la critica politica - anno III - n. 7 - 25 luglio 1923

r . , LJ\ CRITIC·f\ I POLITICJ\ ~IVIST A MENSILE ANNO III. .25 luglio 1923 F ASC. 7. Vecchio e nuovo repubblicanismo Il. Esistono sui repubblicani alcune opinioni /atte. Il nostro repubblicanesimo è nuovo appunto per ciò : che non intende riconoscersi in esse. Sono sicuro che Gobetti· ci avrebbe giudicato meglio, con maggiore esattezza, se avesse tenuto conto unicamente delle nostre idee e dei nostri atteggiamenti. Invece no. Egli pure si è servito di opinioni già fatte per crearsi una speciale sagoma di repubblicano, e poi v'è messo a guardarci attraverso quella. Che cosa doveva trovare? Naturalmente, che siamo pi~ni di difetti. Mi sorprende anzi che ci abbia trovato, tuttavia, interessanti. Ma noi siamo un'altra cosa. E cioè repubblicani .che hanno vissuto e che vivono, intensamente, la vita del proprio tempo, che vogliono operare e realizzare tutto quello che realizzare è possibile e fin che è possibile. Mazziniani ? Si, ma intendendo e interpretando Mazzini a nostro modo, col nostro spirito, nella realtà che ci occupa e che ci preoc·cupa. Nel mazzinianesimo cerchiamo unicamente ciò che è . vivo e che può ancora servirci. Non tutto Mazzini, dunque. Anche perchè molto dobbiamo pure a Cattaneo. Oggi anzi Cattaneo ci serve di più. In Mazzini le geniali intuizioni, la fede, la necessità dell'azione, ~acostanza dei propositi, i principi : in Cattaneo il senso della storia, il metodo, l'armonia delle soluzioni. Mazzini c' insegna come e perchè lottare ; Cattaneo ci dice come realizzare. La antitesi in cui la Storia del Risorgimento ci presenta questi due giganti dell'azione e del pensiero è per noi superata. Il nostro repubblicanesimo esce da tale conciliazione, resa possibile dallo sparire, col proble.ma dell' unità nazionale, di uno dei termini del dissidio. Il problema è ora uno solo : problema di libertà .. Ecco cosl il nostro vero titolo di distinzione. In esso la nostra ragione d'essere e la nostra attualità. La libertà si pone per noi come una conquista da realizzare. V'è chi se n'era dimenticato. V'è chi credeva di aver conquistato la libertà e ora s'accorge di averla perduta. E v'è chi ne discute molto e s'affatica. a cercarla dove trovarla non è più possibile. Tutti costoro navigano tranquillamente nelle nuvole dell' astrazione. Noi ci proponian10 appunto di ricondurli a contatto con la realtà. Se altro compito nella vita pubblica italiana non fosse a noi destinato, questo almeno ci spetterebbe: di compiere una funzione di chiarificazione. Ponendo Biblioteca Gino Bianco ..

294 LA CRITICA POLITICA le forme di realizzazione della libertà al di fuori delle istituzioni esistenti, diamo solo per ciò afproblema una impostazione di assoluta efficacia pratica. Forme di realizzazione : la f orrì1a, cioè, ~ome sostanza. Insistiamo su questo punto. Non è una ·questione di nome quella che ci occupa. Sarebbe puerile. Comunque occorre dire che non si pone una questione di forma che non sia anche, implicitamente, una questione di sostanza. In politica come in economia ogni distinzione netta tra forma e sostanza è arbitraria. La sostanza è subordinata alla forma e viceversa. Se nessun rapporto esistesse tutte le istituzioni politiche si equivarrebbero, ciò che, invece non è. Tanto vero che ogni loro modificazione anche parziale ' . suscita sempre preoccupazioni ed entusiasmi, contrasti spesso vivissimi. Lo vediamo appunto adesso in Italia. Di che si preoccupano molti c'ritici del fascismo se non appunto del fatto che le modificazioni che esso ha apportato e apporterà ad alcune -forme delle istituzioni, praticamente si risolvono e si risolveranno in una modificazione della sostanza dei problemi politici e sociali della Nazione? E lo stesso Mussolini parlerebbe, forse, con tanta insistenza di uno Stato fascista, intendendo stabilire una distinzione netta tra lo Stato di oggi, da lui rappresentato, e quello di prima, se non annettesse grande importanza al mutamento della forma nei riguardi della sostanza dello Stato ? Bisogna vedere piuttosto se il dispregio che alcuni manifestano per le questioni di forma non sia anche un modo, comodo e se si vuole pure elegante, per non arrivare alla sostanza di alcuni problemi. Molto probabilmente, sì. * * * Servirà a precisare la nostra posizione in questo periodo critico ec~ cezionalissimo della nostra vita politica e sociale, dire anche come vi siamo pervenuti. Il repubblicanismo - prima di definirsi nelle linee in cui lo vediamo e affermiamo - fu anche per noi una idea abbastanza imprecisa. Fummo repubblicani in un momento in cui come oggi vivo, sentito, preoccupante era avanti tutti il problema della libertà. I fatti del '98, le sentenze dei Tribunali Militari, i provvedimenti eccezionali del governo reazionario di Pelloux e la battaglia ostruzionista alla Camera contro di essi da parte di una piccola minoranza parlamentare avevano enormemente ravvivato le correnti repubblicane nel paese. La Monarchia era molto decaduta nell'opinione pubblica, nè si trovavano liberali che apertamente, nei limiti ammessi e garantiti dallo Statuto, avessero assunto le difese delle pubbliche libertà. Il Corriere delta Sera sosteneva in quel tempo la causa della reazione e la necessità del < regime personale>. La situazione aveva reso possibile quell' < Unione dei Partiti Popolari> in cui socialisti, radicali, democratici e repubblicani, rinuncian_do alla loro autonomia, solidarizzarono e si"riconobbero fusi nella comune avversione contro la dinastia. Quando noi entrammo nel partito repubblicano - prenBiblioteca Gino Bianco

