale dalla questione· politica. Così derisero, colla superba idiozia dei loro funesti pastori, tutti i nostri richiami alla conquista della sovranità popolare e allo studio delle forme più idonee di popolare reggimento, con grande intima gioi.a dei Mazzarini della monarchia che alle plebi così maleducate lasciando scaltramente cadere le bricciole della torta governativa, allucinarono e ridussero i socialisti italiani- ad addomesticate confraternite di r·osicchianti destituiti d'ogni coscienza politica e d'ogni sensibilità 1norale, i quali alle prime irruzioni fasciste abbandonarono la madia e i pastori, fuggendo come topi spaventati all'apparire del gatto. Finiva e si dileguava ad un tempo il mito della monarchia socialista; contro del quale un'altra dottrina d' importazione, che a suon di rubli aveva montato le teste di tutti gli avventurieri senza patria, aveva improvvisato anche in Italia l' ubbriacatura del mito leninista. Rapida l' ascesa e ugualmente rapido fu il tramonto di quest'altro mito. La monarchia socialista oggi è la monarchia fascista; e il nuovo mito dell' uomo provvidenziale, del governo dell'Uno e delle gerarchie da lui emananti, gioverà forse coll'esperimento diuturno dei suoi 1netodi e delle sue violenze, e della sua Giustizia assente o faziosa, d' una farragginosa legislazione arbitraria fatta a beneficio esclusivo di una classe di pirati arricchitasi sulle ladrerie e sulle sventure della guerra, ed ora impazienti di guarentirsi il depredato bottino·, consolidando e perpetuando il proprio do1ninio politico - gioverà forse, diciamo, ad aprire gli occhi ai giovani illusi e inesperti e alle turbe intontite da tante amare delusioni, per farle meditare e rinsavire e ritornare alla parola semplice, paterna, non ingannevole dei nostri maestri e Profeti d'italianità e di giustizia sociale. Alla parola, sopra tutti, di Giu- . seppe Mazzini, che tutta la vita sacrificò all'Italia (ch'egli sognava però ben altrimenti rinnovata) e all'amore del Popolo, tra il quale e Dio egli non ammetteva intermediarii. Al Popolo egli aveva insegnat9 a trovare in sè stesso, nella esperienza della propria sovranità esercitata direttaBiblioteca Gino Bianco

.. . LO STATUTO DEL 1848. GIUDICATO DAI CONTEMPORANEI 415 , meµte,- la soluzione de' suoi probl'emi mediante un Governo costituito e controllato da tutti < coli' intervento di tutti gli elementi che compongono la Nazione. L'esclusione di un solo elemento costituerebbe a suo danno ingiustizia e tirannide>. Questa concezione d'un Governo formato e controllato da tutti per una patria che dev'essere di tutti, non per una fazione o per una classe - liberandola da tutti i suoi tutori, traditori o pretesi salvatori - attende ancora il suo momento risolutivo di iniziativa e di attuazione. Frattanto lo spirito di Giuseppe Mazzini può considerarsi esule ancora. • ARCANGELO GHISLERI Piccoli centri e agric9ltura I Noi crediamo che in Italia la base fondamentale della vita economica . sia l'agricoltura, e che dai progressi di questa dipenda essenzialmente l'avvenire della Nazione; crediamo che le forze sane d'Italia vadano ricercate più nei minori centri urbani che nei grandi centri. Modeste Banche popolari, modeste Casse di Risparmio, piccoli istituti locali accolgono i risparmii di migliaia e migliaia di cittadini, in modo che l'avvenuto crollo della Banca Italiana di Sconto e lo scossone del Banco di Roma, salvato per la terza volta dalla provvidenza, non hanno prodotto nessun reale e profondo turbamento nella vita bancaria italiana. Innumeri stabilimenti, disseminati nelle città minori e nelle borgate, occupano migliaia di , operai, con continuità e sicurezza di lavoro; e sommando la loro produzione e la loro potenzialità si giunge a cifre che superano di gran lunga la potenzialità dei grandi stabilimenti industriali. Rappresentando in un grafico da un lato i grandi stabilimenti (Fiat, Ansaldo, Terni, Ro1neo, ecc.) e dall'altro le modestissime officinette che impiegano meno di dieci operai si vedrebbe come queste ultime abbiano ben più decisiva importanza, sia per la produztone sia per il numero di operai occupati. Le mille Peretole d' Italia splendono meno dei grandi centri urbani, che riempono del loro clamore tutta la vita italiana: ma producono di più, ma accumulano tesori, che vengono troppo spesso sperperati nella Capitale, sia essa quella politica o quella morale. Queste constatazioni realistiche non vengono fatte nelle sfere dirigenti della vita italiana: la burocrazia dei Ministeri, dei Partiti e delle Banche, i letterati e i politici dei grandi giornali quotidiani, i deputati e i ministri agiscono quasi sempre come se la Provincia non esistesse, o meglio come se la Provincia fosse taillable à merci dalla Capitale, dal grande centro urbano, dalla grande Banca, dalla grande industria. Bisogna invece che l'Italia laboriosa e produttrice, l'Italia risparmiarice acquistino nella vita politica della Nazione nello Stato l'importanza -che hanno realmente: bisogna che pesino sulla bilancia politica tanto quanto valgono. Questo è il problema centrale della vita italiana. "blioteca Gino Bianco . . ..

