la critica politica - anno III - n. 4 - 25 aprile 1923

.. . LJ\· CRITICA POLITICJ\ . lllVIST A MENSILE ANNO III. 25 aprile 1923 f ASC. 4. Parole che non servono Si discute molto sulla base di termini sui quali non è più possibile intendersi. Liberalismo e democrazia si presentano oggi come parole prive di ogni significato, tanto sono state falsate nelle interpretazioni e nelle applicazioni. Ciascuno può farne l'uso che vuole. Ozioso è quindi discu-. terci sopra. Non solo si perde un tempo che potrebbe essere meglio utilizzato, ma si contribuisce ad aumentare la confusione delle idee la quale è già molta per desiderare che diventi maggiore. Anzi è proprio dalla attuale confusione delle idee che bisogna uscire. Per gli orientamenti politici occorrono idee chiare, limpide, cristalline. Non ci sembra che si stia per questa strada. Al contrario, mentre il governo fasci sta procede molto rapidamente e senza tanti riguardi per le teorie sul terreno dei fatti concreti, la disc.ussione politica preferisce svolgersi sulle idee astratte. Non si è mai fatta tanta filosofia come adesso che si dovrebbe affondare bene i piedi nella realtà I H-a perfettamente ragione Benedetto Croce di osservare che <. questa gonfiatura della filosofia a politica e della politica a filosofia > oltre non essere molto simpatica, è dannosa. E di fatti oscura e falsa il concetto della azione politica. Non solo, ma basta che un problema ·concreto sia posto e discusso in termini di filosofia perchè non ci si capisca più niente. Ricordiamo che durante una conversazione politica a Roma un tale che parlava su una particolare questione con argomenti abbondantemente filosofici fu interrotto cos): · « scusa, ~piegaJi con esempi pratici >. E bastò perchè non sapesse andare più avanti. E si trattava di una persona colta, scrittore noto di questioni politiche I In verità, non v' è nulla di meno determinato della cosidetta concretezza filosofica ! Le polemiche sul concetto di libertà e sulle sue applicazioni Io dimos.trano abbondantemente. Ripren~iamo per un momento i due termini: liberalismo e democrazia. Ciò che rende il primo poco preciso e poco utile ad una chiarificazione è che di dottrine liberali ne conosciamo almeno. due : una che mira a restringere i vincoli dell' individuo ; un'altra che intende aumentarli. Tra di esse non si vede quali siano e possano essere i punti di contatto. Parlando di liberalismo non si può fare a meno di non riferirsi ai liberali che abbiamo conosciuto, a quelli cioè che da cinquanta anni a. questa I , iblio eca ·Gino Bianco r

150 LA CRITICA POLITICA , parte hanno sotto tale veste operato sulla scena politica del paese. E allora la interpretazione del liberalismo non può altrimenti consistere che in una restrizione e riduzione di libertà; nel senso cioè della seconda dottrina. Siccome è la interpretazione più facile - quella che si vede, che è stata nella pratica di ieri e nella pratica di oggi - è destinata ad essere di uso comune. Inutilmente per ciò alcuni si industrieranno di presentare e di predicare il liberalismo come un ritorno alla prima dottrina. Da mezzo secolo la pratica del liberalismo si è troppo strettan1ente legata alla sua negazione, perchè la bandiera del liberalismo possa essere utilmente inalberata per una lotta di libertà reali e non effimere. Tra l'altro manca in Italia un gruppo di uomini che abbia mantenuto viva e costante Io tradizione del vecchio e autentico liberalismo. Il senatore Albertini è un pentito che non riuscirà mai a far dimenticare le frequenti e importanti concessioni sue e del suo giornale allo spirito ed alla teoria della reazione. Gli altri - _ anche se giovanissimi, anzi appunto perchè g.iovanissimi - non hanno nessun titolo per presentarsi come i continuatori di una tradizione politica da gran tempo interrotta. C' è stato poco prima della guerra e su:. bito dopo un tentativo d'immettere nella vita politica italiana uno spirito nuovo, traducendo la libertà e la giustizia in soluzioni di problemi concreti, .tentativo che fece capo al Salve1nini coll'Unità e che si esaurì nel1' inutile sforzo di creare un movimento politico autonomo di combattenti N~n se ne può parlare, però, come di un tentativo liberale. Per le persone che vi parteciparono, come per l'ambiente nel quale operò, può con maggior fondatezza essere considerato come un tentativo di democrazia. Per le stesse ragioni quando si parla di democrazia si è fatalmente portati a confondere l' idea democratica con il modo nel quale venne intesa e praticata dagli uomini che negli ultimi decenni presero il ti~olo di democratici. Manca un concetto di ciò che debba intendersi per de- · mocrazia. Per i più parlamentarismo, intervenzionis1no, protezionismo, legislazione sociale di gruppi privilegiati - tutto ciò è democrazia. E alla democrazia si suole attribuire la maggiore responsabilità delle condizioni di disordine, di sperpero, di parassitismo in cui è caduta la vita pubblica italiana. Den1ocrazia e liberalismo portano così la stessa pena di una situazione a creare la quale Papplicazione dei principt puri della democrazia e del liberalismo· non è entrata affatto. È sempre possibile dimostrare che quel che è avvenuto è avvenuto appunto perchè democratièi e liberali, invece d' ispirarsi a quei principt, li hanno sempre negàti e annullati praticamente. Ma purtroppo l'opinione pubblica non ha tempo di soffermarsi in tale esame, tanto meno sarebb~ disposta a prestare fede a chi oggi volesse richiamarsi a quei principt dopo che, fino ad un'epoca 1nolto recente e quando erano in condizioni di farlo, mostrarono di non tenerne alcun conto. D'altra parte il concetto di democrazia non sembra affatto preciso in molti di coloro stessi che pensano di servirsene come termine di differenziazione e di lotta politica : la maggior parte di essi Biblioteca Gino Bianco

