la critica politica - anno III - n. 6 - 25 giugno 1923

.. LJ\ CRITICA POLITICA RIVISTA. MENSILE ANNO III. 25 giugno 1923 F ASC. 6. La situazione finanziaria Fecero grande impressione e vennero vivacemente oppugnate dai giornali ufficiosi alcune osservazioni al discorso del ministro De Stefani sull'opera finanziaria del governo che il prof. Attilio Cabù;r,tipubblicò nella Stampa di Torino. Il nostro chiaro collaboratore completa ora quelle sue osservazioni in questo studio sul quale richiamiamo tutta l'attenzione dei lettori. I. - Per stimare con conoscenza di causa la nostra situazione finanziaria, giova poggiarsi su questi elementi di fatto : · 1 °) Dal 1920-21 ad oggi l' economia pubblica è andata migliorando in modo continuo. Il disavanzo di quell'esercizio saliva a 14.633,9 milioni: esso era ridotto a 5.300 milioni in cifra tonda nel 1921-22, ed a 4000 milioni nella previsione Peano per l' esercizio 1922-23, che finisce al 30 giugno corrente. Un progresso dunque di 10.600 milioni in tre anni, dovuto per circa 5000 ~ilioni all'abolizione del prezzo politico del pane; per i residui 5600 milioni, ad altre economie ed alle imposte; un miglioramento medio, dunque, per quest'ultima parte soltanto, di oltre 1800 milioni all'anno ; 2~) Quando, alla fine d'ottobre 1922, il fascismo salì al potere, trovava la situazione finanziaria avviata risolutamente verso la convalescenza, se non verso la guarigione, in doppia guisa : e, cioè, non solo per la riduzione sopra indicata del disavanzo, ma altresl perchè il bilancio ormai poteva appoggiarsi., come caposaldo, sull'equilibrio fra entrate e spese effettive ordinarie, le quali non sol.o si pareggiavano, ma lasciavano un super attivo. Onde il ministro del Tesoro del nuovo Ministero, il compianto on. Tangorra, era in grado - sulla base dello stato di cose lasciato dal Ministero precedente - di costruire il preventivo per l' esercizio venturo, 1923-24, riducendo il disavanzo a 3587 milioni, poggiandolo quasi completame11:te sulle « entrate e spese effettive >. Il disavanzo, difatti, sommava a 3558 milioni in questa parte del bilancio ; mentre le < costruzioni · ferroviarie > e le < partite di giro >, si pareggiavano ali' entrata e alla spesa) ~d il < movimento di capitali > segnava un' eccedenza passiva di soli 29 milioni. E, per di più, nelle < entrate e spese effettive> la parte < ordinaria > presentava un avanzo di 725,3 milioni. È a questo punto che incomincia la sua opera il nuovo Ministero. 3°) L'attuale ministro pel Tesoro e le Finanze, on. De' Stefani, ha· I Bibli .teca Gino Bianco

246 LA CRITICA POLITICA presentato il nuovo preventivo pel 1923-24 con un disavanzo effettivo di 2616 milioni, a cui - come si' rileva dagli Allegati (pag. 211) - vanno aggiunti 100 milioni di maggiore spesa per rifornimenti militari, e quindi un totale disavanzo di 2716 milioni. Il disavanzo effettivo trovato dal1' on. Tangorra essendo di 3558 milioni, il miglioramento apportato dal Ministero fasci sta nella sua azione dal novembre 1922 scorso ad oggi, è di 3558-2716==842 milioni. Di cui, come si rileva dagli Allegati, 442 milioni sarebbero dovuti al normale incremento delle entrate (imposte e tasse) e 400 milioni ad economie.· A questo punto, però, si deve rilevare un primo errore. Le entrate effettive previste nel bilancio Tangorra erano di 15.002 milioni: quelle segnate nel bilancio De' Stefani salgono 15.565 milioni. Il maggior incremento delle entrate somma dunque a 563 milioni, a non 442 milioni, come ha rilevato il senatore Wollèmborg nel suo poderoso discorso al ~ Senato. Sicchè le economie - come parimenti si rileva dal calcolo - scendono a 279 milioni (e 563-279 dà appunto 842 milioni). Chè se poi si tiene presente che, nella presunta riduzione del disavanzo ferroviario, 100 milioni sono dovuto ali' aumento delle tariffe - e cioè a maggiori entrate, e non a riduzione di spese - tutto il frutto delle economie ministeriali diventa di 179 milioni. Sempre qualora le previsioni si realizzino. · Il. - Questo il risultato aritmetico, quale si ottiene accettando ad occhi chiusi le cifre del Ministro. · Dico così, perchè sia nel suo discorso di Milano, sia davanti alla Camera dei Deputati, l'on. De' Stefani presentò delle cifre, non un bilancio. Le < note di variazione > al bilancio Tangorra vennero poi date in ponderosi volumi il 20 ·maggio scorso, quando la Camera aveva già iniziato la discussione in materia e la Commissione di Finanza del Senato, costretta a depositare sollecitamente la propria relazione, non poteva tenerne conto : onde ripetutamente il relatore, on. prof. Carlo Ferraris, rileva che per molte parti deve accettare le cifre ministeriali < per atto di fede >. In realtà, poi, tutti quelli che in Senato discussero la parte finanziaria del preventivo 1923-24, opinarono che il disavanzo sarà maggiore delle previsioni ministeriali: così gli on. Carlo Ferraris e Wollemborg, che fu il critico più forte. E lo stesso on. Luzzatti - dopo avere lamentato le critiche mosse al ministro delle finanze ed aver sentenziato che esse sono < la potenza degli impotenti >, sul qual giudizio io non discuterò perchè in materia d'impotenza riconosco senz'altro l'autorevolezza del1' on. Luzzatti - finì col concludere che il disavanzo, a suo avviso, deve superare la cifra ministeriale. Mancando a me - come a tutti sin qui - gli elementi di giudizio, di tutte le cifre addotte dal .Ministro posi e pongo senza esitazione senz' altro in quarantena solo le due seguenti : 1 °) nelle < economie >, quella di 78 milioni per minore acquisto di ·Biblioteca Gino Bianco