VECCHIO E NUOVO REPUBBLICANISMO 295 dendo posizion~ per la parte polit_ica più n~ttamente definita - l' < Unione dei partiti popolari> incominciava a sfaldarsi. Non solo i partiti che la 'Componevano avevano ripresa quasi intera la propria autonomia, ma si manifestavano le prime sostanziali divergenze sulle finalità politiche immediate. L'uccisione di Umberto - al quale si attribuiva a ragione di avere avuto una parte preponderante negli avvenimenti più recenti - aveva determinato una situazione politica nuova. Per quanto non apertamente sconfessato (e la prima parola del nuovo re non ebbe un accenno solo alle ·istituzioni parlamentari I) il programma della reazione aveva subito un arresto; quindi, a distanza di un anno, si determinava alla Camera, col Gabinetto Zanardelli, una situazione di Sinistra. È di allora l'ardente campagna del Ghisleri e di altri pubblicisti repubblicani contro la < sbornia delle illusioni > parlamentariste a legalitarie dell'Estrema che, come dicemmo, ci attrasse ed ebbe una decisiva influenza sul nostro spirito. Il nuovo indirizzo della politica parlamentare e dell'azione sociale e democratica ci ebbe oppositori decisi fin dagli inizi. Motivi prevalentemente sentimentali allora, sia pure 1 ma che ci consentivano intanto _diassistere . con assoluta indipendenza ai nuovi esperimenti. Successiva1nen~e le ragioni della nostra opposizione vennero modificandosi in ragioni di ordine pratico, positivo, reale. Nuovi problemi e nuove esigenze si affacciavano coll'affermarsi e svilupparsi, rapidissimo, del movimento operaio. Le organizzazioni di mestiere sorgevano e si moltiplicavano : gli scioperi seguivano agli scioperi, vittoriosamente. Bastò che Giolitti riconoscesse alla Camera il diritto di sciopero agli operai e il dovere del governo di rimanere neutrale nella lotta tra capitale e lavoro perchè egli entrasse definitivamente nelle simpatie dei socialisti i quali votarono per la prima volta per il Governo. Fu il fatto nuovo. L'Estrema Sinistra entrava nell'orbita costituzionale : solo i repubblicani ne restavano fuori. L'on. Bonòmi - allora, nel 1903, redattore capo del1' A vanti I - assegnava al Partito socialista il compito di partecipare al Governo con le altre frazioni de1nocratiche costituzionali. La questione istituzionale, principalissima nel 1900, era tre anni dopo per il Partito socialista di nessuna importanza. La Monarchia non costituiva un ostacolo alla realizzazione delle finalità socialiste che anzi poteva favorire. Questi presupposti rendevano possibile la politica che, inaugurata da Giolitti nel 1903, doveva governare l'Italia per vent'anni. Sappiamo ora · in che abbia consistito tale politica la quale poteva subire volentieri ·1a pressione delle nuove aspirazioni sociali solo in quanto rispondeva anche ad una logica conservatrice, alle esigenze di sviluppo dello Stato . -centralista e ad una tendenza oramai comune a tutti gli Stati di Europa. Ma nel periodo iniziale del riformismo, ciò non appariva altrettanto evidente. E noi avevamo bisogno, oltre che di apprendere, di trovare nel contatto e nell'esame dei fatti risposfe soddisfacenti ai problemi di libertà che ci preoccupavano. iblioteca Gino Bianco

• ,. 296 LA CRITICA POLITICA È di questo periodo il processo di rev1s1one, di critica, di sistemà- · zione, o meglio ancora di chiarificazione, che noi siamo venuti compiendo delle nostre idee. Per compierlo dòvemmo superare gli ostacoli di intransigenze puramente formali. Sentimmo l'inferiorità di alcune posizioni mentali del nostro partito e contro esse reagimmo. Ai problemi concreti della vita nazionale volemmo avvicinarci senza so·Iuzioni fatte ma con desiderio vivo di vedere e d1 apprendere; a quelli del movimento operaio senza prevenzioni contro i socialisti il cui ideale di liberazione e di redenzione era pure il nostro. Fum~o così anche organizzatori operai: ci mescolammo tra le folle, partecipammo ai comizi, alle discussioni della stampa, ai dibattitiJe alle deliberazioni dei Congressi. Potremmo.,.,ricordare qualche battaglia non inutile (1), se pure dimenticata. Ovunque movimenti nuovi d' idee o di uomini sorgessero ci avvicinammo : dove trovammo affinità di idee e di aspirazioni non nascondemmo le nostre simpatie ideali e la nostra solidarietà. Della libertà cercammo, insomma, in ogni campo le pratiche applicazioni, di vedere cioè per quale via i diversi problemi potessero trovare soluzioni di libertà. Ben presto ci accorgemmo che quella che noi avevamo considerato come esigenza di o.rdine esclusivamente politico, era altresì esigenza di ordine· sociale e di ordine economico. Di fronte alla democrazia che affermava il problema della sovranità praticamente risolto nelle istituzioni patlamentari ; di fronte al riformismo che nella legislazione sociale vedeva un modo di soluzione, anzi l'unico modo, della questione operaia; di fronte ai protezionisti ed agli intervenzionisti in genere che la soluzione del problema produttivo facevano dipendere da un più largo intervento dello Stato nella determinazione e per la intensificazione delle attività economiche nazionali, venimmo così ad assumere - ogni giorno più consapevolmente una posizione di opposizione ma anche di inflessibile coerenza. * * * Passiamo a vederlo, rapidamente, incominciando dal problema della sovranità. Dal giorno stesso in cui radicali e socialisti, rinunciando ad ogni riserva in senso repubblicano, dissero che era grave errore porsi una pregiudiziale politica quando nel fatto nessuna via era preclusa agli uomini ed ai partiti più diversi per arrivare al governo della pubblica cosa, si poneva per noi questo quesito : la democrazia, e cioè la sovranità vera ed effettiva del popolo, si realizza davvero nel sistema parlamentare? Non pensavamo affatto, come si vede, di ridurre il repubblicanismo alla semplice questione della elettività o meno del capo dello Stato 1 Tuttavia così molti hanno ritenuto e tuttavia ritengono, donde (1) Sulla lotta tra contadini e braccianti; nel grande sciopero siderurgico del 1911 ; al Congresso della Resistenza in Padova, nel 1911 ; nei Congressi della Cooperazione; per la Mutualitài. libera al Congresso della Previdenza del settembre 1912, ecc. Biblioteca Gino Bianco