PAROLE CHE NON SERVONO, 151 quando parlano di democrazia hanno la mente volta al programma della democrazia sociale tedesca, intervenzionista e statolatra, piuttosto che ad un sistema politico in cui la sovranità politica dei cittadini abbia la possibilità di esercitarsi in modo largo, effettivo, diretto. Den1ocrazia e riformismo sarebbero tutt' una cosa, ragione per cui si finisce coll'intendersi sempre meno. A intendersi meglio non portano maggior giovamento i termini destra e sinistra dei quali pure si fa oggi giorno largo uso. Molti si preoccupano di sapere da che parte vada il inondo. È certo che sarebbe assai interessante saperlo. Ma bisognerebbe poter stabilire prima dove sia la destra e dove la sinistra. Ci si vuol riferire alla divisione topografica dei gruppi parlamentari nella Camera italiana? In tal caso - riguardo alla Europa - la distinzione. è senza significato. Se la direzione deve considerarsi come segnata dai due gruppi estremi della Camera non vi sono due direzioni opposte, ma una direzione unica, per un solo verso. Mussolini ha opportunamente avvertito - in un articolo recente, molto cornmentato ( l) - come il comunismo e il fascismo abbiano, nello stesso tempo e 1nodo, < dimostrato che si può governare al di fuori e al disopra e contro tutta la ideologia liberale > e democratica. Questa affinità di ve- <iute, nel modo di concepire lo Stato e la funzione e la legittimità del gc,verno di fronte ai cittadini, ha grande itnportanza. I due fatti caratteristici della politica interna dei popoli di Europa sono l'avvento della dittatura bolscevica in Russia e quello della di°ttatura fascista in Italia. Riferendoci ad essi possono cadere dissensi nello stabilire se la direzione verso cui va, almeno per ora, l' Europa sia a destra o a sinistra, ma nessun dubbio può sorgere che la direzione sia unica. Tuttavia è un fatto indiscutibile che bolscevismo e fascismo segnano rispettivamente, in Rus- :Sia e in Italia, il trionfo di forze sociali in assoluto dissidio. In Russia Ja classe borghese è sgominata, distrutta ; in Italia è il proletariato organizzato per la lotta di classe che deve piegare, rinunciando ad ogni particolare azione di classe. Là il potere politico si propone di raggiungere, .ad ogni costo, l'abolizione della proprietà privata e il livellamento sociale; ,qua, in Italia, il governo considera Ja proprietà privata come una neces- ' :Sità economica e sociale di cui è compito suo rafforzare solidamente le basi. È tenendo esclusivo conto di ciò che si intende parlare di una destra e <li una sinistra? Proviamoci allora ad uscir fuori dèl terreno propriamente politico per orientarci su quello sociale. Libertà, sovranità popolare, governo di popolo - mettiamo tutte queste cose fuori discussione; non ,e' interessano più. Dobbiamo considerarle risolte nel senso dell'autorità, -della forza, del governo di pochi eletti ai quali il consenso dei governati non è necessario. Ci sentiremo per questo meglio sicuri di poter indicare da una parte la destra e dall'altra la sinistra? Una sola consi- (1) Forza e consenso, in Gerarchia, marzo 1923. · Bibliò eca, Gino Biancu

152 LA CRITICA POLITICA derazione ci sarebbe da fare, bastevole per fortissimi dubbi: se cioè bol- . scevismo e fascismo, per quanto costituiscano il prevalere, su due punti diversi dell' Europa, di concetti e di forze sociali in stridente antitesi, non stiano per creare al capitale e al lavoro una condizione molto simile di soggezione. Ci riferiamo alla funzione che il fascismo assegna automaticamente allo Stato sottomettendo operai e datori di lavoro alla stessa giurisdizione e unendoli nella stessa organizzazione, sopprimendo, in altre parole, l'autonomia del capitale e l'autonomia del lavoro. Che sul terreno sociale la destra - quella che si pensa possa essere la destra - sia pur essa a sinistra ? O è la sinistra che è invece a destra? E dove è la destra e dove è la sinistra? E, se vogliamo diver.tirci in questo gioco, possiamo continuare a lungo. Ma non ne caveremo niente. • Sarà più facile intenderci se nell' esa1ne delle tendenze del mondo moderno e nell'affrontare la discussione dei vari problemi politici che ci si offrono eviteremo di servirci di termini e di formule che il lungo uso e l'applicazione contradditoria hanno svuotato di ogni significato. L'Europa attraversa un periodo di profondo sommovimento. La sua crisi è· generale ed ha forti ripercussioni in tutto il mondo. Di tale crisi la guerra non fu causa, quanto effetto, per il maturare di una situazione che si venne formando attraverso alcuni decenni. Se guardiamo ai tentativi che, limitatamente ad ogni nazione di Europa,. sono stati compiuti finora per superare la crisi, si ha ragione di dedurne che la tendenza generale è ad uscirne con un rafforzamento del principio dell'autorità statale. L'Europa non chiede di essere più libera, chiede di essere più rigidamente e dittatorialmente governata. In Russia e in Italia si afferma vittorioso il principio che per la salvezza sia necessario· un governo forte, al quale per governare il consenso dei cittadini non sia necessario. Secondo Mussolini ( 1) < la verità palese è che gli uomini sono forse stanchi di libertà>. Quel forse lascia supporre che non siamo di fronte ad una verità sufficientemente palese, nemmeno per l' on. Muss.olini. Ad ogni modo se, invece dei risultati, guardiamo le cause per cui il trionfo del bolscevismo fu reso possibile in Russia e quello del fascismo in Italia, ci accorgeremo come esse non autorizzino affatto tale conclusione. Anzi sarebbe facile, esaminandole, vedere come le cause consistessero in aspirazioni e in bisogni reali e diffusi nel senso deil'autonomiae della libertà. · La rivoluzione russa altro non è stata che la insurrezione contro• l'autocrazia di forze troppo a lungo e troppo fortemente compresse, per· la libertà politica e sociale ad un tempo. Il bolscevismo si affermò più tardi, e riusc), proclamandosi antistatale e proponendosi di estendere e di- , garantire meglio - senza possibilità di ritorni - le liber:tà conqµistate .. (1) Articolo oitato. Biblioteca Gino Bianco .