tA SITUAZIONE FINANZIARIA 247 tabacchi. Qui non vi è più dubbio· ora, perchè l'on. De' Stefani in Senato ha dichiarato < che non_si tratta di economia», ma di minore spesa, date le scorte accertate. La minore spesa troverà quindi ~el conto consuntivo la contropartita nella minore consistenza patrimoniale di merce a magazzino.· Siccome però i 78 milioni erano stati computati per cal- ,.. colare il miglioramento del bilancio (Allegati, pag. 211), cosl ora bisogna defalcarli; 2°) nelle< entrate effettive straordinarie» sono segnati in bilancio 1000 milioni come frutto dell' indennità tedesca pel 1923-24. Dal 1919 ad oggi la Germania ci ha consegnato per meno di 1500 milioni fra danaro e merci. Quella cifra di un miliardo venne segnata evidentemente < a calcolo > tanto per far quadrare il bilancio. Il senatore Einaudi ha stimato che la cifra ragionevole da iscriversi per questa voce sia di 250 milioni. Se ne calcolino per ottimismo 300, e quindi si devono togliere 700 milioni. Su questo punto, del resto, l'opinione è pacifica. Ed .allora, anche accettando tutte le altre previsioni ministeriali senza eccezioni di sorta ( e chi legga la relazione perspicua dell'on. Ferraris ed il poderoso discorso dell'on. Wollemborg non può non provare numerosi dubbi) e limitandoci a questi due rilievi che mi sembrano equi e ragionevoli, abbiamo : disavanzo effettivo ministeriale . . . . . . sopravvenienza passiva . . . . . . . . . minore economia della prevista . . . . . . minore entrata sul previsto . . . . . . . TOTALE DISAVANZO PRESUMIBILE 2.616 milioni. 100 > 78 > 700 > 3.494 milioni. Ritorniamo a grandi passi, cioè verso il disavanzo trovato dall'on. Tangorra. E se poi teniamo an'cora presente che nei 261.6 milioni ministeriali non sono calcolati 300 milioni per costruzioni ferroviarie - e che daranno origine ad altrettanto debito ..:...c._i troviamo a 3794 mili on i, cioè ad una situazione peggiorata di fronte al bilancio Tangorra, in cui nella voce "costruzioni ferroviarie,, l'entrata pareggiava la spesa. Nè si dica che, contro queste cifre, stanno alla spesa 1233 milioni per interessi sui debiti interalleati, i quali non verranno pagati e quindi miglio- ~ reranno la situazione. Questa spesa si trova già calcolata nel bilancio Tangorra, e quindi, a gli effetti del confronto, non ha nessun peso. Varie riflessioni sarebbero da fare in proposito. Sarà opportuno in ogni modo tenerla in riserva per le sopravvenienze passive, le quali, come vedremo, serbano -sempre delle ingrate sorprese. III. - Sin qui ho fatto dei calcoli seguendo al passo le cifre ministeriali. Esse, come ho detto, non erano controllabili e lo saranno solo dopo avere compulsato le nuove < note di variazione >. Per fare qualche controllo, io partii allora pubblicamente da un elemento di controprova. Nel suo discorso tenuto a Milano, l'on. Ministro aveva detto : < Nei giorni in cui il Parlamento ci delegava i suoi\ poteri, il Bibli teca.Gino Bianco

248 · LA CRITICA POLITICA disavanzo dell'esercizio 1923-24 fu previsto in 3.586 milioni, e, tenuto conto di oneri non ancora valutati in bilancio, in 4 miliardi. L'uso della libertà che ci venne concesso e l'ordinaria opera di governo ci permettono oggi di prevedere per l'esercizio 1923-24 un disavanzo di 1.187 milioni, con un miglioramento reale· di 2813 milioni in confronto al disavanzo già calcolato nel novembre scorso. Se per rendere tuttavia comparabile l'antico ecf il nuovo disavanzo si volesse tenere conto dei 750 milioni, già stanziati in bilancio per il pagamento in contanti dei danni di guerra e sostituiti ora dall'onere di 76 milioni, derivanti dall'operazione finanziaria poc'anzi accennata, il miglioramento scenderebbe da 2813 a 2139 milioni>. Come si vede, qui si prendono le mosse da un disavanzo di .4000 milioni: superiore cioè, per 413 milioni al disavanzo complessivo Tangorra di 3587 milioni. Rifacendo i calcoli su questa cifra di 4000 milioni, viene : disavanzo previsto . . . . . . . . . . . maggiori spese inscritte più tardi in bilancio. . economie . . . maggiori entrate. a dedurre . . . TOTALE. . . . 1596 milioni 442 > 2038 DISAVANZO NETTO 4000 milioni 1217 > 5217 > 2038 > 3179 milioni; superiore per 463 milioni a quello indicato dal Ministro in 2716 milioni. Le ipotesi possibili sono due. O la sopravvenienza passiva di 413 milioni, che porta il disavanzo Tangorra da 3587 a 4000 milioni, è inclusa nelle maggiori spese d.i 1217 milioni, calcolate· più tardi ; ma allora quel punto di partenza assunto dal Ministro resta arbitrario ed assurdo. Se difatti, rivedendo i conti Tangorra, erano venute a presentarsi man 1nano nuove spese per 1217 miliQni, perchè prendere com·e base di partenza pel calcolo proprio 4000 milion.i, anzichè 3800, o 4200, o una qualsiasi altra cifra fra i 3587, e i 3587 + 1217 ? Era evidente in tal caso che il punto di partenza doveva essere quello dei 3587 milioni, ai quali si aggiungevano i 1217 1nilioni di maggiori spese e da cui si toglievano i 2038 milioni di economie e maggiori entrate. Ma in tal caso tutti i calcoli fatti nel discorso di Milano e sopra riportati, crollavano come un castello di carta ! · Oppure è vera un'altra ipotesi. I calcoli delle 1naggiori spese e delle economie ·e maggiori entrate partivano giustamente dai 4000 milioni enunciati dal Ministro. E allora, per giustificare e questa cifra iniziale e i 2717 · milioni di disavanzo effettivo, si deve ritenere che i 413 mi1ioni di sopravvenienze passive siano. stati portati fuori di bilancio fra i < residui passivi >, oppure caricati sul bilancio dell'esercizio in cors9 -t 922-23. Questo il dilemma al quale non si sfugge. Io insistei su di esso1Biblioteca Gino Bianco . I I