I '· .. VECCHIO .E NUOVO REPUBBLICANISMO 297 anche la fama di semplicisti e d~ formalisti che continua a perseguitarci. Appena pochi giorni addietro ·uno scrittore di cose politiche ( l) affermava che < oggi non hanno ragione di esistere problemi e partiti soltanto formalistici > e ne deduceva la decadenza dell' idealismo repubblicano 1 E di fatti - per quanto gli avvenimenti recenti stiano a dimostrare il contrario - la questione della elettività del capo dello Stato può sembrare trascurabile e secondaria quando fosse ammesso che il sistema par- · lamentare è il presupposto indispensabile di ogni realizzazione democratica. Se il sistema parlalnentare rispondesse alla realizzazione della sovranità popolare nessuna ragione vi sarebbe per non favorirne il pieno sviluppo. Posto il quesito, le conclusioni alle quali dovevamo pervenire sono state negative. Ecco anche perchè in questo momento, mentre ci interessa moltissimo la lotta per la libertà, la polemica intorno al Parlamento considerato come espressione della volontà e degli interessi nazionali non c'interessa eccessivamente. < L'impotenza del Parlamento - scrivevamo nove anni addietro in un documento ufficiale del nostro Partito (2), - a compiere efficacemente il suo ufficio legislativo, in rnodo da interpretare i bisogni e gli intendimenti del paese, può considerarsi come un fatto universalmente riconosciuto. Potrà esservi diversità di giudizio sull'apprezzamento della gravità maggiore o minore del fatto, sulla valutazione delle cause e sulla indicazione degli eventuali rimedi, ma nes- · suno pretende oggi disconoscere che il Parlamentarismo non risponde appieno alle speranze che vi vennero riposte. Qui in Italia si riferisce attribuirne la responsabilità, anzichè a difetto, intrinseco dell'organismo, al difetto di educazione politica nel paese, all'assenza di vere e proprie organizzazioni politiche con larga base e seguito di aderenti : cosl unico ed efficace rimedio trovano alcuni nello spingere i gruppi politici ad affrontare i problemi concreti, a tener sempre presenti i veri interessi nazionali, ad agitare di volta in volta alcune grandi e vitali questioni, perchè nei riguardi di esse si determinino nuovi orientamenti ed una positiva, · realistica ed efficace azione parlamentare. Ma se è vero che fuori d' Italia, nonostante i partiti meglio forma ti ed organizzati e uno sviluppo di coltura e d'interessi che portano a non dimenticare o trascurare le questioni vive, i difetti del parlamentarismo non si producono diversamente -e non sono meno gravi, ciò vuol anche dire che è l'organismo, il sistema in sè, che non esprime i bisogni collettivi e che non è quindi, nemmeno capac·e di soddisfarli>. Tra i motivi principali di tale incapacità indicavamo : a) il fatto che il sistema offre alla volontà popolare l'occasione ,di manifestarsi solo qualche volta lungo il corso di molti anni, così che la · (1) M. GRIECO, nel Mondo, del 2 giugno. Articolo, su < Stato e partiti >. (2) Relazione sull'indirizzo politico al Xli Congresso Repubblicano Nazionale in Boloina, 1617• 18 maggio 1914. . Biblioteca Gino Bianco

• 298 LA CRITICA POLITICA votazione per la nomina dei deputati si traduce per il cittadino, piuttosto che in una delegazione, in una vera e propria abdicazione di poteri ;. b) la inevitabile insincerità della lotta elettorale destinata a svolgersi ad arbitrio del governo che la fa, pro e contro la politica gover-· nativa, senza che la indicazione degli elettori possa in alcun modo volgersi alle politica speciale ~ alle questioni che nel corso di una legislatura dovranno formare oggetto di particolari 'deliberazioni ; .. e) la impossibilità di libera scelta degli eletti da parte degli elettori,, costretti a seguire la indicazione dei comitati direttivi dei partiti e delle clientele 111eglioorganizzate ; d) la impossibilità materiale da parte dell' asse1nblea legislativa di possedere la con1petenza necessaria per tutti i problemi che deve trat-:- tare e per le relative deliberazioni, nonostante la competenza particolare di qualcuno dei suoi componenti in determinate questioni. Questi motivi di incapacità venivano enormemente aggravati dall' incremento progressivo delle funzioni e delle attribuzioni statali e dal loro complicarsi, dal crescere della burocrazia e dall'estendersi dei suoi poteri. Assai più che nella inconciliabilità tra potere ereditario e poteri elettivi, il proble1na della sovranità ci si presentava nella inconciliabilità assoluta dei due termini : libertà e accentramento. Cattaneo l'aveva bene avvertita, del resto, a suo tempo. Per realizzarsi la democrazia esige che la funzione governativa si diffonda in tutto il popolo. Il sistema parlamentare restringe, invece, la funzione governativa a pochi individui i quali sono portati ad astrarre dalla vita, dagli interessi e dai bisogni della nazione. Il perfezionamento del sistema elettorale - suffragio universale, rappresentanza proporzionale - nulla potevano togliere alle funzioni legislative della Camera, nè migliorare il suo funzionamento. < Il sistema parlamentare continuerà - noi scrivevamo - a far cadere addosso ai cittadini leggi, regolarnenti, discipline e provvedimenti che questi non hanno mai pensato a volere e che, se interrogati in proposito, si sarebbero affrettati a respingere>. Ogni nuova funzione accentrata nello Stato è una funzione tolta al libero esercizio nei cittadini. Il problema della democrazia è perciò nel rendere facile, possibile, frequente e diretto l'esercizio della sovranità da parte di tutti i cittadini e di realizzare per essi le condizioni della maggiore libertà. Poche e grandi funzioni di carattere generale affidate allo Stato, al c~ntro ; un organismo politico composto di tante unità autonome e federate, desti-. nate alla risoluzione delle questioni ed alla tutela degli interessi sociali;: una grande semplicità e snodatezza di meccanismi burocratici. Fin daL 1912 - in polemica con l'Azione Socialista, organo del Partito S. Ri-- f ormista - scrivevamo : < La nostra concezione dello Stato è precisa-- mente antitetica a quella che sembra essere la tendenza dello Stato moderno, alla concezione che socialisti, riformisti, radicali - tutti. coloro Biblioteca Girio Bianco

