la critica politica - anno III - n. 2 - 25 febbraio 1923

. . Ll\ CRITICJ\ POLITICJ\ R.IVISTA MENSILE ANNO III. 25 febbraio 1923 f ASC. 2. L'avvento del Fascismo· visto da lontano Su più d'un giornale italiano che va per la n1aggiore l'avvento dei fascisti al potere in Italia è stato considerato come l'episodio culminante d'una attuale generale tendenza degli spiriti verso destra e le ultime elezioni g~nerali inglesi sono state considerate come l'equivalente inglese di tale avvento. Chi per altro è sul posto, se comprende il ravvicinamento non può anche a me110 di ritenerlo assai superficiale,. sia perchè, in fondo, per quanto l'~ritmetica elettorale abbia un valore· assai limitato, ne hfl però uno sia pur solo di valore sinto1natico, in quanto è indubbio che i voti non conservatori liberali e laburisti sommati superano di quasi tre milioni i. voti conservatori ; sia perchè in fondo in Inghilterra è avvenuto proprio l'opposto di quel che è avvenuto in Italia. Nel mentre l'Inghilterra poneva fine al regime di quasi dittatura e di coalizione reso indispensabile dalla guerra e sopravvissuto alla sua indispensabilità e ritornava alle tradizioni del regime parlamentare, in Italia, dove del resto il regime parlamentare non fu quasi sempre che una finzione, esso cessò di esistere anche pur solo di nome e la dittatura da mascherata che era •stata pel passato divenne ....smascherata. Invece di veder diventar realtà la finzione parlamentare, è diventata ovvia la già mascherata dittatura, precisamente, come avvenne in Germania per opera di Bismarck dopo il fallimento dei tentativi liberali e parlamentari tedeschi. In Inghilterra l'avvento dei conservatori al potere è un incidente in un processo di ritorno a un effettivo liberalismo. Il paese era stanco del coalizionismo, che aveva perfino cessato di essere un compromesso ed era diventato un succedersi di oscillazioni irregolari ; era stanco di un regime in cui la solidarietà di Gabinetto pareva dimenticata, in cui non si sapeva se la politica estera era fatta dal Ministero degli Esteri o dal Primo Ministro in rnomenti di stanchezza ; e nel quale la stanchezza di Lloyd George e la mancanza di visione si faceyano ogni dì più ovvii ; ed era stanco, sopratutto, svanito il pericolo, di essere governato da alcuni uomini, degni di rispetto e di gratitudine sotto molti riguardi ma çhe erano arrivati a ritenersi sin troppo indispensabili ; e un popolo che sa governarsi da sè a ciò non s'acconcia volontieri. In conseguenza, visto che i liberali erano scissi, visto che non voleva la iblioteca Gino Bianco

54 LA ~CRITICA POLITICA leva sul capitale propugnata dai laburisti ; visto che in ogni caso nè liberali nè laburisti sarebbero stati in grado di governare altrimenti che con una nuova coalizione, anche più instabile dell'esistente, il solo modo di por fine al coalizionismo era di votare per l'unico partito compatto, il conservatore, cercando però di non dargli una 1naggioranza eccessiva. Ed è quello che ha fatto il corpo elettorale inglese. Perfino capi d' in- ,-dubbia fede liberale, co1ne Lord Grey e _con1el'ex-Cancelliere dello Scac- •-Chiere, Sir Reginald Mackenna, non esitarono a dire, prima delle elezioni, 1 ·tChe questa era la sola via d'uscita. E se è certo che centinaia di migliaia di voti lib~raJi andarono ai laburisti è anche certo che altre centinaia di n1igliaia andarono ai conservatori. Questa diagnosi è confermata dalle polemiche postelettorali tra liberali fautori e liberali avversi alla Rappresentanza proporzionale, dalle quali, a mio parere, questi ultimi, con alla testa Sir Edward Jenks emergono di gran lunga i più forti. La pri1na e più indispensabile cosa per un paese e preferibile all'anarchia è avere un Governo per quanto cattivo. Se poi si vuole un Governo efficiente esso avrà tanto più probabilità di essere efficiente se è costituito da uomini uniti, anche più che da un programma comune, da quegli elementi impalpabili che sono comuni gusti, comuni tradizioni e un comune punto di vista e sentimento di fronte a tutti i proble1ni; condizione questa soddisfatta da uomini appartenenti a uno stesso partito ben organizzato e ben disciplinato. Se poi si vuole a un ten1po un Governo efficiente e un Governo responsabile, il 1niglior modo di ottenerlo sarà di dar l'opportunità a vari partiti di arrivare ciascuno al potere, il più possibiln1ente da sè. Badiamo bene. Ove vi sono più di due o tre partiti si verificano inevitabilmente varie conseguenze : o il potere esecutivo può giocarli l'uno contro l'altro ; o essi rendono itnpossibile un potere esecutivo efficiente e stabile; la gara pel potere diviene fine a sè stessa ed il pubblico, che non ha molto tempo da perdere e che non arriva ad avere idee chiare sulle distinzioni e opposizioni tra i vari partiti e tra quelli d'opposizione e quelli al Governo, riman disorientato e cessa o diviene incapace di far da arbitro tra il Governo e l'opposizione su questioni concrete. Laddove se vi sono solo due o tre partiti e se su ogni questione concreta - fiscale, amrninistrativa, internazionale, ecc. - è chiaro ciò che il Governo vuole e perchè e ciò che l'Opposizione vuole e perchè, divien facile all'opinione pubblica far sentire la sua pressione e se si sente la neces- .. sità d'un appello al paese, questo è stato educato dal dibattito a capire su che cosa in concreto è chia1nato a decidere; non solo: ma l'opposizione che sa di poter essere ad ogni momento chia1nata alla prova è fatta di persone serie ed è non meramente critica ma costruttiva. Solo così il pubblico è arbitro e si governa da sè e il Parlamento non diventa un mondo a sè e rimane uno strumento di controllo e d'iniziativa. In altri termini il primo scopo d'una elezione e il primo compito d'un . BibliotecaGino Bianco