LA SITUAZIONE FINANZIARIA 249 proprio per avere una dichiarazione ufficiale, che non venne. E se, dei due corni del dilemma, mi attenni al secondo, anzichè al primo, fu per queste tre considerazioni : 1 °) perchè non posso ritenere che un uomo come l'on. De' Stefani, parlando in pubblico, abbia preso pei suoi cal- -coli un punto di partenza del tutto arbitrario, solo per far figurare un miglioramento più grande del reale ; 2°) perchè la dizione dell'Allegato n. 112 (pag. 210 in fondo) conferma questa ipotesi, non certo sfavorevole ·al Ministro; 3°) perchè può trattarsi di sopravvenienze passive (non sappiamo quali siano) che si prestavano al loro passaggio nei residui, sistema non nuovo nella storia dei bilanci italiani. Ed in tal caso il Ministro era e resta giustificato a partire dai 4000 milioni, ed a calcolare il < disàvanzo effettivo > in 2717 milioni ; precisamente per la stessa ragione, per cui è giustificato < contabilmente > nel dichiarare un < disavanzo reale> di 1287 milioni, avendo portato 1424 milioni del disavanzo effettivo nel < movimento capitali>, mediante 1' operazione del debito per il risarcimento ai danneggiati di guerra. Siccome però io voglio invece misurare, come disavanzo, il peggioramento nel patrimonio dello Stato, devo tener conto anche dei 413 milioni - siano essi caricati sui residui passivi, o sul bilancio dell'esercizio in corso - ed in tal caso abbiamo : disavanzo effettivo enunciato . sopravvenienza passiva . . . . . • • . . • • • • . . • • nuove sopravvenienze passive. . . . . . . minor economia della prevista . . . . . . minore entrata sul previsto. . . . . . . . TOTALE DISAVANZO PRESUMIBILE. 2616 m~lioni 100 > 413 78 700 > > > 3907 milioni. Del resto, come abbiamo già visto, computando i 300 1nilioni di debito per costruzioni ferroviarie, anche senza questi 413 milioni siamo già di fronte ad un disavanzo effettivo di 3794 milioni. IV. - Il problema fondamentale della nostra finanza oggi è duplice: l 0 ) migliore accertamento delle fonti di entrata; 2°) riduzione delle spese. Anche in questo campo il fascismo, salendo al potere, trovava i principt di condotta chiaramente tracciati da quel gruppo di economisti liberali e liberisti, i quali, con opera ostinata, da anni andavano comf?attendo contro la legislazione finanziaria di guerra: ed a favore di una riforma nello accertamento dei tributi diretti (di cui la gran linea resta tracciata nei progetti Meda-Tedesco-Soleri) ed avevano impresso nella opinione pubblica il concetto che la tassazione oramai è giunta in Italia, come aliquot~, ad altezze stravaganti, sicchè il miglioramento del bilancio risiede in gran parte nel riordinamento amministrativo, con conseguente riduzione delle spese pubbliche. • • iblioteca Gino 81. neo '

• 250 ' LA CRITICA POLITICA Il ministro De' Stefani - che è un liberista con la camicia nera - segue nettamente questa duplice via: tna nella riduzione delle spese urta contro difficoltà, di cui è giustizia rendersi chiaro conto. Onde non è · affatto con animo di critica che qui faccio i rilievi seguenti. Co1ne abbiamo visto, tutta l'opera fascista s-in qui si riduce a < prevedere > per il futuro esercizio finanziario 179 milioni di economie. Questa esigua cifra, su un bilancio che fra parte effettiva e movimento di capitali muove alcune diecine di miliardi di lire, merita riflessione, ove si tenga presente che l'attuale governo ha lavorato vigorosamente di scure in molti campi : soppressione del Ministero per le terre liberate e di quello del lavoro; fusione del ministero del Tesoro con le Fin'anze; eliminazione di non pochi sottosegretariati ; riduzione energica di preture, tribunali e Corti d' appello ; riforme nella pubblica sicurez- , za; riforma scolastica, con riduzione di scuole, ecc. ecc.; licenziamento di diecine di migliaia di ferrovieri; tagli vigorosi in quasi tutti i dicasteri. Ora se, malgrado tutte queste economie, in parte ragguardevoli effettuate ed in parte in corso di esecuzione e prestabilite per l' entrante 1923-24, l'economia si riduce in tutto e per tutto a 179 1nilioni, segno è che altri impegni sostituiscono quelli che vengono a 1nancare e forzano la mano alla più energica volontà. · Quando tutti i documénti contabili saranno a nostra disposizione, potremo aver una chiara idea delle cause, che generano questa apparente contraddizione. Molto gioverà altresì il conoscere - a suo tempo - il consuntivo dell'esercizio in corso, che sta per scadere al 30 corrente giugno. • Del resto teniamo presente che le sole spese per l'esercito e la marina portano nel nuovo bilancio, di fronte a quello Tangorra, un aumento di spesa di 1250 n1ilioni. · Come avvertii in principio, l'on. Peano, ministro del Tesoro nel precedente Gabinetto, aveva previsto il disavanzo di questo esercizio in 4000 milioni. L' on. De' Stefani annunciava a Milano che tale previsione - malgrado un gettito di imposte superiore al presunto - avrebbe peggiorato di 600 milioni, senza indicare le ragioni. Guardando i < co'nti del Tesoro > · dal luglio 1922 all' aprile scorso (ultimo conto sin qui uscito), si ha che nei primi 1O mesi dell'attuale esercizio si sono incassati 76.446 milioni e se ne sono pagati 75.073, aumentando così la cassa del Tesoro di 1373 milioni. Ma tale incremento è stato raggiunto con un peggioramento patrimoniale di 3770 milioni, un supero di 76 milioni nelle partite di giro, ed un peggioramento di 2378 milioni nella situazione del Tesoro (differenza fra gli incassi ed i pagamenti in conto debiti e crediti di Tesoreria). Solo cos) si è potuto fronteggiare un disavanzo fra- entrate e spese effettive, salito a 4717 milioni di lire, quello per le costruzioni ferroviarie - che ammonta 134 Biblioteca Gino Bianco •

LA SITUAZIONE FINANZIARIA 251 milioni - e cioè complessivamente. uno spareggio di 4851 milioni, ed avere l' indicato avanzo di 1373 milioni in cassa. Difatti si ha: peggioramento patrimoniale . . . . . . . > del Tesoro . . . . • • • • supero nelle partite di giro . . . . . . . · TOTALE dedurre: disavanzo effettivo e ferroviario . . RESTANO IN CASSA. 3770 milioni 2378 > 76 > 6224 milioni 4851 > 1373 milioni Non essendo note le cause del disavanzo < ·effettivo > di 4 717 milioni, non è possibile trarre nessuna conclusione. Resta il fatto, con1e resta l'altro che, dopo tanti tagli e tante economie dolorosissime anclJe sotto l' aspetto u1nano ( 1), ben modesto è il vantaggio effettivo che se ne attende per il pubblico bilancio. L'argomento merita un esame ed una trattazione a parte, per la sua importanza sotto molteplici aspetti econom1c1 e sociali. ,, V. - Quanto qui ho cercato di prospettare, nella forma più sintetica e chiara che mi era possibile, pennette di trarre un giudizio generale, che si può riassumere nei seguenti concetti : 1 °) il bilancio dello Stato dal 1920-2 l ad oggi prosegue nel risanamento progressivo, grazie ali' abband9no delle bardature di guerra ed alla energica tassazione, magnificamente sopportata dal contribuente italiano; _2°) il disavanzo effettivo del 1923-24 si aggirerà probabilmente fra i 3700-4090 milioni di lire; 3°) per il momento, il debito dello Stato continuerà ad aumentare, sia in proporzione dei disavanzi, sia a n1ano a mano che vengono a maturazione gli ancora cospicui ~ residui passivi >, dei quali molto opportunamente l' on. De' Stefani sta facendo eseguir.e la revisione, in confronto di quelli attivi ; 4 °) l' azione· amministrativa e fiscale può venire rit~rdata, od accelerata, da elementi esteriori e principaln1ente da due: a) il modo con cui verrà risolvendosi la pesante situazione bancaria, creata dalla liquidazione degli organismi industriali e creditizi in crisi; b) dalla soluzione· pi_ù o meno sollecita che riceverà il problema franco-tedesco. Solo una deliberazione equa e soddisfacente, la quale assicuri i diritti esigibili della Francia, permettendo il risorgere della Germania, potrà dare all'~conomia europea il credito e l'energia che, estendendosi su tutto il Continente, garantiranno un nuovo periodo di ripresa industriale e commerciale, fonte unica della ricchezza privata e di larghe disponibilità pubbliche. ATTILIO CABIATI (1) Considerevole è, a questo riguardo, la proposta dell'on. Luzzatti per ridurre i danni del licenziamento di 50.000 ferrovieri. Biblioteca Gino Bianco