VECCHIO E NUOVO REPUBBLICANISMO 299 che si presentano attualmente in veste di riformatori sociali - vanno affermando nella pratica e nella dottrina. Noi pensiamo ed aspiriamo alla Repubblica come al governo delle autonomie, delle libertà, delle indipendenze economiche. Il migliore governo - ed il più democratico in quanto dà meno possibilità al costituirsi di privilegi politici ed economici - è per noi quello che si sforza di .essere il meno governo possibile ; quello che maggiore facoltà lascia alle energie individuali e collettive di applicarsi e di affermarsi ; quello che restringe le sue funzioni a garentire la libertà dei cittadini, ad assicurarne l' indipendenza, ad amministrare la giustizia ; quello che in cui meglio si esercita la sovranità del popolo. Poche funzioni ed essenziali vogliatno riservate allo Stato : quelle sole che sono profittevoli alla totalità dei cittadini>. E ci pronunciammo per la democrazia diretta e per il sistema federale (1 ). , * * * Per gli stessi motivi per cui non ci sembrò che il problema della sovranità popolare potesse risolversi nel parla1nentarismo, ci persuademmo che il problema sòciale non avrebbe potuto trovare la sua soluzione o comunque avviarsi verso una soluzione attraverso la pratica riformista e la legislazione sociale. Nel 1912, presentando al Congresso del Partito Repubblicano che si tenne ad Ancona nel maggio di quell'anno una elaborata relazione sulla attività da noi svolta nelle lotte del lavoro e sull' indirizzo del movimento operaio (2), scrivevamo : < La insistenza con cui si è parlato di legislazione sociale, la importanza che ad essa si è voluto dare, l'interessamento che si è fatto prendere al proletariato per leggine di lieve importanza hanno spostato l'azione operaia dalle sue sicure direttive. Si crede così, oggi, più nel Parlamento e nel Governo che nella Lega. È dallo Stato che tutto si attende : nulla dalla propria forza, dalla propria attività, dalla propria iniziativa. Lo Stato è la vacca grassa alle cui mammelle tutti tendono ansiosamente le mani. < Bisogna impedire che si 1nantenga questa dorata fiducia nello Stato e nella sua azione riformatrice>. Avvertivamo, tra l'altro, che ~e conquiste di un movimento operaio che traesse la sua forza e basasse il suo sviluppo nell'intervento dello Stato e su istituzioni create dallo Stato o da questo aiutate e mantenute, non avrebbero avuto nessuna garanzia di stabilità. < Basterà che lo Stato chiuda un giorno gli sportelli delle sue casse di credito e di previdenza, o stracci le sue leggi socia~i per- (1) Del resto referendum, diritto dt tniziattva, revoca del rappresentanti, ecc. - postulati che possono ritrovarsi tutti nei programmi dimenticati della democrazia italiana e che sono nel programma del P. R. I., compilato nel 1897 - suppongono il sistema della democrazia diretta. Col sistema parlamentare o sono impossibili o praticamente inefficaci. , (2) O. ZuccARINI - C. PusACCHIA: / repubblicani nelle lotte, nell'organizzazione, per la po• litica del lavoro. Roma, 1912. iblioteca G"no Bianco

300 LA CRITICA POLITICA chè tutto ruini improvvisamente, disastrosamente, nulla lasciando all' infuori del ·vuoto. Perchè il pericolo è proprio nel fatto che quanto più vasto è il campo lasciato allo Stato, tanto più si stringe quello in cui deve esercitarsi l'attività delle organizzazioni del lav:oro. E a che allora l'organizzazione operaia se essa non deve sapere e poter assurgere alle funzioni più elevate della nuoya vita sociale ? A che, se i lavoratori non devono cercare e trovare solo nello sviluppo della propria organizzazione, nella sua forza, nella complessità del suo sviluppo, l'indice positivo del grado di sviluppo raggiunto ? > < La trasformazione della società· si compie per noi entro l' organizzazione di mestiere, per il fatto stesso dell'associazione degli uomini del lavoro. E si opererà mano mano che le funzioni dell'organizzazione ·si saranno allargate per passare dalla resistenza alla più alta forma di produzione, assorbendo lentamente le funzioni ed i diritti che ora sono privilegio del capitalismo. È il concetto mazziniano il quale - per mezzo dell'associazione, per opera propria, secondata dallo Stato quando questo sarà in suo diretto potere - vuole il lavoratore fatto padrone degli istrumenti e del frutto intero del lavoro. < La resistenza fine a se stessa non entra nella nostra concezione sociale. Può essere ed è - la resistenza - il fatto primo che determina l'associazione operaia: non può esserne il fine e la esclusiva funzione >. * * * Passando dal campo dell'attività soci~le a quello dell'attività produttiva, e cioè dell'economia nazionale, i risultati mediati e immediati dell'io-· terventismo statale - nelle sue varie forme della protezione, dei premi d'incoraggiamento, dei monopoli industriali - ci apparivano pur essi evidenti. < Lo Stato non può produrre più economicamente ; non può allargare le sue funzioni a tutte que1le che oggi gl' individui esercitano nella società senza finire col non compiere bene nessuna: non si limitano la ini- · ziativa e la attività individuale senza arrestare la molla più forte del progresso umano ; non ~i restringono tutti gli interessi in un potere centrale senza creare nuove forme di oligarchia e senza dar luogo al formarsi di una burocrazia imponente e strapotente (potere politico sovrapposto a quello della nazione) ; nop si pongono in mano di un potere politico . tante attribuzioni economiche senza che intorno ad esso si costituiscano gruppi di affari che riescono a vivere parassitariamente a spese dell' intera nazione >. L'applicazione dei principi di libertà, anzi il modo della libertà, si , presentava anche qui come l' unica via possibile ed utile. Potevamo, quindi, concludere : < Tutte le libertà sono solidali ; la libertà non vale solo in politica, vale anche in economia, vale anche nell'ordine soèiale. Noi Biblioteca Gino . 1anco