PAROLE CHE NON SERVONO 153 Il fascismo pur esso - appena ~rrivato ~l potere - si annunciò anticentralista, antimonopolista, antistatalista, ed evidentemente sapeva allora, in tal senso affermandosi, di rispondere a sentimenti, a bisogni largamente sentiti che erano poi quelli che l'avevano aiutato a salire se non altro col · preparargli le condizioni favorevoli. Che poi bolscevismo e fascismo siano portati molto rapidamente a dimenticare le proprie premesse per un centralismo più rigido e una maggiore limitazione di libertà politiche e. di libertà economiche e sociali, ciò non dimostra, che quelle tendenze e quei bisogni abbiano cessato di esistere. Dimostra semplicemente quanto grande sia ancora la forza della consuetudine, della tradizione e della educazione, e quanta riegli stessi uomini nuovi la incapacità di muoversi prescindendo dai mezzi che si trovano a portata di mano di chi governa, e in cui si· è abituati a vedere l'autorità e la forza. È molto naturale, del resto, che ad una crisi della quale lo Stato ha la somma delle responsabilità si tenti ancora di porre rimedio con i mezzi stessi dello Stato, e con tanti minori riguardi per i singoli in quanto la situazione è disperata. L'Europa ci presenta così : un rincrudimento del centralismo di Stato accompagnato e giustificato dal risorgere di teorie e di situazioni reazionarie ; e insieme il manifestarsi e lo svilupparsi in modo sempre più d~ciso ed evidente di forze che tendono a conquistare nello Stato e contro lo Stato una posizione di autono1nia, di indipendenza, di libertà inso1nma. Da ciò una esasperazione sen1pre maggiore della crisi. Che in alcuni casi le forze che tendono all'autonomia e a farsi valere finiscano col conseguire il risultato opposto - è solo per una di quelle contraddizioni che sono tanto frequenti nella Storia. La Rivoluzione francese insegni. Non può, però, che essere fatto transitorio. Tanto più il centralismo si accentuerà e s' irrigidirà, tanto maggiore coscienza di se e concretezza di obiettivi acquisteranno le forze economiche e sociali che da esso si sentono paralizzate, oppresse, sacrificate. Di queste forze una, i rurali, ha una itnportanza che non esitiamo a considerare come decisiva. È col presentarsi dell'elemento rurale sulla scena politica che le parole di autonomia e di federazione incominciano ad entrare ovunque nell'uso e ad acquistare un senso e un valore che prima non era loro attribuito. Il destarsi delle classi agricole in tutta Europa, per la prima volta, è il _fatto indiscutibilmente più importante di questo periodo e potrebbe avere nelle trasformazioni politiche e sociali di domani una influenza di fronte a cui la rivoluzione bolscevica e quella fascista appariranno nella storia come episodi secondari. È solo riferendosi a questa situazione che è possibile domandarsi da che parte va il mondo (l ), se cioè le aspirazioni autonomiste finiranno· . (1) Un'interessante inchiesta in proposito è ora pubblicata nell'Almanacco Repubblicano (Anno 1923) edito dalla Libreria Politica Moderna di Roma, via S. Giacomo 5, prezzo Lire 8. Contiene risposte di A. Loria; E. Giretti; M. Borsa; G. Ferrero; U. Cao; M. Missiroli; G. Mosca; G. Prezzolini; G. Rensi; G. Macaggi; T. Rossi Doria. Biblioteca Gino Bianco -

154 LA CRITICA POLITICA coll'avere ragione del centralismo, o questo di quelle. Il contrasto domina tutta la lotta politica. Ed è ~ostanziale. Le altre questioni, tutte, gli sono subordinate. Lo stesso contrasto tra borghesia e proletariato ci appare pur esso come un eleinento di secondo ordine e subordinato in questa più vasta e più profonda lotta, la quale in quanto è lotta contro lo Stato centralista e per l'autonomia è lotta per la libertà, e cioè un ulteriore sviluppo di quel bisogno che l'uomo ha, e sente 1neglio ogni giorno, di possedersi completamente e di i1nprimersi nelle cose, che ha fatto la Storia e segnato le tappe Iu1ninose della civiltà. Cornunque questa lotta si svolga non è possibile che si concluda in una conciliazione tra centralismo e libertà.· Il tentativo fu fatto col cosidetto Stato liberale e fallì. V'è solo un piccolo paese nel centro di Europa dove la libertà non abbia subito crisi e verso dove gli europei potrebbero oggi con profitto volgere gli occhi, ed è appunto quello nel quale il problema dello Stato fu da gran tempo risolto, indipendentemente dalle teorie con1e per fatto di natura, sulle basi dell'autonomia e della fede- . razione. Autonomia e federazione : sono questi i soli termini che, senza possibilità di equivoco, possano servire utilmente ad una nuova impostazione della discussione politica. OLIVIERO ZUCCARINI LEGGE IDENTICA E VARIETÀ DI GENTI / Verun grande problema economico o politico o amministrativo, può ottenere una soluzione con l'identica legge fra g·enti cosl disfarmi: non la perequazione fondiaria, non la giustizia nell'imposta nè il suo rimaneggiamento (il ntacinato, per esempio, non ci fu modo d'abolirlo a gradi a cagione degli antagonisnii suscitati dalla legge unica), non la pubblica sicurezza, non la proporzione tra la colpa e la pena, non la ragione del mio e del tuo in causa del diverso modo di possidenza, non lo svolgimento della ricchezza nativa, non la redenzione finanziaria dei co,nuni, non il bilancio della nazione immolato al romanzesco bilancio dello stato, la trasformazione dell'esercito stanziale in· milizia nazionale, nè l'estirpazione dell'ulcera della burocrazia, cagioni non attinie della rovina finanziaria, dell'impoverimento del paese e dell'abbassamento della temperatura morale,· non la formazione e lo sviluppo del supremo fra i valori - d'una nazione, l'uomo. L'Italia se ne capaciterà sotto l'imperio della dialettica acuminata dei fatti. (1878) ALBERTO MARIO BibliotecaGino Bianco

I La morte del Parlamento elettorale Il Parla1nento è morto, e non credo che i federalisti debbano vestire le gramaglie. La mia generazione (è quella degli uomini di quaranta anni) non può rimpiangere una istituzione, che nell'ultimo ventennio ha dato continuo spettacolo di miseria morale, di incapacità, di servilismo. Discutere genericamente su.i diritti del cittadino, sul suffragio universale, sulla proporzionale, sulla sovranità popolare è un perditempo : i fatti nella loro materialità bruta irridono a tutte le disquisizioni teoriche. La teoria del cittadino libero è seducente : non c'è niente di più perfetto del congegno elettorale da cui escono i deputati. I cittadini si adunano metaforican1ente nei co1nizi elettorali, o pratica1nente si recano dietro un paravento a fare il loro esame di coscienza, e con maturata riflessione indicano la loro volontà chiudendo entro una busta ben congegnata la loro scheda: gli eletti debbono necessariamente rispecchiare la volontà del paese, e dal Parlamento i mandatarii del popolo legiferano pel bene pubblico. Pratica111ente questo non avviene : il cittadino elettore è gregge alla mercè di rnaneggioni : il deputato rispecchia la volontà e gli interessi~ di gruppi finanziarii, di gruppi politici, di clientele, di ceti, e ne esce un., Parlamento, che siste1naticamente non corrisponde agli interessi e ai bisogni del paese, che lavora e produce. Questo ventennio ci ha dato la corrutela giolittiana per più di dodicr anni : ·si pretese di trovare il rimedio nel suffragio universale, e per un atroce umorismo proprio Giolitti Io concesse. La Ca1nera del 1913 ·fu peggiore di quelle precedenti, e in tutto il periodo bellico fu al di sotto di ogni ostile prevenzione, tanto apparve bassa e paludosa. Fu lanciata la ricetta della proporzionale, e la Camera la ingoiò, ben sapendo che nella sostanza nulla sarebbe stato mutato. Le elezioni del 1919 e del 1921 fatte 'col nuovo sistema peggiorarono la situazione. Chi non chiude volontariamente gli occhi deve riconoscere che nessuna ulteriore estensione del suffragio e nessuna riforma di procedura elettorale può interrompere il processo degenerativo del parlamentarismo. La Camera dei peputati aveva una_ sua funzione nel meccanismo statale fino a che era l'espressione di una classe dirigente, _conscia di avere doveri e non soltanto · diritti; divenuta l'espressione di una folla agitata e sommossa dalle cupidigie dei partiti, non può obbedire che ai suoi istinti e a que1li dei suoi mandatarii, costituiti da clientele di politicanti che vivono al margine della produzione parassitariamente. Biblioteca Gino Bianco