• \ La riforma elettorale del Governo La riforma elettorale che ora la Ca.mera dovrà approvare ha una spiegazione ed \lna giustificazione sola : serve al governo. Mussolini continua con essa la sua rivoluzione e dà mano praticamente alla riforma costituzionale tante v~lte annunciata. Il valore politico della riforma è appunto nel fatto che rovescia i rapporti tra il Governo e il Parlamento, trasformato in organo puramente consultivo e in strumento della volontà governativa. • Il progetto di riforma stabilisce le seguenti innovazioni nel sistema elettorale : A) fa di tutta la nazione un unico col/egio, conservando le circoscrizioni regionali solo per la indicazione dei candidati delle varie liste e per l'assegnazione dei mandati. Le liste debbono essere nazionali e vengono riconosciute come tali solo quando concorrano con propri candidati in almeno due circoscrizion;i regionali. Non avrebbe così diritto a concorrere alle elezioni quella organizzazione politica la quale dovesse limitare la presentazione di propri candidati in ·una sola circoscrizione. Il Partito Sardo di Azione, per esempio, si troverebbe in tali condizioni. Ogn•i lista deve essere presentata da almeno mille elettori iscritti nella circoscrizione. - . B) alla lista che nazionalmente ottiene nei confronti colle altre liste il maggior numero di voti sono assegnati i due terzi dei mandati. L'assegnazione dei posti ai candidati di tale lista è fatta in base al quoziente nazionale della lista stessa il quale si ottiene dividendo la somma dei voti da essa ottenuti per 356, numero dei mandati spettantigli. Si attribuiscono poi successivamente alla lista tanti posti per ciascuna circoscrizione regionale quante volte il quoziente è contenuto nel numero dei voti ottenuti dalla lista nella circoscrizione stessa. Quelli dei 356 posti che non risultassero in tal modo attribuiti, lo saranno in base ai resti· maggiori. Per la graduatori~ dei candidati di ogni lista viene mantenuto il sistema della preferenza : ogni elettore ha la facoltà di scrivere sulla scheda una preferenza. C) tutte le altre liste di minoranza concorrono alla ripartizione dei rimanenti 179 mandati (i deputati sono 535) Per tale ripartizione la somma dei voti ottenuta complessivamente da ogni· lista nelle varie circoscrizioni del regno (il progetto ne fissa un massimo di 20) non ha nessun valore. Per ogni circoscrizione restano destinati alla ripartizione delle minoranze quei soli posti che non siano stati assegnati alla lista prevalente. Si fa cioè la somma complessiva dei voti ottenuti da tutte le liste di minoranza nella circoscrizione, la si divide per i posti rimasti e il risultato costituisce il quoziente di minoranza di ogni circoscrizione. Siccome ogni lista di candidati non può contenere più dei cinque sesti del nuI BibJiotecaGino Bianco

• LA RIFORMA ELETTORALE DEL GOVE~NO 253 mero dei deputati da eleggersi in ogni· c1rcoscnz1one, così almeno un sesto dei posti resterebbe a ripartire tra le liste di minoranza. Queste le linee essenziali della riforma. Passiamo ora a fare alcuni rilievi. Schematicamente. 1 • 1 °) La riforma elettorale che sta per adottarsi è un espediente del Governo di Mussolini per conservare quasi stabilmente il potere. È però anche un ulteriore sviluppo di quel processo di accentramento statale che il fascismo - contrariamente alle sue premesse e smentendo le affermazioni fatte subito dopo la sua marcia di Roma - sembra destinato a portare con grande rapidità al punto di saturazione. La volontà dittatoriale di Mussolini si concilia con le esigenze di governo di uno Stato accentrato : cioè poteri ristretti, stabili, autoritari. Donde il progetto il quale segue esattamente la logica centralista. Dove unica è la legge, anica la finanza, unica l'amministrazione, si doveva arrivare al Collegio elettorale unico. Il fascismo non fa che portare questa logica fino alle ultime conseguenze : nel sistema elettorale e nella costituzione del governo. L'antitesi tra accentramento e democrazia si pone _così nettamente. Ma i democratici non lo hanno ancora capito! 2°) I partiti organizzati nazionalmente sono in massima favorevoli al collegio unico. Ciò è molto naturale. In ogni paese l'organizzazione dei partiti finisce col modellarsi sul sistema dell'organizzazione dello Stato. E segue la stessa evoluzione. Anche nei partiti che partono da premesse democratiche la tendenza è a trasformarsi in organismi oligarchici, fortemente accentrati e burocratizzati. Il collegio unico valorizza indubbiamente i partiti e in quanto accresce il loro potere, la loro influenza (relativa sempre) nel paese, offrendo la possibilità di guidare dal centro la lotta elettorale, di decidere della scelta di coloro che -dovranno essere eletti e di disciplinare la loro condotta, non può non essere dai partiti ritenuto come un perfezionamento ed un mezzo di progress'o nell'educazione politica del paese. La centralizzazione antidemocratica è per alcuni partiti di masse (partito socialista e partito popolare, questo fautore del decentramento tra l'altro) una necessità tattica per raggiungere più facilmente fini democratici. È possibile dimostrare che l'essenza oligarchica dell'organizzazione determinerà sempre una politica oligarchica. 3°) Il primo risultato della riforma sarà quello di separare definitivamente il paese dagli organi del suo governo. Il Parlamento non era già l'espressione dell'anima, dei sentimenti e, più, degli interessi della Nazione. Col, nuovo sistema ne sarà addirittura la contraffazione. Non rappresenterà la Nazione nella divisione, nella varietà e nella difformità degli interessi e nemmeno nella sua divisione in partiti politici. Per ora i partiti organizzati rappresentano solo una minoranza trascurabile della popolazione. Il partito socialista, partito di masse, nel periodo del suo maggiore sviluppo, quando sembrava prossimo in Italia il trionfo del bolscevismo, non contava molto di più di 200 mila tesserati ! 4°) La rappresentanza parlamentare di do"mani non potrà, in nessun modo, riuscire per· i suoi due terzi diversa da quell_a che l'avrà voluta la dittatura del Presidente del Consiglio e forse non solamente per i due terzi. Si sa quali e quanti mezzi il Governo abbia per fare le elezioni. Non ricordiamo che si sia dato il caso, in Italia, di un Governo che facendo le elezioni ne sia uscito nettamente battuto. Mussolini, è evidente, non pensa di correre tale pericolo. Se le elezioni politiche si faranno poi nel modo con cui sono state fatte e si fanno Biblio .eca Gino Bianco