VECCHIO E NUOVO REPUBBLICANISMO 301 siamo cos), liberisti. L' unico partito anzi che sia sinceramente, veramente liberista, che della libertà non faccia solo uno specifico per alcuni mali e proclami per altri la necessità delle restrizioni, è il nostro. Togliete al potere centrale la facoltà di porre inciampi al commercio, di favorire questa piuttosto che quella industria e voi avrete tolto la causa unica del costituirsi di industrie artificiali, che vivono grazie alla forza politica che hanno saputo raggiungere, creando spostamenti perniciosi di attività e di capitali dagli impieghi più naturali, e quindi più produttivi e più capaci di sviluppo, e quelli meno naturali e più costosi : ristabilirete nella produzione quella emulazione, quella ricerca di perfezionarsi, quello ,spirito di concorrenza che fomentano i progressi nelle industrie e spingono ~ al miglioramento sociale>. * * * Ecco quale era - già prima che intervenisse il fatto storico grandioso della guerra - la posizione che eravamo venuti prendendo di fronte ai problemi fondamentali della vita politica, economica, sociale : ecco qual' era la nostra linea, la nostra logica, il nostro repubblicanismo. Semplicisti ? S}, se, come tutti coloro che vanno offrendo ali' umanità -cerotti di redenzione, ci fossi mo proposti uno schema politico fatto, un modello di società ideale, perfetto e precisato fin nei particolari. Invece ci preoccupammo e ci preoccupiamo di caratterizzarci e di distinguerci da tutti costoro nel riconoscere ed affermare alcune esigenze naturali, insopprimibili, fondamentali di ogni progresso. Gobetti si sorprende di ritrovare ora nella nostra Critica la nuova coscienza agraria del mezzogiorno in Azimonti, insieme all'autonomismo sardo con Bellieni, il liberismo con Giretti e al sindacalismo prudhQniano. Qui si nascondono, egli ci osserva, delle contraddizioni per la vostra azione futura. Al contrario, nessuna contraddizione giacchè il nostro repubblicanismo tutti insieme Ii ricomprende e li esprime. E lo vedremo. O. ZUCCARINI PER L'ITALIA DEGLI ITALIANI È l'Italia vera che noi cerchiamo. L'Italia che si vede oggi non è l'Italia : è arti!!cio, è accademia! Ali' Italia di «alcuni» occorre sostituire l'Italia degli italiani. E una necessità assoluta, inderogabile : è il nostro programma. Neghiamo .che coloro che dominano in questo momento sentano l'Italia, la conoscano. · la rittraggano, la rappresentino meglio dei dominatori di ieri. Gli uni valgono gli altri e sono altrettanto lontani dall'Italia vera. Perciò il popolo italiano li guarda . . senza comprenderli. E scettico e non sa più sorridere. L'Italia non ha più fede : la verità è questa. Perchè? Unicamente perchè non le è consentito di aver fede in se stessa ! Disincateniamola e l' Italia si ritroverà e si salverà. iblioteca Gino Bianco

Dogane, caroviveri e cambi ' . L'ampia discussione che·Ja Camera dei Deputati ha dedicato alla tariffa doganale è stata uno spettacolo poco edificante d' indifferenza per il massimo pro-· blema della vita economica nazionale e di poca sincerità da parte della grande maggioranza degli oratori e dello stesso governo . . L' indifferenza, che si è manifestata nel vuoto desolante delr aula e nella ~onalità dei discorsi degli stessi avversari più decisi e convinti della nuova tariffa,, trova un'attenuante nel momento in cui si è iniziata la discussione, a due anni dalla entrata in vigore della tariffa, quando già alcuni trattati di commercio sono stati stipulati sulla sua base e per altri sono in corso le trattative, e quando sopra tutto t_alie tante incognite paurose minacciano di interrompere o interrompono già gli scambi pacifici fra le ·nazioni, che di fronte ad esse l'ostacolo delle barriere doganali sembra quasi uno scherzo. Ma purtroppo a spiegare quella indifferenza v'entra anche una causa più sconfortante, ed .è la totale mancanza di una coscienza economica nelle nostre masse organizzate e nei nostri partiti po-- litici, pe·r cui ogni discussione di materia doganale sembra ancora ridursi nel nostro paese ad una polemica dottrinaria fra due scuole opposte, o peggio ancora fra teorici e pratici, e chiunque si ostina a richiamare su di essa l'attenzione del pubblico si guadagna - per bene che gl' incolga - la fama del fanat ~o, del monomaniaco, dello scocciatore. Da questa indifferenza, da questo carattere di disputa dottrinaria anzichèdi conflitto di grandi interessi, che mantengono ancora presso di noi le discussioni doganali, deriva anche la poca sincerità con cui si conducono tali discussioni. Completamente insincere, tolte poche eccezioni, le dichiarazioni di principio con cui tutti i sostenitori delle più assurde ed inique misure protezionistiche si a~annano, come premessa alle peggiori eresie, ad affermare la loro fede liberista. Altrettanto insincera la preferenza ostentata per la tariffa generale ad una sola colonna, suscettibile di qualunque riduzione nei trattati di commercio, quando invece è dimostrato che nei trattati conclusi finora le riduzioni concesse - e con grande parsimonia - riguardano soltanto i cosidetti coefficienti di maggiorazione, restando sempre. immutata la tariffa base ; in modo che noi effettivamete ci troviamo ad avere una tariffa minima irriducibile ed una tariffa massima, oggetto di contrattazione : ed ~nzi finiamo per avere una terza tariffa sensibilme.nte superiore alla massima per effetto del decreto che commina come rappresaglia un aumento del 50 per cento su tutti i dpzi contro quei paesi che ci negassero il trattamento della nazione più favorita. Non del tutto sincero o per lo meno eccessivamente opportunistaci è sembrato il discorso dell'on. Buozzi, quando egli ha voluto giustificare la sua recente ·conversione al protezionismo siderurgico col proposito 1 di non diminuire ulteriormente le forze dell'organizzazione socialista con una nuova crisi di disoccupazione, da cui trarrebbero maggior vigore i sindacati fascisti. Biblioteca ·Gino Bianco

. . . . . DOGANE, CAROVIVERI E CAMBI 303 ====::;::=========================================== Ma sopratutto si deve lamentare il contegno ambiguo mantenuto dal gover-· . no in questa discussione. Il ministero, considerandosi irresponsabile di un prov-- vedimento legislativo, ch'era stato emanato da un governo della defunta demo-· crazia, ha approfittato di questa sua situazione per chiudersi in un comodo.i agnosticismo, per limitare le manifestazioni delle sue tendenzialità liberiste ad una brevissima e quasi incidentale dichiarazione del ministro delle finanze, che s' impegnava a respingere inesorabilmente qualunque proposta di aumento allelitariffa vigente, per rimangiarsi pochi giorni dopo l'impegno stesso ed accogliere invece la richiesta di quadruplicare il dazio sopra uno dei fertilizzanti di più sicuro avvenire. Per tutto il resto l' intero governo ha lasciato piena facoltà di rappresentarlo.,- nella discussione al ministro del commercio, che ha ripetµto bensì la professione rituale di fede liberista, ma per cadere poi ìn tutti i luoghi comuni della dialettica. protezionistica, dai libri di quel pover uomo di Adamo Smith che nessuno più. legge ali' immagine del vaso di terra, che sarebbe l' Italia disarmata d' una tariffa. di guerra, in mezzo ai vasi di ferro, rappresentati da tutte le maggiori potenze del mondo armate fino ai denti ; dalla affermazione che il primo passo verso il disarmo doganale dev'essere mosso da quegli Stati che sono più armati· di noi, alla conclusione, che è un vero gioiello di logica economica, per cui bisogna attenersi al concetto di concedere una protezione modesta a tutti e nessun privilegio a gruppi _particolari. Ispirandosi a questi principi di sano realismo e dimenticando completamente: la « tendenzialità » del governo che egli rappresentava, il ministro del commercio non ha alla fine esitato ad erigersi a difensore della tariffa Alessio-GioHtti, dichiarando che l' inasprimento e la moltiplicazione dei dazi sono pienamente giustificate dalle mutate condizioni dell'industria, ancora bambina nel 1887, sviluppata immensamente pel 1921, e perciò bisognosa di maggiore difesa. Finora la dottrina economica protezionistica ci aveva sempre insegnato tutto,- 1' opposto ; ma la logica politica non si preoccupa di queste pedanterie r Nonostante il suo vizio d'origine, qualche beneficio è tuttavia derivato dal-- l'ampia discussione del problema doganale ; e questo beneficio non è tanto rappresentato dalle modeste riduzioni di alcuni dazi, rivelatisi effettivamente inapplicabili, sopra qualche decina di prodotti dell'industria siderurgica é metallurgica,.. quanto nell'ordine del giorno, accettato dal ministro ed approvato all' unanimità,. con cui « si invita il governo ad eseguire col concorso di una commissione parlamentare gli opportuni studi ed indagini per sostituire il regime del premio di produzione a quello del dazio sulla ghisa ed a presentare le opportune proposte · al Parlamento». Non è certo il caso di nutrire eccessivi entusiasmi per il sistema dei premi, che è stato tante volte esperimentato e senza stin1olare efficacemente la produzione che ha offerto il mezzo ai più abili di assicurarsi comodamente dei sussidi. Ma nel caso presente non si tratta in realtà di una produzione da sviluppare. Nessuno infatti si è ancora sognato d' invocare in Italia una grande siderurgia, che produca la ghisa importando non solo il carbone ma anche il minerale di ferro.. · , I più convinti sostenitori della siderurgi~ Q~zio~ale limitano le loro aspiraziont iblioteca Gino Bianco