156 LA CRITICA POLITICA Da questo deriva l'organica incapacità del Parlamento elettorale a rappresentare gli interessi della Nazione, incapacità che apparve in tragica evidenza durante la· guerra. Gli ufficiali non parlavano che con indignazione dei logori uomini di Montecitorio : Salandra si preoccupava delle fortune del partito liberale, Vittorio Emanuele Orlando si pavoneggiava nella sua eloquenza, Nitti si spianava la strada alla Presidenza del Consiglio, Treves sofista senza fede si esercitava nei suoi impeccabili · sillogismi, Giolitti attendeva accigliato le delusioni del dopo guerra per la sua rivincita personale. Questa atonìa esasperante non fu interrotta da un gesto di nobiltà neppure dopo Caporetto : e alle mense ufficiali si parlava come di una necessità di un 18 Brumaio, che rimandasse alle loro case 'i medaglietta:ti e desse adito a uomini nuovi di farsi avanti al di fuori dei partiti. S'ebbe invece la proporzionale, con la vittoria dei partiti, che più si appellavano alle· folla e facevano leva sugli appetiti dei · ceti. E fu così possibile la marcia su Roma, che colpì a morte l'istituto parlamentare, rivelandone la inconsistente debolezza. La resurrezione dell' istituto parlamentare non è più possibile. I liberali e i democratici, che in buona fede vogliono identificare libertà e democrazia con il Parlamento, sono fuori di strada. Il Parlamento elettorale è morto definitivamente : i comizi più o meno prossimi potranno darci un'ombra di parlamento, ma non riavremo più dagli elettori il Parlamento costituito da una élite capace di intendere i bi-sogni profondi della Nazione e di ispirarsi nella sua azione agli interessi di questa. La . soluzione della crisi politica attuale non può essere data dall'elezione di un nuovo Parlamento costituito attraverso il suffragio universale per vo .. lontà dei partiti. Da questo travaglio, in un periodo più o meno breve, bisogna escano istituti nuovi, che rappresentino gli interessi e i bisogni della N-azione al di fuori dei partiti. Per la libertà e la democ-razia bisogna lavorare su altro terreno., L' Ita_lia aveva nei suoi gloriosi Comuni una magnifica tradizione di ordinamenti veramente liberi, mantenutisi sostanzialmente imn1utati anche durante le signorìe e i governi assoluti. Vi rinunciammo per copiare i 1nodelli francesi, ponendo a base di tutto il cittadino elettore, astrazione tecnica e finzione giuridica. Il < cittadino > non esiste : esiste l'operaio, il contadino, il _proprietario, il professionista : esiste la famiglia, la mutua, la lega, la fabbrica, la banca, la scuola: a queste realtà, non a quella astrazione occorre chiedere i rappresentanti per la pubblica amministra- . z1one. Non su astratte questioni bisogna trasportare i dibattiti, ma su problemi concreti, pratici ..·Le ideologie confondono e annebbiano i termini reali dei problemi, e. i partiti vivono di ideologie all'ombra delle quali gruppi privilegiati e politicanti abili fanno i loro interessi. Va sgombrato ~ l terreno da queste ideologie, per lasciare in piena luce i problemi reali e concreti. Sino a che ci baloccheremo con i programmi dei partiti, che Biblioteca Gino Bianco

• LA MORTEDEL PARLAMENTOELETTORALE 157 pretendono dare a tutti i problemi _una soluzione unitaria e logicamente , coordinata a certe pre1nesse teoriche, non concluderemo nulla di buono, perchè non esiste una soluzione unitaria per i molti problemi della vita italiana diversa da regione a regione, da valle a valle, e perchè nessuna soluzione frutto di seduzioni logiche può adeguarsi alla realtà complessa e sinuosa della multanime gente italiana. I partiti con tutte le loro illusioni sono la rovina d' Italia : le impongono pesi gravosi, insopportabili per la sua economia ancora in forma- .zione : la schiacciano sotto il peso di ideologie, di progetti, di programmi. Protezionismo. doganale, assicurazioni sociali, imposte feroci, premii di navigazione, ispettorati moltiplicantisi, burocrazia crescente sono il frutto delle ideologie dei partiti, ideologie sotto cui si mascherano interessi parassitarii. La salvezza va cercata fuori dei partiti, e fuori del Parlamento che ne è la meta. e La rappresentanza dei Comuni va riaffidata ai gruppi naturali : dal libero aggruppamento dei Comuni in fedeiazioni e consorzi deve risorgere la regione : dalla rappresentanza delle regioni, dei consorzi, dei comuni può uscire il nuovo Parlamento di stampo italiano, in cui si accolga la élite della stirpe per un processo spontaneo. In questo Parlamento i produttori avranno la gestione della cosa pubblica, li1nitata a pochi problemi essenziali, e finirà il dominio dei non produttori costituitosi attraverso i partiti. Il produttore oggi è un tollerato, buono solo. a pagare le spese che gli altri fanno : deve divenire il padrone. GIULIO PIERANGELI UN DISCORSO SINTOMATICO L'on. Mussolini in un gran rapporto degli alti comandanti della Milizia Nazionale, tenuto a Milano in piena via Manzoni il 14 aprile, pronunciava ... - secondo i resoconti dei giornali - questo breve discorso : < Direte alle camicie nere delle vostre legioni il mio plauso ; manifesterete loro la mia più alta simpatia. So che durante questi giorni sono state magnifiche per spirito di disciplina e sacrificio. Mantenetele in piena efficienza morale e materiale, pronte a ogni momento a rispondere al mio appello per il prossimo, inesorabile sviluppo della nostra rivoluzione >. L' ultima affermazione - a differenza di altre dichiarazioni ben più rudi e categoriche nella forma -· ha prodotto in alcuni ambienti viva impressione. Molti si domandano, preoccupati, che cosa abbia voluto intendere il capo del Governo. Non ha egli, dunque, a sua disposizione tutte le forze dello Stato? Cosa gli impedisce di realizzare il suo programma di restaurazione? E ·quali forze gli si parano dinanzi, quali gravi ostacoli per abbattere e prép_arare i quali la milizia nazionale debba tenersi pronta al suo prossimo appello ? Contro chi, insomma? E per realizzare che cosa? Biblioteca Gino B aflCo