I . 416 LA CRITICA POLITICA I redditi agrari e la.... giustizia tributaria ... ' La peggior cosa che un cittadino possa fare in Italia è quella di prendere alla lettera le disposizioni che vengono emanate dalle autorità superiori. In materia di imposte, specialmente, i più minchioni sono sempre quelli che vi si attengono. Così e stato coi passati regimi, così avviene con quello attuale. È in proposito molto istruttivo quello che si è verificato. in provin_cia di Ancona per la nuova imposta sui redditi agrari. Citiamo il caso perchè quale.be cosa di simile si sarà, con ogni probabilità, verificato anche in altre provincie. Vi sono stati dunque in quella provincia molti i quali per la denuncia dei redditi agrari hanno preso alla lettera le istruzioni emanate con appositi , manifesti dall'Agenzia delle imposte e - per tenia di multe, di contestazioni e di noie - si sono attenuti alle tabelle ministeriali. Altri, più furbi, hanno invece fatto denuncie inferiori alle tabelle e hanno avanzato il ·1oro bravo reclamo contro l'accertamento dell'Agenzia. In seguito a questi reclami, in .verità assai numerosi, il Ministero inviò nella provincia un Ispettore superiore, il Comm. Bassino, il quale esaminate le cose sul posto si convinse evidentemente che le tabelle ministeriali erano troppo elevate e finì col concludere un concordato coll'associazione Agraria col quale si accordava un abbuono del 30 ¾ sulla 1a categoria e del 40 °;0 sulla na, e sulla 111a categoria delle tabelle ministeriali. Il Ministero si rifiutò più tardi di riconoscere il concordato coll'Agraria fatto in suo nome da un suo legale rappresentante. Ma la Commissione Provinciale di Appello per le imposte dirette - alla quale gl' interessati fecero ricorso - lo riconobbe egualmente valido e deliberò l'applicazione dei patti in esso convenuti e, naturalmente, per i soli ricorrenti. Gli altri, che hanno dimenticato di ricorrere, dovranno pagare come alle tabelle. Avverrà così che per due diversi terreni, posti sulla stessa località e con reddito uguale, si pagherà all'Erario in modo molto diverso. Il proprietario o l'agricoltore che si è attenuto alle prescrizioni ministeriali pagherà cento; quello che se n'è infischiato e ha fatto secondo il suo criterio e la sua coscienza, pagherà p~r reddito uguale solo 70 o anche 60, secondo che rientri in una o in altra categoria I Siccome è da presumere che il concordato tra l'Associazione Agraria e il comm. Bassino del Ministero delle finanze, sia stato stabilito in base ad una revisione delle tabelle ministeriali più conformi alla realtà - l'abbuono avrebbe dovuto applicarsi per tutti. Ma la Commis'sione di Appello per le imposte avendo, invece, tenuto conto solo dei ricorrenti, così tutti gli altri · che non hanno ricorso dovranno pagare molto più di quello che sarebbe loro dovuto. Sono ben 8 mila i contribuenti che nella provincia si trovano in queste condizioni e che vedono in tal modo premiato lo scrupolo con cui hanno creduto di dover seguire le disposizioni governative. E, dopo ciò, viva pure la giustizia tributaria! X. Y. Biblioteca Gino Bianco

• • I Di qua e di là dal Tevere Ricercare, negli atteggiamenti e nei metodi dell'attuale capo del Governo italiano, le linee logiche del pensiero e dell'azione, è compito alquanto difficile e, nel contempo, relativamente facile. Non sempre il confusionario succedersi degli avvenimenti rivela lo svolgersi delle fasi di un pensiero rettilineo che si concreta nella realtà, come non sempre, anzi quasi mai, ci è dato di scoprire con certezza nei fatti l' intenzione di chi deve dirimerli. Qualunque sieno il metodo dell' indagine e il proposito dello studioso, tutti i fenomeni della vita pubblica, anzichè risolvere, accendono la disputa sulle cause che li determinarono, sulle conseguenze che produrranno in avvenire, e sopratutto sulla volontà che gli uomini preposti al governo della cosa pubblica, hanno impreso in determinate circostanze allo svolgersi degli avvenimenti. Senza voler essere giudici pretenziosi, ma solo modesti osserva tori, crediamo che un esempio tipico della moderna mentalità, disposta ad interpretare fatti secondo visuali divergenti, è quello che riguarda l'atteggiamento dell'attuale capo del governo, a cui fa seguito il partito che egli rappresenta, nei confronti del cattolicesimo. È ben difficile che, in simili questioni delicatissime, le dichiarazioni di un uomo di governo rispondano sempre alla sua reale intima convinzione, bensì, il più delle volte riflettono il senso di una necessità, onde a noi è dato solo di ricercare la convinzione e la intenzione attraverso un esame dei fatti e delle 1 apparenze, risalendo da queste al pensiero che le guida. L'atteggiamento assunto dall'on. Mussolini nei confronti della Chiesa cattolica, ha destato in molti le più accese speranze, in altri le più amare delusioni, in altri ancora vivissimo timore. Vi sono cattolici che credono nel sentimento religioso dell'on. Mussolini, o, meglio, nella sua conversione, fino al punto di farsene un motivo per appoggiare la sua opera di governo, in contrasto di quei cattolici che vedono nel regime fascista la negazione dei più elementari principi cristiani. E vi sono infine dei cattolici che, pur non essendo convinti del misticismo di cui, secondo certa stampa officiosa, sarebbe soffuso l'animo dell'ex direttore dell'Avanti!, tuttavia ritengono che la Chiesa debba e sappia profittare degli atteggiamenti del duce, ai fini di una vera e propria speculazione religiosa, che dovrebbe concretarsi nelle condizioni di sempre più favorevole privilegio a beneficio della religione ufficiale del regno d' Italia. Il Cristo nelle scuole, l' insegnamento religioso, l'esame di stato, l'ostracismo pronunziato contro la massoneria, l'aumento della congrua ai parroci, la partecipazione ufficiale del clero a tutte le cerimonie fasciste, piccole e grandi, l' intervento di camicie nere nelle processioni religiose, questi ed altri fatti (che ibliotecaGino Bianco - I C'

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