.304 LA CRITICA POLITICA allo sfruttamento delle nostre poche e povere miniere. Si tratta dunque di trovare un sistema che permetta di continuare questo sfruttamento in proporzioni tali da non distruggere in pochi anni le nostre ultime riserve di ferro, e che permetta di produrre in casa nostra quel quantitativo minimo di ghisa che basti a non lasciarci del tutto impreparati iri caso di guerra ed a difenderci dalla jugulazione di un possibile trust della grande siderurgia straniera. Data « la potenzialità e la consistenza finora conosciuta delle nostre miniere » si tratterebbe di assicurare una produzione annua da l 00.000 a 200.000 tonnellate di ghisa. Per raggiungere uno scopo così limitato, di cui l'industria. libera si proclama incapace, sarebbe forse preferibile una industria di Stato, oppure una industria privata, sussidiata e controllata dallo Stato ; ma se non si vuol giungere a queste forme troppo sospettate, si può accogliere, come un male minore, anche il sistema dei premi, purchè si trovi il mezzo di evitare che l'industriale, dopo essersi intascato il sussidio, si lasci assorbire dal trust di cui si vuole evit~re il monopolio. Ma in ogni caso, industria di Stato, industria controllata, o industria premiata, qualunque mezzo si voglia adottare per sostituire l'attuale dazio sulla ghisa, deve servire a rompere la catena di dazi spaventosamente alti, che finora han trovato in esso la loro massima giustificazione. Se in passato molti rami dell' industria metallurgica e meccanica han potuto dimostrare di essere state sacrificate dalla protezione concessa alla siderurgia di prima lavorazione, oggi quella dimostrazione non potrebbe ripetersi. Tutte quelle industrie, dalle maggiori alle minime son riuscite ad ottenere una protezione cosi alta, che supera in moltissimi casi il liveilo della tariffa massima francese e si avvicina e talvolta è superiore al prezzo del prodotto, come è il caso, per citare un solo esempio, delle locomotive ferroviarie, che dovrebbero pagare la bellezza di 2500 lire di dazio per tonnellata. Se dunque l'adozione del sistema dei premi di produzione per la ghisa dovrà, com'è logico e necessario, portare ad una revisione di tutti i dazi sugli altri prodotti che si valgono di quella materia prima, è evidente che da quel provvedimento in apparenza modesto deriverà una vera e propria rivoluzione di tutto il sistema doganale, e che il bell'edificio costruito con tante cure rischierà di essere d' un tratto sn1antellato. * * * Si spiega in tal modo come la proposta, che lo stesso ministro dell' indu- ·stria avea dapprima tentato di eludere, si sia poi coperta con una unanimità, che ha tutto il carattere, nella benevola intenzione di molti convertiti, di un funerale di prima classe, e come si sia poi sferrata da parte della Confederazione del1' Industria una violenta controffensiva contro i più tenaci assertori del libero scambio, che potessero prendere sul serio il voto della Camera e pretenderne la piena e logica attuazione. In questa controffensiva, trascurando le suscettibilità personali che forse si sono esagerate ad arte, si ripete e si accentua lo stesso giuoco, di cui già si era abusato durante la discussione parlamentare nei discorsi dei difensori della tariffa del giugno 1921 ed in quello dello stesso ministro del commercio. Si rappresentano cioè gli oppositori ed i critici della tariffa come dei dottrinari del liberismo assoluto, che dimenticano le necessità contingenti del nostro paese e vogliono la rovina dell'industri~ e la disoccupazione di parecchie centinaia di Biblioteca Gino Sianco J