., • '"f riplice Alleanza e Questione Romana I In un discorso tenuto a Firenze l' 8 ottobre 1890, Francesco Crispi, allora Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri, affermava che la Triplice Alleanza « aveva per scopo e per base la garanzia territoriale degli Statl contraenti » ; e quindi « era naturale che ne desiderasse Io scioglimento chi aspirava a riconquistare il potere temporale ». Su ·questa categorica affermazione, ripetuta da Crispi anche nel 1890 e nel 1891, si fondò la opinione, generalmente accettata, che il testo della Triplice contenesse uno scambio di guarentigie territoriali fra le tre Potenze alleate, e per conseguenza assicurasse, per quanto riguardava l' Italia, la unità politica e la fine del dominio temporale del Papa. Inyece, i testi della Triplice, i docu1nenti austro-ungarici, e i documenti tedeschi, pubblicati nel 1919 e 1922, dimostrano - come scrive il senatore Francesco Salata nella Nuova Antologia del 1 marzo scorso - cne « la garanzia di Rorna e degli altri territori già pontifici, chiesta dal1' Italia, fu negata espressan1ente ed inflessibilmente dalla Gern1ania e dal1' Austria-Ungheria>. E su questo punto della nostra storia nazionale,. oramai, la luce si deve considerare definitivan1ente fatta. Ma se questa è la verità, non è tutta la verità. E sembra a me che il senatore Salata esca fuori della realtà storica allorchè pensa che la Triplice Alleanza non abbia rappresentato per l' Italia nessuna utilità nel terreno della questione ron1ana. Infatti, i tre Governi alleati, nel primo articolo del trattato, si promettevano scambievolmente « pace ed a1nicizia >. Era un obbligo - chiaro per quanto generico - di non sollevare questioni, territoriali o di altro NOTA BIBLIOGRAFICA. - I testi della Triplice e larghi e preziosi estratti dai documenti diplomatici austriaci furono pubblicati nel 1919 dal prof. PRIBRAM, Di~ politische Gelieimvertriige Oesterreich• Unganis, 1879-1914, Vienna e Lipsia, ed. Braumiiller. Una tr~duzione italiana dei trattati è stata pubblicata da GIULIO CAPRIN, / trattati segreti della Triplice Alleanza, Bologna, Zanicbelli, 1922. Una traduzione francese dell'intero libro del Pribram: riveduto ed integrato con nuove ricerche, è uscita in queste ultime settimane in Francia: PRIBRAM, Les traités politiques secrets de l'Autriche-Hongrie, Paris, Costes, 1923. I documenti diplomatici tedeschi delle trattative del 1882 sono editi nella grande collezione che il Ministero degli esteri del Reich ha cominciato a pubblicare sulla politica estera della Germania dopo la guerra del 1870: Dte grosse Politik der EuropiUschen Kabtnette, 1871-1914, Berlino, Deutsche Verlagsgesellschaft filr Politik_ nnd Geschichte, 1922, III, 181 e seg. E da questo volume ha estratto e tradotti i documenti più caratteristici SALATA, La questione romana -e la Triplice Alleanza secondo n1iovt doc1imenti austro-ger11ianici, < Nuova Antologia>, 1 marzo 1923. Biblioteca Gino Bianco

TRIPLICE ALLEANZA E QUESTIONE ROMANA ' 159 genere, le quali implicassero pericolo o disturbo per alcuno degli alleati : cioè, per quanto riguardava la questione romana, la Germania e l'Austria si impegnarono a non sollevarla finchè rimanesse in vigore l'alleanza; cos\ come il Governo italiano rinunziava alle rivendicazioni irredentiste, e prometteva di non allearsi alla Francia contro la Germania nella questione dell'Alsazia-Lorena. Non era la guarentigia scambievole positiva ; era un patto negativo di astensione. E non a torto un acuto scrittore francese osservava nel 1891 sulla Revue des de11,x mondes (15 settembre), che l'Italia mediante la Triplice Alleanza, < neutralizzava> nella questione romana due dei suoi possibili avversari: la Germania e l'Austria. Inoltre, un tentativo positivo, che fosse stato fatto dalla Francia per ristabilire il dominio tetnporale del Papa, non avrebbe potuto avvenire senza una guerra d'aggresiione francese contro l' Italia. Ora, l'articolo secondo del trattato di alleanza impegnava la Germania e l'Austria ad intervenire solidalmente con l' Italia, < nel caso che l'Italia fosse assalita dalla Francia per qualunque motivo, senza provocazione diretta da parte sua>. Neanche questa è una esplicita guarentigia territoriale. Ma era mai possibile che la integrità territoriale di una fra le Potenze alleate fosse messa in pericolo senza una guerra d'aggressione pro1nossa da una Potenza estranea all'alleanza? E in questo caso, l'obbligo della solidarietà armata non era forse una logica, per quanto implicita, guarentigia territoriale? La Triplice Alleanza - dichiarava il principe di Bismarck a Monsignore Galimberti nel 1887- è un semplice patto di difesa contro aggressioni esterne, e lascia < libera internamente la questione romana>: cioè la Germania e l'Austria sono libere da ogni solidarietà col Governo Italiano, in quanto le rivendicazioni territoriali pontificie sono problemi di poìitica interna dell'Italia; ma sono tenute di intervenire a fianco del1' Italia, qualora quelle rivendicazioni possano dar luogo ad una guerra d'aggressione esterna contro l' Italia. E che altro 1nai poteva desiderare il Governo italiano, se non che la questione ro1nana uscisse dal terreno della politica internazionale e fosse ridotta a faccenda interna dell' Italia ? Crispi non era, dunque, fuori della realtà politica, anche se peccava contro la materialità delle fonnule diplo1natiche, allorchè affermava che la Triplice assicurava il possesso territoriale degli stati alleati. E i pubblicisti al Vaticano non sognavano, quando gemevano che la Triplice era <l'ultimo chiodo sulla bara della questione romana >. Oggi il problema del dominio territoriale pontificio è cos) esinanito, da non rappresentare più un pericolo apprezzabile, nè per il funzionamento interno giornaliero della amministrazione italiana, nè per i riflessi che la questione può avere nella politica internazionale. La generazione, che vide la fine del dominio temporale e partecipò alle passioni di quel tempo, è estinta ormai quasi per intero; i maestri elementari, i medici condotti, i giornali, le organizzazioni economiche, la propaganda orale dei diversi partiti politici hanno sottratto, specialmente in questi ultimi ibliotèca Gino~Bianco