254 LA CRITICA POLITICA ancora le elezioni amministrative sotto il regime fascista, è probabile che non si riesca a trovare fuori della lista fascista candidati in numero sufficiente per coprire i posti riservati all'opposizione. E non è detto che il partito del Governo non pensi di occupare, come ha fatto per le elezioni a1nministrative, anche i posti di minoranza con altre liste proprie ! Si deve poi tener conto che solo la lista del Governo ha la possibilità di presentare - in un paese come l' Italia dove la situazione dei partiti politici organizzati varia profondamente da regione a regione - una lista di candidati propri per tutte le circoscrizioni del regno, specialmente se in ogni c'ircoscrizione occorreranno per la presentazione delle liste dichiarazioni firmate da almeno mille elettori e debitamente autenticate. Può darsi che qualcuno s' illuda che il Governo abbia preparato con questa riforma l'arma che lo colpirà (1). Nulla è impossibile, per quanto sembri difficile che un Governo si disponga a· fare le elezioni senza sapere di avere la forza-per farle. L' immoralità del sistema è nel fatto che, contro ogni principio di giustizia distributiva, permette ad una minoranzà anche piccola del paese di assicurarsi la maggioranza schiacciante della Camera (2) e insieme l'assoluto dominio per tutta la legislatura, senza possibilità di çontrollo o di cambiamento di Governo quando la situazione politica sia mutata. Il partito dominante può fare della nazione e dello Stato quello che vuole I 5°) Praticamente la maggioranza - per quanto distinta in diversi partiti politici· organizzati - sarà rappresentata dai 179 deputati della minoranza i quali si ripartiranno però, in modo molto ineguale. I partiti che, solo per distinguerli da. quello prevalente, chiameren10 di minoranza sono giocati due volte con questo sistema che pare congegnato apposta (e di fatto lo è) per annullare tutte le opposizioni : nella prima e nella seconda ripartizione dei mandati. L'applicazione della proporzionale nei limiti di ogni circoscrizione preparerà alle liste di minoranza sorprese, qualche volta atroci. Liste che avranno ottenuto in alcune coscrizioni votazioni rispettabili si ritroveranno senza avere ottenuto nulla. Se il..quoziente nazionale della lista prevalente sarà molto basso, vi saranno circoscrizioni dove, la percentuale dei votanti essendo stata alta e le (1) Le illusioni sarebbero ben fondate, e cioè cesserebbero di essere tali, se il Governo non avesse esso, come abbiamo detto, mille modi per fare le elezioni e modificare a piacere la volontà. elettorale. Se non facesse assegnamento su la parte preponderante e decisiva che il Governo può esercitare nelle elezioni a favore dei candidati nessun conservatore oserebbe approvare la riforma J Il giorno in cui le elezioni dovessero farsi in libertà, questa riforma che dà la maggioranza anche ad una esigua minoranza diverrebbe estremamente pericolosa per le classi conservatrici Valga l'esempio. Nel 1921 si ebbero in totale 6.347.903 voti. Coi criteri della riforma che sta per approvarsi supponendo 6 liste, la lista che avesse avuto 1.100.000 voti otterrebbe 356 mandati e gli altri 5 milioni di elettori dovrebbero ripartirsi 178 mandati. Nel 1919 poi il partito socialista ~on i suoi 1.800.000 voti avrebbe avuto 356 deputati e quindi nelle mani lo Stato! (2) Il sistema maggioritario com'era applicato nel collegio uninominale esigeva che un candidato ottenesse la maggioranza assoluta dei voti perchè riuscisse eletto. E, dove nessun candidato otteneva tale maggioranza nella prima votazione, si faceva una seconda votazione di ballottaggio tra i due candidati che avevano ottenuto il maggior numero di voti. Col progetto governativo, invece, una lista che raccolga anche un voto solo di più di quelli raccolti dalla più fortunata concorrente, vede eletti 356 dei suoi candidati. Col sistema del collegio uninominaie il voto di un solo elettore poteva essere _decisivo per la riuscita o meno di un deputato; col sistema nuovo, dato il numero dei partiti politici in Italia, il voto di un solo elettore pub decidere della elezione di oltre trecento deputati I BibliotecaGino Bianco

,, LA RIFORMA ELETTORALEDEL GOVERNO 255 liste di minoranza avendo ottenuto votazioni imponenti, la lista nazionalmente prevalente con una votazione circoscrizionale mediocre si prenderà i cinque sesti dei posti. La lista prevalente avrà un quoziente unico molto basso per tutte le circoscrizioni : le liste di minoranza quozienti sempre alti, differenti da circoscrizione a circoscrizione, altissimi in alcuni casi. Le regioni verranno così a trovarsi sempre assai male e arbitrariamente rappresentate. Avverrà inoltre che un partito il quale abbia ottenuto solo 500 mila voti nazionalmente si veda, nella ripartizione dei mandati di minoranza, assegnato un numero di posti maggiore di un partito che abbia ottenuto una votazione molto più alta. 6°) Col nuovo sistema i piccoli gruppi di minoranza, i partiti poco e male organizzati, gl' interessi che nòn hanno la possibilità di concentrazioni distinte su larga base e che tuttavia, presi insieme, sono la grande maggioranza in un paese così poco uniforme come l' Italia, sono nettamente sacrificati. L'adozione di un quoziente regionale per le liste di minoranza, mentre non giova ad assicurare ad ogni regione la propria rappresentanza legittima nell'assemblea parlamentare, rende praticamente impossibile l'affermarsi nella lotta elettorale delle forze nuove e rinnovatrici della vita politica del paese. E qui facciamo punto. Sullo spirito e sui risultati della riforma possian10 anche dispensarci di dire di più anche per la scarsa importanza che attribuiamo alle lotte elettorali. O. ZUCCARINI FASCISMO, MONARCHIA E PARLAMENTO La Corona si è già assunta, nell'autunno, la, grave responsabilità di interrompere il duello tra l'ordine legale e la rivoluzione fascista, assegnando a ' questa la palma della vittoria. E chiaro che non vuole andare oltre, perchè non potrebbe, senza estremo pericolo, nell'anno di grazia 1923, in presenza di un'Europa quasi tutta repubblicana, tentar di ricostituire una monarchia semi assoluta spalleggiata da un manipolo di antichi socialisti rivoluzionari. Ma il partito oggi dominante non vuole neppure riconoscere nel Parlamento il potere da cui il ministero deriva la sua autorità. E poichè non ci sono che quei due principi di autorità, il dinastico rappresentato dalla Corona e il democratico, rappresentato dai corpi elettivi, il governo resta sospeso in aria senza una ' autorità ben definita, sapendo di dover pure dipendere da qualche altro potere, ma non sapendo da quale. Se non riesce a uscire presto da questa pericolante posizione, dovrà ricorrere alla forza, ossia tentare di costituire in Roma una specie di dittatura messicana, tra i due antichi poteri costituzionali - Monarchia e Parlamento - esautorati e ridotti ad oggetti di museo. Questo errore nella visione storica degli eventi è, secondo me, una delle maggiori debolezze del fascismo. G. FERRERO Bib.liotecaG. ino Bianco