r DOGANE, CAROVIVERI E CAMBI 305. migliaia di operai per tenere fede al loro credo economico, o per ispirito regio- ~alista o per la convinziope che l'Italia sia destinata a restare in eterno un paese agricolo. Per conto loro i difensori della tariffa, meno pochissimi, seguitano a dichiararsi liberisti in teoria, ma decisi a conservare temporaneamente un minimo di protezione a tutte le industrie che son µiinacciate di rovina. In questo modo di ragionare c'è un semplice rovesciamento della ver!tà. In realtà nel nostro paese abbiamo avuto una prima tariffa timidamente protezionista nel 1878 per salvare le industrie nascenti; una seconda tariffa fortemente inasprita, ed estesa anche a molti prodotti agrart, nel 1887; e finalmente nel 1921 una terza tariffa che per tutte le voci comprese in quella del '87 raddoppia, iri media, il livello dei dazi calcolati in oro, e lo moltiplica per otto o per nove, se si fa il computo in lire carta; aggiunge parecchie centinaie di voci nuove . con dazi che in molti casi raggiungono e superano il valore della merce ; e quasi ciò non bastasse, trova due anni dopo una commissione parlamentare che propone, accanto a qualche riduzione, nuovi e sensibili inasprimenti. È il vero assalto alla diligenza a cui partecipano non solo le grandi industrie che impiegano le decine e le centinaia di migliaia di operai; ma anche le industrie più minuscole, anche singole fabbriche, che ottengono, invocando il , mito dell' indipendenza economica, di porre a contributo l' intera nazione in vantaggio di una sola persona o di una sola società di pochissimi capitalisti. È contro questo arrembaggio, per cui un qualunque speculatore sballato si crede in diritto di vivere alle spalle della nazione, che insorgono i pochi liberisti sinceri, i quali non si sognano affatto di chiedere l'applicazione immediata e totale dei loro ·principi economici, non vogliono la rovina di alcuna delle grandi industrie, ma vogliono soltanto che non si creino nuovi parassitismi, che non si soffochino le attività sane e vitali, non solo dell'agricoltura, ma della stessa industria, -per difendere le imprese fallite o destinate al fallimento sicuro; e vogliono sopratutto che si crei nel campo della produzione industriale un senso di dignità, d' indipendenza, di responsabilità, per cui chi affronta il rischio di un' impresa sappia di dover contare esclusivamente o principalmente sulle proprie forze. Ma quello che sopratutto è strano e doloroso è il vedere schierarsi contro questi principi il n1inistro di un governo il quale aveva suscitato le speranze di moltissimi giovani appunto per le sue dichiarazioni contro gli int~rventi, i salvataggi sistematici, i monopoli, i parassitismi; ed oggi invece si colloca decisamente, se non apertamente, tra i fautori di tutti i vecchi e condannati sistemi. Del resto la situazione contraddittoria in cui il governo ed in particolare il ministro del commercio son venuti a collocarsi si è manifestata subito nel tentativo di imprendere una nuova campagna per combattere il cosidetto caroviveri. Per fortuna il tentativo - per ora almeno ·- è finito bene ; si è rinunciato ad ogni idea di calmieri o di altri interventi coercitivi, e si è limitata l'azione del governo alla riduzione o soppressione di alcuni dazi su derrate alimentari, alla promessa di miglioramenti ed agevolazioni nei tra~porti, e di promuovere una migliore organizzazione dei mercati nelle grandi città. Ma se il dramma è stato per ora a fine lieto, non è provato che le intenzioni del ministro fossero cosi innocue, dato che egli, nel suo discorso alla Camera, aveva dichiarato che « bisoBiblioteca· Gin0 . ,anco

LA CRITICA POLITICA gnerà cominciare con l'epurazione degli speculatori che si annidano in ogni parte d' Italia, se si vorrà cercare di contenere i prezzi dei generi di largo consumo » ; e non è neanche· assicurato che in un secondo tempo, inaspritisi i prezzi e acuitosi il bisogno di assicurarsi il favore delle masse, non si ritorni ai tanto deprecati sistemi di guerra. In realtà l'azione del governo in materia di prezzi, quando non si voglia ritornare agli approvvigionamenti ed alla distribuzione di Stato, non può esercitarsi che per via indiretta, con la politica doganale, con la politica dei trasporti e con la politica finanziaria e monetaria. Su questa strada il governo ha fatto qualche passo con la riduzione e soppressione dei dazi su derrate singole; ma è troppo poco. Intanto, anche in materia di prodotti alimentari non si son volute. toccare quelle voci a cui son legati gli interessi di alcuni gruppi nazionali organizzati ; ma sopratutto bisogna convincersi che non si può combattere il caroviveri con la diminuzione di qualche dazio . isolato, ma che tutto il sistema doganale, nella sua complessità e nella stretta ' connessione delle sue voci, grava pesantemente sul costo della vita. E questo della incidenza dei dazi doganali uno •dei problemi che meglio si prestano agli artifici polemici. I sostenitori di un detenninato dazio isolano il dazio del loro cuore, e in alcuni· casi riescono facilmente a dimostrare che è minimo l'aggravio che ne risentono i consumatori. Ma essi dimenticano semplicemente che i dazi protettori si contano ormai a centinaia, e che essi son tutti collegati fra loro in iscala ascendente. Per non insistere sempre prendiamo ad esempio, sulla metallurgia~ una delle categorie meno protette, che è quella del cotone : di fronte ad un dazio sui filati tinti che va da 28 a 150 lire oro (cioè da 120 a 650 lire carta) per quintale, si trova un dazio su tessuti tinti, che varia da 140 a 300 lire oro il quintale : un dazio sulle calze, da 250 a 540 lire oro il qui~tale ; e così di seguito. La commissione parlamentare, fondandosi sul rapporto fra i dazi riscossi ed il valore delle merci importate nel 1922, ha calcolato che il dazio rappresenti un aggravio del 16 per cento ; ma in realtà il peso risentito dal consumatore è enormemente maggiore, perchè i dazi più alti, quelli che raggiungono completamente la loro efficacia, son quelli che l'erario non riscuote, inquantochè essi riescono ad impedire totalmente l' importazione. E ancora non basta ; perchè v'è da aggiungere il fattore psicologico, per cui il contadino che viene in città a fare i suoi acquisti e trova tutti i manufatti rincarati d' un terzo, della metà, del eento per cento per effetto dei dazi protettori, si rifà alla sua volta elevando il prezzo dei' suoi prodotti moltq al di là della protezione che eventualmente gli sia stata concessa. Non concluderemo per questo che il solo rimedio per combattere il caroviveri sia l'aboliziohe totale ed immediata di tutti i dazi ; ma un provvedimento giusto ed efficace si può ottenere soltanto con una revisione generale ed armo.- nica di tutto il sistema. Ma il campo in cui meglio d'ogni altro si può esercitare l'azione dello Stato per ottenere risultati positivi è quello della politica finanzlaria e monetaria. Il ministro del commercio, nel suo attacco alquanto demagogico contro gli speculatori, ebbe a ripetere con frasi molto vivaci un'accusa che era già apparsa nella ~ stampa officiosa, e che era stata vittoriosamente demolita dai nostri migliori Biblioteca Gino Bianco ~