160 LA CRITICA POLITICA venti anni, in larghe proporzioni le moltitudini rurali alla influenza, una ·volta esclusiva, del clero ; Io stesso clero n'è profondamente modificato, ~n mezzo secolo di nuove correnti spirituali; la guerra mondiale, final- .mente, sfasciando l'Austria-Ungheria, hà sottratto alle rivendicazioni territoriali del Vaticano queJio che, in date circostanze, poteva essere il .sostegno più efficace.· Ma nel 1882, quando la prima Triplice fu conchiusa, e ancora per il ,. ventennio successivo, la neut'ralità amichevole, a cui la Germania e l'Austria erano impegnate nella questione ro1nana, rappresentava per l'Italia una utilità tutt'altro che disprezzabile. Il Governo tedesco e, più ancora, _ il Governo austro-ungarico, potevano turbare metodicamente e gravemente la vita italiana con l'ar1na della questione romana. Ed è noto che ~ismarck, nell'autunno del 1881, scontento ~ella riluttanza, che ditnostrava ancora il Governo italiano a concludere l'alleanza, scatenò nella stampa tedesca una campagna ostile ali' Italia, a cui partecipò anche il Treitsc~ke, proprio sul terreno della questione romana; e la preoccupazione, che si diffuse in Italia per quelle minacce giornalistiche, ebbe una parte non - trascurabile nel vincere le esitazioni persistenti dei nostri uomini di governo. E i vantaggi dell'amicizia con gl' hnperi centrali erano, allora, indubbiamente preferibili per la questioi1e romana ai vantaggi dell'alleanza con . la Francia. Il Governo francese, infatti, non poteva atteggiarsi a rivendicatore del dominio temporale del Papa, senza regredire verso la prevalenza dei gruppi clericali e monarchici, i quali nel 1882 appena da cinque anni erano stati debellati, o con grande fatica, dai repubblicanianticlericali : una politica papalina franc~se, pertanto, non poteva avvenire senza riaccendere violentissime lotte interne in Francia. I Governi, invece, di Berlino e di ·Vienna, se avessero fatto politica vaticanista ed anti-itaIiana, avrebbero avuto con sè nei loro paesi. la grande maggioranza. della opinione p~bblica e dei parlamenti. In queste condizioni, la Triplice serviva, per l'Italia, a neutralizzare, fra i tre possibili avversari, i due più pericolosi, cioè la Germania e l'Austria, e nello stesso tempo a fronteg- _giare saldamente quel tanto di ostilità, che potesse venire dall'avversario meno pericoloso, la Francia. Guardata da questo punto di vista, la Triplice Alleanza fu in origine, per l'Italia, una triste, umiliante, ma reale necessità. E quanto meglio col • passare degli anni si sarebbe consolidato il nuovo stato nazionale grazie anche alla relativa tranquillità procurata dall'alleanza, - quanto più sicuri di sè i governanti italiani si sarebbero sentiti, di fronte al Papa, - tanto meno ·valida doveva manifestarsi in seguito la preoccupazione della questione romana per tenere stretta insieme l'alleanza, se altri .. vantaggi non fossero interv[!nuti a renderla desiderabile per l'Italia. Ma se non si ammette la consistenza di quella preoccupazion~, ,e se non si riconosce che nel J 882 la Triplice rappresentò una assicurazione - imBiblioteca Gino Bianco

• I • TRIPLICE ALLEANZA E QUESTIONE ROMANA t6r plicita quanto si vuole, ma reale - . contro ~' inasprirsi della questione romana, ne conseguirebbe che il trattato del 1882 fu un patto, in cui l'Italia dava tutto e non riceveva niente, un vero e proprio documento di insania internazionale. E nella storia della nostra politica estera, specialmente di quegli anni, gli errori grossolani sono tali e tanti, che non occorre davvero aumentarne il nu1nero ed esagerarne la gravità. G. SALVEMINl La missione Pierre Coutret . Il nostro amico prof. C. Pitollet, ritornato a Parigi dopo un' essenza dr f.. vari giorni, ci prega, colla lettera che segue, di rettificare due errori passati. nel suo articolo " Per un'intesa fra l'Italia e la Francia " comparso nel fa'Scicolo precedente della Critica Politica e del quale la sua assenza non gli consentì di correggere le bozze : Paris, 9 avril. Mon cher Zuccarini, ; Deux errata malencontreux me font dire, dans la dernière Critica Politica, que c'est à Genève et non à Gènes qu'était installée la Mission Maritime que présidait l'avocat de Nice - fils d'un professeur de lycée, marié à une italienne et propriétaire, à ce titre, d' un fonds rural en Toscane, parlant, par consequent, l' italien comme vous et moi - Pi erre Coutret (et non , comme on l' a imprimé: " Contray n)• Placée en Suisse, cette soi-disant " Mission de Ravitaillement " n'eClt eu aucune raison d'ètre, vu son caractère très délica.t: éelui de surveiller discrètement l' ltalie et celui, beaucoup plus. important, de faire passer en France les renseignements recueillis en pa ys. ennemis par des intermédiaires dont le nom aoit rester secret et que transportait, par la Suisse, la valise diplomatique.... du Vatican, gràce à un ingénieux système. . . . . . . . . . . . . . . Je raconterai peutètre quelque jour le fonctionnement de ce mécanisme qui nécessitait de· constantes allées et venues entre le siège de la Mission - Via Assarotti" 17-8, Genova - Milan et Rome, quelque foi aussi. ... Napoles et plus loin eneo re . . . . . . . . . . . . Parfois, il fallait aller à Paris porter· -des plis au Ministère de la Marine et c'est ainsi que nous y fClmes la dornière nuit du bombardement aérien de Paris, dans la nuit du 15 au 16 septembre 1918.... Mussolini se rappellera-t-il de certain article, sur l' Espagne germanophile, du "Popolo d'Italia "' que mutila alors la Censure Militaireet dont je tenais à conserver, comme document d' histoire, les épreuves originales. • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Veuillez croire, mon cher Zuccarini, à mes amicaux et dévoués senti--- ments républicains. Prof. CAMILLE PlTOLLET ib·liotecaGi o Bianco . ,

,. SITUAZIONI LOCALI E REGIONALI Dal Socialismo al· Fascismo in Umbria L'Umbria si svegliò socialista dopo la guerra. Fino al 1915, il socialismo era stato in Umbria un fenomeno localizzato ad alcuni centri; nel capoluogo della Provincia non aveva mai attecchito. Un solo coJ}egio avevano conquistato i socialisti : quello rurale di Orvieto, nel nome dell'on. Trapanese, che sfruttando con abilità ciarlatanesca un precedente lavoro di organizzazione colonica e fomentando ridicole campagne 1nora- ~ liste riuscì a conquistare la medaglietta, ma cadde subito nèl ridicolo. 11 ~entro industriale dell'Umbria, Terni, era rimasto refrattario alla propaganda socialista, per la prevalente influenza della carboneria faustiniana, ~he si qualificava repubblicana. Durante la guerra i pochi nuclei socialisti non si distinsero per una grande attività, e forse non ebbero nes- -sunà parte nelle tumultuose dimostrazioni delle donne rurali, che affluirono in alcuni centri urbani a reclamare < il ritorno dei mariti > nell' aprile -del 1917. La travolgente vittoria elettorale conseguita dai socialisti nel . novembre 1919, nell'Alta Umbria e nella Media Umbria, costitu) una -sorpresa per gli stessi capi: fu dovuta alla introduzione della propor• ziona,le, che sconvolse le vecchie posizioni elettorali basate sul collegio uninominale, e all' insipienza di. cui dettero prova il P_refetto dell' Umbria e i capi dei vecchi partiti dell'ordine :-ma l'elemento decisivo della vittoria fu costituito dall' orientarsi dei contadini verso il partito socialista. I mezzadri erano malcontenti della guerra, che aveva agitato turbinosamente la loro vita tranquilla: avevano aumentato la loro ricchezza con i guadagni derivanti dagli aumenti nei prezzi delle derrate e dei bestiami : la tassa sul vino, istituita improvvisa1nente con assoluta assenza di criterio politico dal governo Nitti, precipitò la situazione.. Il contadino odia di .un odio feroce le tasse : non_ poteva capacitarsi che dopo aver fatto la guerra gli si facesse il regalo di tassare il vino da lui prodotto e da lui consumato : scese così alle urne ·votando co1npattamente la -scheda socialista, che rappresentava l'opposizione al padrone, sempre tirchio e spesso sleale, alla guerra, al governo tassatore, e la speranza di -divenir proprietario del suo terreno. · La vittoria inattesa dette alla testa ai capi del socialismo umbro, che · ·non avevano alcuna preparazione ad assumersi le responsabilitil: della .situazione. Mancavano uomini capaci per dirigere i Comuni e la Provincia; i deputati eletti erario figure di second'ordine nello stesso gruppo parlamentare socialista, ove pure le nullità abbondavano : ·mancavano i Biblioteca Gino Bianco