.. · . • 256 LA CRITICA POLITICA Dell' imposta sui reditti agrarii Il mondo parlamentare e giornalistico è in _subbuglio per la riforma elettorale, e non dimostra di accorgersi menomamente delle ripercussioni che ha - specialmente nell'Italia centrale - l'applicazione della nuova imposta. Il Ministero delle Finanze, lanciato il Decreto che istituiva il nuovo tributo, attese due mesi e mezzo a pubblicare il Regolamento: passò· quasi un altro mese prima che fossero rese di pubblica ragione le tabelle pratiche per l'applicazione della tassa. I contribuenti stavano ancora cercando di capire il congegno della nuova tassa quando i. termini per la denllncia scadevano : i proprietarii denunciarono alla meglio in fretta e furia, cercando naturalmente di pagare il meno possibile: i contadini in qualche punto accolsero l' invito dei proprietarii a effettuare la denuncia, altrove non l'accolsero perclzè non capivano nulla della nuova tassa e sospettavano in essa una manovra padronalé compiuta ai loro danni. Seguendo i termini perentorii fissati dal Regolamento, le Agenzie in una ventina di giorni di febbrile lavoro doverono provedere tumultuariamente a una revisione delle denuncie e agli accertamenti di ufficio, per pubblicare prontamente i ruoli. Nel termine assegnato i proprietarii hanno preso cognizione degl'accertamenti a carico loro e a carico dei contadini, e si sono affrettati a preparare i ricorsi alle Commissioni di primo grado, invitando anche i contadini a fare altrettanto, spesso senza riuscirvi perchè nelle zone rimaste più rosse i contadini come· non avevano voluto denunciare il reddito non hanno ·voluto ricorrere. Dà gli accertamenti sommarii e frettolosi delle Agenzie sono uscite fuori sperequazioni patenti. che gli stessi funzionarii non negano, e ciò acuisce il di~agio della nuova imposta, perchè nulla è peggiore dell' ingiustizia tributaria, sia essa reale o apparente. L'agricoltore abituato all'imposta reale (sulla base del catasto o del numero dei capi di bestiami o della quantità di vino raccolto ecc.) trova sommamente arbitraria questa imposta, e l'averla applicata a colpi di decreto, con termini brevissimi, senza possibilità di discussione lo ha irritato: un raddoppiamento dell'imposta erariale sui terreni lo avrebbe fatto · mormorare, ma questo nuovo congegno con la sua frettolosa applicazione e con gl' inevitabili errori lo ha prof ondqmente irritato. , E per i proprietarii passi: essi non hanno fatto mai nè rivoluzioni ne reazioni. Il male grave e profondo è stato fatto in campagna, per i contadini, riaprendo piaghe appena cicatrizzate. Il contadino, che nell'immediato dopoguerra _ebbela sua rosolia rivoluzionaria e sognò la conquista del podere, con l'avvento del fascismo era tornato tranquillo al lavoro dei campi: ve lo avevano riportato le disillusioni dell'esperimento socialista, l'offensiva fascista, il cambiamento delle situazione economica. La sbornia bolscevica era passata quasi ovunque, lasciando pochi sedimenti. 1 , L'applicaziove della nuova tassa, che egli non riesce a capire neppure, ha rimesso in sobbollimento la campagna : il contadino, che per risparmiare una lira si fa dieci chilometri a piedi sotto il sole e la pioggia, non sa capacitarsi perchè debba pagare trecento o quattrocento lire all'anno di tassa sulla Ricchezza mobile, e.... se la piglia col padrone,-perchè per la sua mentalità il QoV~(no.è_il mandatario del padrone e perchè il padrone è quello che gli sta plU VlClnO • .la stampa ufficiosa parla di < disfattismo finanziario > contro chi ha rilevato e rileva l'errore politico della nuova tassa e contro chi denuncia gli errori pratici commessi: i sindacati nazionali sono costretti a non sbilanciarsi troppo nè contro la tassa per non mettersi in contrasto col Governo nè a. favore per non prendersi le antipatie, e.... purtroppo nelle campagne il risentimento si diffonde dando laogo a una situazione pericolosa di attrito fra proprietari e coloni, scavando un nuovo solco, attizzando il fuoco- che stava spengendosi sotto la cenere. IL PASSANTE BibliotecaGino Bianco

, • SITUAZIONI REGIONALI Il f ascismò a- Napoli Se si volesse ancora una prova che il regionalismo, più che una tesi politica, è una realtà insopprimibile della nostra vita nazionale, essa verrebbe data dall'esame dei vari partiti politici a Napoli. Socialismo e fascismo, prodotti d' importazione piccolo-borghese, hanno potuto avere qualche fortuna, assumendo un vivace colore locale. Il nostro popolo, cattolico ed idolatra, ha una fede sincera che si manifesta sotto la forma di saturnale. Piedigrotta, la celebrazione della festa della Madonna che sta nella chiesetta a piè del monte di Posillipo, celebrazione a suon di botte, con razzi, archi luminosi, lanterne veneziane e giapponesi, in un clangore stridulo e lacerante di trombette accompagnate dal sordo ritmo del putipù, è l'espressione più alta della sua religiosità. Qualche giorno prima della festa del santo del rione, i bambini e le ragazze vi assalgono per le strade questuando : Facile bbene a S. Gaetano o a S. Vicienzo. Ed i soldi raccolti vengono scrupolosamente im- . piegati per far bene al santo taumaturgo con una grande baldoria collettiva in suo onore. La chiesa cattolica ha in Napoli una rocca incrollabile della fede. Di questa psicologia hanno dovuto tener conto socialismo e fascismo, anzi per dir meglio, da que"Sto spirito essi sono stati necessariamente plasmati sorgendo e sviluppandosi come piante acclimatatesi nell'ambiente. Il socialismo, già affermatosi negli anni precedenti come strumento polemico a difesa della pubblica moralità, adoperato da un gruppo di avvocati intelligenti e di buona cultura per spezzare il groviglio di interessi oscuri che legavano i prefetti, attraverso la questura, alla camorra, (vedi le campagne dei settimanali Propaganda e Scintilla) ebbe il suo momento di gloria nel 1913. Già nelle lotte per il collegio di Vicaria, i socialisti per fare leva sulle masse avevano sperimentato .con esito . favorevole sistemi di propaganda che colpivano la iantasia popolare. Nel 1913, quando Napoli elesse quattro deputati socialisti, Ciccotti, Lucci, Labriola ed Altobelli, fu il popolo che prese la mano ai demagoghi, e rivesH di rosso tutte le vie della città, fece scoppiare in ogni svolta di vi~o centinaia di petardi festosi, innalzò archi di trionfo di splendenti lampadine rosse, s' innebbriò di canti vernacoli d'occasione improvvisati su note arie, cinse d' un nimbo d'oro di candele, sugli altarini delle strade, le immagini dei suoi deputati insieme a quelle dei santi miracolosi. Furono quelle le giornate più luminose del socialismo napoletano. ibli teca Gino Bianco '