L'AVVENTO DEL FASCISMO VISTO DA LONTANO 55 parlan1ento non è quello di registrare, secondo il loro peso aritmetico, le varie correnti dell'opinione pubblica, che son sempre qualcosa di fluido e di vago, sibbene quello di render possibile 1 °) un Governo ; 2°) un Governo efficiente ; 3°) un Governo responsabilé, tale cioè da poter sempre ad ogni momento esser sostituito con un altro, mediante un appello agli elettori, messi in condizione di capire l'appello. Non ultima funzione d'un Governo e d' un Parlan1ento è quella di non -perder mai di vista la necessità di educare il pubblico che lo deve guidare. Un Governo, anche d'un partito in minoranza - e forse appunto_ per questo più sensibile alla critica, più efficiente e più previdente - può talora essere preferibile a un Governo d'una coalizione di partiti aritmeticamente in maggioranza, ma in realtà costituenti un gruppo di mi_noranze tutt'altro che concordi. In altre parole il problema dell'autogoverno non è un proble111adi arihnetica o di logica, ma di psicologia collettiva e storica, che l'Inghilterra è arrivata per tentativi empirici successivi a ·risolvere e che non è punto cert0 che la rappresentanza proporzionale risolverebbe 1neglio. Nelle ultime elezioni generali inglesi il nuovo corpo elettorale, creato dalla legge del 1919 che portava da otto o nove a venti milioni il numero degli elettori, uomini e donne; e che per la pritna volta votava nella proporzione dall' 80-90 e/ 0 , col votare pel partito conservatore come per l'unico partito compatto, capace di costituire un Governo coerente e col render così chiara di bel nuovo la distinzione tra Governo e Opposizione, ha mostrato che un secolo di crescente industrialismo ed urbanismo, di in1mense rivoluzioni nelle idee, nei sentimenti, nei gusti e di i1n1nensa complicazione nella quantità e qualità dei problemi politici, non ha 1nenoma1nente alterato o indebolito · l'istinto politico del popolo inglese, il quale è oggi una democrazia, che ha fatto sua la tradizione della gentas che lo ha educato e gli ha creato la grandezza che è sua e che è ora suo compito custodire e trasmettere. Eppure ben metà dei nuovi elettori, specie se donne, non hanno lega1ni coi vecchi partiti, non hanno mai sul serio prirna d'ora pensato a questioni politiche; e n.onoslante l'immensa disoccupazione e la predicazione socialista in un momento ad essa favorevolissimo hanno votato in proporzioni di 3 contro uno contro di questa ed in guisa che il potere andasse al solo partito compatto. Esso andò ai conservatori non perchè fossero conservatori, ma perchè erano i soli con1patti e perchè un giusto istinto politico diede ai più il senso che la cosa più urgente era il ritorno alle distinzioni chiare e alle tradizioni parlamentari. Il massimo segno di maturità politica sta nel conservare e nel ripristinare le condizioni del Governo efficiente e responsabile. * * * ·In Italia è avvenuto tutto il contrario. C'era almeno l'apparenza del Governo responsabile e ora non e' è più neriuneno quella. Ed il feno- , Biblioteca Gino Bianco