DAL SOCIALISMO AL FASCISMO IN UMBRIA :, 163 tecnici dell'organizzazione di resistenza e della cooperazione. Ma i socialisti non videro affatto questa situazione : si trincerarono nell' intransigenza, rifiutando ogni contatto con i gruppi dei combattenti, e con· gli elementi democratici, confondendo tutti in un' unica condanna. ltnprovvisarono dappertutto Camere del lavoro, Leghe di resistenza, Cooperative agricole ; il numero e il denaro non facevano difetto di certo per queste organizzazioni improvvisate. Una propaganda sfrenata, a base di contumelie demagogiche in cui si distingu·eva specialmente il capitano Mingrino (1), si svolse ovunque acuendo i conflitti fra proprietari e coloni mezzadri. Nel 1919 una agitazione colonica, manifestatasi spontaneamente, aveva assicurato notevoli benefici economici ai mezzadri : nel 1920 alla vigilia delle elezioni amministrative un' improvvisata < federazione provinciale > bandiva lo sciopero dei coloni, agitando un patto colonico nuovo, che mentre dimostrava la fenomenale incompetenza degli organizzatori socialisti colpiva al cuore il vecchio istituto della mezzadria. I proprietarii si trov.arono impreparati all' assalto condotto senza esclusione di colpi : i proprietarii dello Spoletino concordarono per primi un patto ; i contadini ricorsero ai campi di concentramento per il bestiame e ai randelli per imporre nel resto della provincia il nuovo patto, senza sapere con precisione in che consistesse, perchè il patto concluso era profondamente diverso da quello agitato co1ne bandiera all' inizio primo del movimento. ... Contemporanea1nente le città e i paesi erano invase dal braccianta- ... ·to : emigrati tornati in patria per la guerra non trovavano occupazione e non potevano emigrare nuovamente: i Con1uni, sotto la pressione delle autorità governative e dei disoccupati, impresero una folle politica di lavori pubblici sperperatori. Era la cuccagna : bastava fingere di recarsi al lavoro per avere il salario: bastava recarsi alle Camere del lavoro per vedersi subito aumentare le tariffe dalle pavide amministrazioni comunali. L'autorità politica lasciava fare tutto : lo sciopero dei contadini sarebbe fallito solo che i contadini si fossero trovati di fronte un ostacolo : gli sperperi dei Comun~ sarebbero stati ridotti in più modesti limiti se il Consorzio granario non avesse finanziato i Comuni, mandando loro il grano senza esigerne il pagamento. Ma ogni resistenza mancò, e i proprietarii, già rassegnati all'esproprio imminente, irritavano ancor più i contadini con vioÌazioni continue dei patti colonici, dando triste spettacolo di debolezza e di slealtà. Cos) i socialisti conquistarono di colpo nelle elezioni amministrative · la Provincia e quasi tutti i Comuni, esclusi quelli della Sabina. Saliti al potere, quasi dappertutto ebbero un solo pr~gramma : triplicare o quadruplicare la sovraimposta fondiaria già triplicata e quadruplicata dai (1) A onore del socialismo umbro va detto che, apparsa a luce meridiana la nullità del Mingrino, questi trapiantò le sue tende in Toscana, ove riuscl pochi mesi dopo deputato. iblioteca Gino Bianco - ..

164 LA CRITICA POLITICA Commissarii prefettizi, affidare ai Comuni il servizio degli approvvigionamenti, aumentare gli _organici' del personale. Il senso del li1nite e dellc11 responsabilità mancò totalmente. Il randello con cui il contadino aveva imposto il patto colonico, la. rottura dei buoni rapporti fra proprietarii e coloni, lo stato di turbolen-- za della campagna e del bracciantato urbano, gli inasprimenti delle imposte fondiarie, la municipalizzazione del commercio dei generi alimentari, l'evidente impreparazione dei nuovi reggitori della cosa pubblica. determinarono, una sorda ir~itazione nelle popolazioni urbane : esercenti,, proprietarii, piccoli borghesi erano urtati nei loro interessi e nei loro- . sentimenti dall' improvvisa vittoria rossa. La scintilla della riscossa partì da Perugia : Perugia .città, nel suocentro schiettamente urbano, si ribellò contro l'Amministrazione socia-. lista, e da Perugia con le spedizioui punitive il movimento si irradiò nei centri minori ; la comparsa dei nuclei fascisti armati, aiutati dalla forza. pubblica, fece crollare a una a una le amministrazioni rosse, fece chiudere le Ca1nere del lavoro, costrinse ~ll'esilio i capi del partito. Improvvisa fu la fortuna del fascismo come improvvisa era stata. quella del socialismo, che cadde senza resistenze : un partito che aveva raccolto sui suoi candidati migliaia e migliaia di voti fu scompaginato bruscamente dalle spedizioni armate dei nuclei fascisti in poche settimane. Malgrado tutto nelle elezioni politiche del 1921 il partito socialista conservò tre dei cinque seggi conquistati nel 1919. Senza propaganda palese e senza Io sfoggio dei manifesti, delle schede, delle auton1obili verificatosi nel 1919, i socialisti riuscirono nella lotta politica a conservare le loro posizioni quasi ovunque votarono i contadini per la fedeltà. innegabile al partito che Ii aveva aiutati a conquistare notevoli miglioramenti economici. Il movimento fascista, dopo le elezioni, si allargò sempre più : in esso confluirono piccoli e medii proprietarii, agenti rurali, esercenti, professionisti, impiegati, ex combattenti: il movimento restò diretto da un gruppo di giovani, poco favorevoli alle vecchie conso~terie moderate,. poco preparati ad .assumere la direzione della cosa pubblica, desiderosi di dare una loro impronta alle amministrazioni locali, ma privi di idee chiare, animati da grandi ambizioni. Nelle elezioni amministrative del gennaio e febbraio 1923 hanno conquistato la Provincia e quasi iutti i Comuni per la maggioranza e la minoranza, lasciando solo qua e là ai popolari la minoranza con votazioni irrisorie. Il partito socialista sembra non esista più : il partito liberale e la vecc_hia democrazia umbra in gran parte sono stati assorbiti dal fascismo ; i superstiti della democrazia sono nella massoneria, guarqati con sospetto dai fascisti, e i superstiti del partito moderato si trincerano nelle anemiche associaziqni liberali, ostentando simpatie fasciste non ricambiate neppure pro ·forma. Tutta l'Umbria è oggi fascista, come ieri era tutta rossa; ma la campagna Biblioteca Gino Bianco