... 258 LA CRITICA POLITICA Per due mesi, dall'entrata del Duce a Napoli, sino alla pubblicazione del decreto sui fitti, anche il fasèismo godette il favore popolare. Tutti erano rimasti entusiasti di Mussolini, in uniforme da pazzariello, con la sciarpa policroma di Capopartito a tracolla, accompagnato da tanti bravi ragazzi in camicia nera, che gridavano ad intervalli alalà, ed erano preceduti e seguiti da fragorose bande musicali. Per completare la · festa c'era persino la cavalleria pugliese di Caradonna. Se Mussolini avesse anticipato il colpo di stat~ di qualche settimana, in modo da farlo concidere con la festa di Piedigrotta, e vi avesse condotto tutti i suoi militi in parata, ripetendo il gesto di Garibaldi, forse · il . favore popolare avrebbe piantato più salde radici. Ac1 ogni modo, a colpo riuscito, una delle città più entusiasticamente fasciste fu Napoli, ed i pianini, tutti sfarzosamenti addobbati con grandi ritratti a colori _ del Duce, che faceva 'a faccia feroce, lanci aro no ininterrottamente ai venti, nelle vie popolari, le gaie note di Giovinezza. * * * A Napoli, il fascismo, come del resto in tutta Italia, aveva covato le sue uova sotto le retoriche screziate pi urne del dannunzianesimo, movimento di piccola borghesia sanguinante dalla guerra, avvilita dalla miseria dei redditi fissi quasi invariati e dal caroviveri sempre crescente, feroce nemica del proletariato ~d alti salari. Anche a Napoli, città di plebe, di artigiani e di esercenti, s'era f ormato un proletariato nell'ambiente artificiale della guerra. I cantieri, le fabbriche di munizioni e di materiale d'equipaggiamento, avevano assor- .bito molta mano d'opera non qualificata. Situazione precaria che doveva ben presto crollare, ma che facevano ritenere stabile le illusioni dell'ora. Scioperi continui nei servizi pubblici, richieste di nuovi aumenti di salario, avevano creato una organizzazione sindacale, presso la Camera Confederale, di quasi centomila inscritti. Il socialismo del 1919 aveva perduto quel carattere di giovanile baldanza e di generosa ribellione popolare che aveva avuto nel primo quindicennio del secolo. Era una cosa greve, senz'anima, ~orretta da una burocrazia di ambiziosi intriganti che si bisticciavano per strapparsi reciprocamente lo stipendio di capo lega o quello di corrispondente ordinario dell'Avanti!. Esponente di questa situazione, più che Misiano, meschina figura di riformista massone trasformato dalle pedate degli eventi in comunista, era Bruno Buozzi, il mandarino della Fiom, eletto anche a Napoli, che esercitava tutta la sua abilità di trafficante fra ministero ed industriali per puntellare la crollante baracca operaia napoletana. L' /Iva, già in crisi, cercava in quell'istante di salvarsi, gettando le sue ultime carte sul tavolo, e fomentava scioperi e iniziava serrate, per ottenere dal governo, con la minaccia di rivolte operaie napoletane, carbone a prezzi politici e nuove forni ture di Stato . Biblioteca Gino Bianco

IL FASCISMO A NAPOLI 259 Contro questo socialismo che viveva in "un'atmosfera di viltà, fece le sue prove la romantica affamata piccola borghesia. Bastò un ragazzo che agitasse uno straccio nero di fronte alle bandiere rosse, ed avesse un pugnale in bocca, per mettere in fuga centinaia di dimostranti. Gli arditi, bestemmiatori di Nitti, lanciatori di bombe, divennero il terrore -del popolino. Del resto una vera e propria lotta, con il trionfo di una delle parti, non vi fu. Gli arditi dannunziani rimasero un gruppetto che amava fare sfoggio di divise e funzionava da centro di rifornimento uomini per Fiume, e il socialismo, anzi l'organizzazione sindacale, si venne liquefacendo sotto il peso delle mutate condizioni economiche, della disoccupazione, della rovina delle grandi società siderurgiche. * * * Nel 1921 comincia ad assumere una figura propria il fascismo sotto la guida di Aurelio Padovani. Valoroso ufficiale dei bersaglieri, aveva fatto le prime armi in politica con la benevola protezione della 1nassoneria di cui era adepto. Nell'ottobre 1920 aveva partecipato al congresso . del Rinnovamento, uno dei vani tentativi dell'Associazione dei combattenti per assu1nere una precisa veste politica. Precedentemente era stato segretario di un costituendo partito radico-sociale, o qualche cosa di simile, di inspirazione .... giustinianea. Nell'anno seguente assume la direzione del movimento fascista, si bisticcia con alcuni esponenti della ·società degli arditi, viene in conflitto con i nazionalisti per la nota questione del tendenzialismo repubblicano. Quale forza rappresentasse il fascismo sino alla venuta di Mussolini .a Napoli, è difficile precisare. In fondo la popolazione ne ignorava l'esistenza. I socialisti, quelli che comperavano l'Avanti I, Io o diavano per sentito dire in seguito alla lettura delle commoventi descrizioni che il quotidiano faceva delle botte largamente ricevute dal loro partito in Alta Italia. Il ceto dei negozianti di Toledo pagava senza fiatare una certa tangente a favore· del sodalizio, che poteva rappresentare una quota d' assicurazione contro una eventuale ripresa del bolscevismo e degli svàligiamenti al 50 °lo-Gli impiegati e i professionisti vedevano con sitnpatia quelle cape gloriose di fascisti, per un residuo d'educazione borbonica che fermenta nell'animo delle classi dirigenti napoletane e si manifesta in commiserazione e disprezzo del p.opolo, considerato come una razza inferi ore incapace di vita morale, a cui bisogna regalare qualche soldo e affibbiare delle bastonate. D'altro canto bisogna confessare che il fascio non dava neanche troppo fastidio. Superbamente annidato sulla collina di Pizzofalcone, ali' imbrunire delle giornate di primavera inoltrata e d'estate, scendeva in massa compatta (200 persone in tutto) a Piazza Plebiscito. Suonava l'orchestrina all'aperto, dinanzi alla distesa dei tavolini 1nnondati di luce dai globi elettrici del Gambrinus, e nell'aria profumata Biblio eca Gino Bianco