DOÒANE, CAROVIVERI E CAMBI 307 economisti. Egli parlò della meraviglia con cui aveva assistito fra l'aprile e il maggio ad un rialzo ingiustificato dei titoli italiani. « Questo fenomeno, egli aggiunse, noi ci siamo spiegati dopo, quando si ~ potuto comprendere che il rialzo dei titoli era provocato solo per poterli abbattere all' indomani del discorso che il ministro delle finanze doveva tenere a Milano, per isvalutare il lavoro compiuto del nostro Governo ». Non sappiamo se oggi l'on. Rossi, di fronte al continuo ed impressionante rialzo della sterlina e del dollaro, ripeterebbe l'accusa ch'esso dipenda dall'animosità della banca e della borsa contro il governo fascista ; ma è indubitato ch'egli per il primo è venuto a confessare il fallimento della politica monetaria del suo governo quando si è proposto di escogitare nuovi espedienti per combattere il caroviveri. Se oggi infatti i prezzi continuano - lentamente per fortuna ! - a salire, non si può cercarne la causa, almeno nel maggior numero dei casi, nè in una rarefazione delle merci nè in una violenta ripresa della speculazione, che ne sarebbe l' immediata conseguenza, ma unicamente od in misura massima nel movimento dei cambi, a cui corrisponde un diminuito potere di acquisto della nostra moneta. Del peggioramento dei cambi su Londra, su New York, su Zurigo i numerosi comunicati ufficiali ed ufficiosi assegnano come causa principale il precipizio spaventoso del marco tedesco, ed hanno ragione ; ma si dimenticano di spiegarci perchè mai, in questo peggioramento, l' Italia debba trovarsi sulla stessa linea della Francia e del Belgio e debba anzi molte volte precederle. Che l' Inghilterra e gli Stati Uniti, o per essere più esatti che i banchieri inglesi ed americani non abbiano fiducia nelle valute dell'Europa. continentale è cosa perfettamente logica. Ma quei banchieri sanno fare, anche fra Stato e Stato del continente europeo, le loro distinzioni ; e se in Italia la situazione finanziaria, la pacificazione interna, l'autorità dello Stato, i rapporti internazionali fossero così radicalmente migliorati come ci vien decantato tutti i giorni, quei banchieri avveduti, i quali non hanno l'abitudine di cedere a sentimentalismi ed a simpatie, dovrebbero preferire la lira italiana in confronto del franco belga e francese, minacciati dalla disastrosa avventura della Ruhr, che ha aperto nei bilanci dei due Stati delle falle spaventose e li espone a pericoli enormemente . ' . ptu gravi. In realtà rialzo dei prezzi ed inasprimento dei cambi, oltre che da cause ,generali comuni a tutta l'Europa, dipendono anche da tutto ciò che permane di oscuro, di ambiguo, di oscillante in tutta la nostra politica. Come in materia do- .ganale ed in generale in tutta la politica economica si passa dalle affermazioni e dai tentativi liberistici alle forme più viete d' intervenzionismo, come in poli- • tica finanziaria alle economie più dolorose si contrappongono spese nuove da gran signori, così in politica interna le affermazioni di ritorno ali' ordine, alla pace, alla libertà disciplinata sono ogni giorno contraddette dalle denuncie di congiure e complotti e dalle minaccie di nuove violenze; ed in politica estera accanto alle dichiarazioni ufficiali di rispetto ai trattati, di ferma volontà di pace, di collaborazione volonterosa per la ricostruzione europea, si rinnovano ad ogni passo le affermazioni d' imperialismo e le minaccie sorde od aperte contro i vicini d'Oriente. Cambi e prezzi, politica doganale, politica interna e politica estera sono tutti fenomeni strettamente connessi fra loro e che non si possono separare. Quando in materia doganale si esige che l'esempio della diminuzione delle tariffe \ I Biblioteca Girio Bianco I

308 LA CRITICA POLITICA sia dato dal vicino, e nell'attesa si seguita ad aumentare le proprie armi di difesa e di offesa, si segue lo stesso criterio politico che ha sempre trionfato in materia militare ed ha determinato tante rovine. In realtà non si possono perseguire fini inconciljabili : o si vuol essere imperialisti e prepararsi a trarre tutti i vantaggi territoriali dai conflitti che si delineano all'orizzonte, e allora bisogna rinunciare alle fisime del pareggio e della libertà, e ricostruire, anche in materia economica tutta la bardatura di guerra; o si vuole sinceramente la ricostruzione, la pace, if ritorno alle condizioni normali degli scambi internazionali,. e bisogna cominciare a dare l'esempio del d·isarmo e della coraggiosa abolizione di tutti i reliquati di guerra. GINO LUZZATTO L'IMPOSTA SUL VINO Nelle alte sfere burocratiche del Ministero delle Finanze si deve avere il contadino in grande uggia: quando ancora i vivo il malcontento per l' obbligazione dell'imposta di RiccheZZ(!, Mobile sui redditi agrarii, sopraRgiunge inatteso l'inasprimento dell'imposta sul vino, con una sensibile . restrizione nelle esenzioni finora concesse. Con la vecchia legge chi fra i contadini mezzadri e i proprietari coltivatori produceva meno di cinquanta quintali di vino aveva la franchigia di un quintale per ogni membro dalla famiglia di età superiore ai quindici anni. Con questa formula si rendeva necessario un lavoro abbastanza gravoso di controllo sulle denuncie, ma i contadini mezzadri che hanno in genere numerosa famiglia venivano a godere l'esenzione su un quantitativo di vino variante da cinque a dieci quintali. • Per eliminare il lavoro buracratico di controllo si è adottata una nuova formula: i produttori diretti godono di un'esenzione su cinque quintali se producono meno di venti quintali, e su tre se producono più di venti quintali e meno di quaranta. Con il raccolto abbondantissimo, che si prevede per la vendemmia prossima, il beneficio dell'esenzione viene ad essere tolto o ad essere grandemente ridotto a un gran numero di famiglie coloniche, acuendo il disagio morale nelle campagne. Nel volgere di pochi mesi, con provvedimenti governativi, si è addebitata ai coloni la metà della spesa per l'assicurazione infortuni, si è istituita in modo tumultuario la imposta sui redditi agrarii e si è inasprita l' imposta sul vino: contemporaneamente, con un provvedimento in sè ottimo, si è abolita la tassa di successione sulle eredità famigliari a beneficio quasi esclusivo.. dei proprietarii f ondiarii che erano i· soli ad essere colpiti da quest(!, .tassa nella sua integrità. Questo riavvicinamento il contadino, che ha le scarpe grosse e il cervello fino,· fa spontaneamente, e ne conclude, sia pure arbitrariamente, che il Governo dei padroni per levare ai padroni la tassa di successione ha messo su le altre tasse. Tutto ciò non giova certoa quella pacificazione degli animi che. nelle campagne è una necessità assoluta : e il Governo, che 6i propone di instaurare l'ordine e di garantire così lo sviluppo della produzione, frustra con questi provvedimenti tributarii i suoi scopi. IL PASSANTE Biblioteca Gino Bianco

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