, . DAL SOCIALISMOAL FASCISMOIN UMBRIA 165 rimane quasi ovunque assente. La riforma d·el patto colonico, che ha appagato i desiderii dei proprietarii, naturalmente non ha soddisfatto i contadini ; l' introduzione della tassa sui redditi agrarii, condannata dai sindacati fascisti, sieno essi composti di proprietarii o di contadini, susciterà. fermento nuovo nella campagna, se il Governo fascista non comprenderà la delicatezza della situazione sociale, emanando disposizioni interpretative,_ che riducano a molto più modesta misura l'aggravio. In seno ai fasci frequenti sono i dissidii, rivelati da improvvise crisi dei direttorii e da scioglimenti : per quanto forti vincoli di solidarietà uniscano i fascisti e facilitino le riconciliazioni nel nome della disciplina, un osservatore non può non rilevare questi sintomi di debolezza, questa mancanza di uno stabile equilibrio. È un movimento quello fascista umbro, che non si è dato una vera disciplina interiore ; la cerca ·ancora faticosamente, mentre ha alle sue spalle il pericolo di un'opposizione decisa della campagna, frenabile solo con la forza. Il fascismo umbro è caratterizzato dall'essere esso un movimento urbano su cui esercita una notevole influenza la proprietà fon diaria, piccola e media, non la grande proprietà, quella avita e tradizionale, rimasta ligia ai liberali: è un movimento politico, che risponde agJi interessi contingenti dei proprietarii fondiarii, stanchi della irrequietezza dei contadini manifestatasi come fenomeno del dopo guerra : è un movimento giovanile, con le caratteristiche buone e cattive della gioventù : è un flusso impetuoso, sul corso del quale è ben difficile fare prognostici ali' infuori di quello che un suo affiatamento con i rurali veri, con i contadini, è da escludere in modo quasi assoluto. ODERISI Il Fascismo a Torino A Torino il movimento fascista ha trovato il terreno meno propizio alla sua affermazione, per ragioni di indole psicologica (riluttanza dei piemontesi alle manifestazioni coreografiche ..e rumorose, senso dei limiti, indifferenza verso le posizioni retoriche) e di indole economico-politica. , La caratteristica della vita politica torinese in questi ultimi anni è data da due fatti : la tradizione liberale, un po' semplicistica, sdegnosa di questioni teoriche, ma finemente diplomatica e aderente ai problemi reali anche -per influenza _degli ambienti industriali, e il movimento comunista sorto organicamente intorno ali' Ordine Nuovo e al programma dei consigli di fabbrica, movimento solido, generato da condizioni obiettive favorevoli, promosso da audaci minoranze operaie naturahnente educate alle esigenze moderne per il fatto stesso di vivere a contatto con la Fiat, uno degli organi modello della nuova industria, e di esperimentarvi per tale via la lotta di classe. I iblioteca Gino Bianco

166 LA CRITICA POLITICA Un mo_vimento fascista di tipo cittadino a base democratica o come avanguardia dei ceti capitalistici_. non poteva dunque sussistere: nella lotta di classe gli industriali preferivano servirsi di Buozzi e dei riforn1isti che ricorrere a una tattica di lotta aperta. Col primo sistema essi si garantivano infatti la possibilità di ottenere in compenso delle concessioni al proletariato. una politica doganale favorevole a Roma senza opposizione del partito socialista. Si sa come tra l'on. Olivetti e l'on. Buozzi corressero i più affettuosi rapporti specialrnente in tema di politica doganale. Alla fraseologia detnocrati.ca e demagogica s'opponeva l'istinto della città. Il movimento dei combattenti non ebbe successo così come prima della guerra i vari candidati democratici, riformisti o repubblicani che si erano presentati alle elezioni non avevano mai ottenuto più di poche centinaia di voti. Il nazionalismo che nel 1913 stibito dopo la guerra libica aveva dato - segni di vita con una campagna elettorale in favore di Bevione venne a :man mano perdendo ogni autorità e si ridusse al partito dei professori universitari e degli studenti, capace di inscenare una manifestazione durante un discorso del < rinunciatario > Canepa, ma senza alcuna influenza neanche elettorale. Piuttosto si può parlare di un certo stato d'animo retoricamente patriottico rappresentato dalla Gazzetta del Popolo ed erede dell'interventismo, ma che di fronte ai proble1ni del dopoguerra non riusciva a trovare vie di affermazione. Mentre la Stampa con la sua politica filosocialista arrivava a 200.000 copie di tiratura e l'Ordine Naovo superava nel primo anno le 50.000, la Gazzetta del Popolo scendeva sempre più al disotto delle 100.000 copie e il giornaletto nazionalista La Patria che poi diventò il settimanale fascista Il Maglio) doveva vivere di artifici pochissimo chiari. I fascisti a Torino pri1na dell'occupazione delle fabbriche si potevano contare. Nelle elezioni del '19 De Vecchi non riuscì deputato, e nel '21 nonostante tutti gli sforzi dovette tollerare che lo precedessero nella lista di blocco a grande maggioranza Olivetti e Facta. Non si può parlare di un pensiero politico dell'on. De Vecchi. Tuttavia a indicare il carattere del fascismo piemontese ancora nel 1921 si può notare con1e il De Vecchi non rappresentasse altro che una generica tendenza verso il patriottismo e la monarchia e non godesse aifato l'incondizionata fiducia degli industriali per quanto egli tendesse a far valere la sua propaganda antisovversiva. L'altro candidato fascista, presentatosi col De Vecchi nel blocco rimase i:1 coda alla lista assai lontano dal quoziente. Liberali e industriali insomma mostravano di saper fare da sè e dei vari Pedrazzi, Bardanzellu, .De Vecchi si servivano ·come di ingredienti da comizio elettorale a patto di poterli sempre votare al sacrificio. Dei pochi socialisti e anarchici, co1n_eil Gioda, passati al fascismo, non si sentiva parlare. Queste condizioni continuarono per tutto il 1922 _ sino alle giornate di Ro1na. Il A1aglio, giornaletto fascista di propaganda, scagliava BibliotecaGino Bianco .

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