260 LA CRITICA POLITICA le ·11-ostalgichenote si sposavano con il chiacchiericcio dei partenopei, dimentichi dei fastidi della giornata, e col tintinnare arguto dei cucchiaini sui bicchieri e sui vassoi. I grandi re nelle nicchie di Palazzo Reale ascoltavano in silenzio, irrigiditi nei loro gesti sol~nni. Il forte gruppo compariva ne11a piazza, guidato da Padovani (che in segno di suprema potestà agitava trionfalmente il bastone) e arrivato all'altezza del caffè; reclamava con ~nergia: Giovinezza I Giovinezza I E l'orchestrina attaccava Giovinezza, fra gli applausi dei sorbitori del gelato ; mentre i duecento giovani- soddisfatti l'accompagnavano con un coro robusto. · Padovani è un autoritario. Abitu_ato alla vita della caserma, ufficiale effettivo attualmente in posizione ausiliaria speciale, non tollera le discussioni, nè le sottili schermaglie procedurali.· Ha perciò una profonda e lodevole antipatia per gli avvocati; accompagnata da un certo tintore. Li - ha stroncati con malgarbo tutti, ad eccezione del Sansanelli, che dotato di una certa scaltrezza, s'era accontentato di una posizione secondaria, che non poteva offendere le suscettibilità del duce, e che gli permettev.a· di guidarlo a suo piacimento . . A~ momento buono è guizzato sulla seggiola di segretario generale del partito, ed ha mollato f adovani. La guerra agli intellettuali politicanti ha fruttato a Padovani tenaci inimicizie, non ultime quelle degli attuali dirigenti del nazionalismo che sono in parte dei rejetti del fascismo. Gli ha assicurato però l'ammirazione d'una larga schiera di ragazzi che guardavano sino a jeri il loro duce come se fosse un dio. Sino a jeri, e poi vedremo il perchè. * * * Un altro gruppo di avversari del Padovani erano gli arditi ed i legionari fiumani. Dissidio alirnentato da principio da competizioni personali, in seguito dal noto atteggiamento di Mussolini dinanzi alla questione di Fiume. Negli ultimi mesi,. prima del colpo di stato, i due gruppi giunsero a conflitto. Pretesto furono· le organizzazioni sindacali. Il fascismo napoletano, seguendo l' esetnpio del movimento del Nord, voleva creare le sue corpo- . . raz1on1. Abbiamo già detto che il socialismo napoletane;>, che non aveva più la caratteristica originalità dell'anteguerra, s'era disgregato naturalmente alla semplice lettura delle notizie dell'alta Italia. Ma gli operai aborrivano ed aborrono tuttora dal fascismo. Bisognava lavorare su altro ambiente. I por.tieri fornirono il mat~riale umano per il primo sindacato, che sorse reclamando un forte aumen~o del caroviveri, e, per conciliarsi le simpatie della cittadinanza, l'abolizione della campagna, e la co.nseg1:1,eateconcessione agli inquilini del chiavino. Come molti nel resto d' Italia sanno, 1a Biblioteca Gino Bianco

.. · IL FASCISMO A NAPOLI 261 campagna è una multa che si infl~gge all' jnquilino ritardatario oltre la mezzanotte, e che va a benefizio del portiere, multa fondata su una venerabile consuetudine d'origine borbonica. Il chiavino poi è una specie di fantastico miraggio per i buoni partenopei, come chi dicesse I' Isola Utopia o il Sole dell'Avvenire, la conquista del diritto ,,di entrare a casa all'ora che fa più comodo. Questa mossa, certo abile, fruttò al Padovani il fervido consenso degli inquilini e dei portieri ; ma questi ultimi, una volta ottenuto il caroviveri, non insistettero più sull'abolizione della campagna, e così il chiavino è nuovamente apparso ai napoletani come una lieve nuvola d'oro, appena sfioccata sul luminoso orizzonte. Ad ogni modo la prima lega era varata; bisognava darle una compagna. Il porto era il campo dove si poteva operare fruttuosamente. Laggiù è tutto un intrigo di appaltatori e di pseudo cooperative, che hanno sostituito le vecchie compagnie di scaricatori, assoldati con la prepotenza e con l'autorità della camorra. Non fu difficile, approfittando del dissidio fra i capintesta, accaparrarsi una cooperativa e su questa far convergere, con minaccié alle autorità politiche, tutti i favori statali. Ed ecco un altro gruppo d'interessati. al porto, già socialisti, ricorrere agli arditi, per contrapporre violenza a violenza, tricolore a tricolore. Fra il tramestio dello scarico delle merci si scatenò la lotta fra dannunziani e fascisti, con assalti eroicomici a baracche di deposito, scalate ed occupazioni di bastimenti, eja eja alalà in un campo e nell'altro. Nella città i due gruppi si bastonarono di santa ragione per oltre un mese. Le cose, annunziate dai giornali, assumevano maggiori proporzioni. Mussolini, che doveva fare l'adunata a Napoli, ne fu seriamente preoccupato. Se il movimento degli arditi fosse stato più saviamente d~retto, ed ' avesse avuto qualche disponibilità finanziaria, avrebbe potuto rappresentare un serio pericolo per la riuscita dei noti avvenimenti di novembre. Gli operai avevano ripreso animo, le autorità di Napoli, alle dipendenze di De Nicola, allora antifascista, ma senza volontà nè energia, appoggiavano fiaccamente il fascismo. Se un uomo energico e fornito di mezzi avesse inquadrato le masse operaie e il popolino dei rioni rossi di Vicaria e Mercato sotto la bandiera dannunziana,. avrebbe potuto raccogliere fra Napoli ed immediati dintorni oltre centomila combattenti, che avrebbero potuto mettere a seria prova la riuscita del concentramento nel Mezzogiorno. Le autorità sarebbero state costrette ad intervenire con un'azione di equilibrio, e forse la storia avrebbe preso un diverso indirizzo. Ma non vi furono nè uomini nè quattrini. · Tuttavia Mussolini ne fu preoccupato e seppe provvedere in tempo. Quindici giorni prima dell'avvento, l'arditismo fu preso da un misterioso male di dissoluzione, cadde in languore, e i più animosi si allonibl"oteca Gi·no Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==