56 LA CRITICA POLITICA meno visto nella traiettoria della sua rnaturazione storica appare, specie da lontano inevitabilissimo. ·L, Italia venne fatta da una minoranza intellettuale e 1norale; tutte le guerre. del Risorgimento non costarono che 15000 morti, per lo più di classi alte e medie, in massi1na urbane e in massima nordiche. Le istituzioni dello Stato italiano sono un compron1esso ibrido d' imitazioni e importazioni dall'Inghilterra, per quel che riguarda il Parlamento, il Gabinetto e la Corona, •imitazioni e importazioni dovute• all' in- ; flusso del liberalismo inglese sul Continente e su Cavour; e di imitazioni e importazioni dalla Francia per quel che riguarda l'organisn10 a111ministrativo, burocratico e fiscale ; lo Stato rimase quindi fino a ieri .un n1eccanismo esterno a un popolo che non era nazione ; meccanis1no militare e fiscale. Solo ora si è avuta una guerra, voluta e imposta da una minoranza urbana, ma con1battuta dalla gioventù di tutte le regioni, urbana e rurale e faticosamente e costantemente vinta e quindi interessata nel risultato e nei frutti. Simultaneamente è avvenuta un'altra trasfor1nazione. Le guerre precedenti del Risorgimento e le relazioni di cooperazione e di gelosia tra la Monarchia e la Rivoluzione avevano generato le d·ue vecchie ali, la Destra e la Sinistra, del Parlamento. Ma col passare dei problemi e degli uomini del Risorgimento, entra1nbi i vecchi partiti si frazionavano in gruppi più o 1nen personali ; e accanto ad essi il sorgere dell'industrialismo e della nuova agricoltura portavano al sorgere del partito socialista e del cattolico, che però non tardavan pur es.si a screpolarsi in tendenze, in ali, in gruppi. E questo frazionamento, dovuto al rimanere il popolo esterno allo Stato e i partiti esterni gli uni agli altri come gruppi di interessi chiusi ed ostili, recava con sè la ,conseguenza sopranotata: l'impossibilità del Governo responsabile, l'alternarsi di Governi instabili con dittature mascherate. C'era il Parlamento, ma non c'erano le forze necessarie ad adoper~rlo bene ; non c'era l' unità in differenza tra partito di Governo ed opposizione, necessaria a che si educhi il corpo elettorale ed esso sia in fondo il timoniere ed il giudice. Sotto la tremenda prova della guerra vittoriosa e costosa l'ibrido sistema di prima s' è sfasciato ; l'.ibrida combinazione del Parlamento a tipo inglese con l'accentra1nento a1nministrativo a tipo francese, la vuotezza di contenuto dei partiti contendentisi il potere e l' incapacità del· Parlamento di far da organo dell'autogoverno del paese che esso' dovrebbe servire e da cui viceversa cos) s' isolava, divennero intollerabili simultaneamente e, di conseguenza, lo Stato cessò di poter compiere la sua funzione elementare : far osservare le leggi. Dallo Stato l'autorità passò .... a chi seppe prenderne il posto. Ciò che era salvabile non poteva salvarsi che con la Dittatura. In altri termini l'avvento del Fascismo è il sintomo della completa immaturità politica del popolo italiano. Esso è, su più vasta scala, ancora al periodo dell'alternarsi delle fazioni e dei podestà nelle città 1nedievali. Indubbia- · Biblioteca Gino Bianco . .

L'AVVENTO DEL FASCISMO VISTO DA LONTANO 57 • mente la guerra vittoriosa ha ~reato un'atmosfera nazionale comune, in seno allà quale potranno s·orgere presto o tardi partiti le cui differenze sieno• men prof onde che il patrin1onip comune, partiti complementari e non esterni gli uni agli altri e allo Stato, capaci in tal misura di far funzionar ben.e I' istituto parlamentare. Ma il processo sarà tutt'altro che fac_ile e non potrà arrivare a compimento che in una Europa che arrivi ad assicurarsi una tranquillità duratura che consenta esperimenti semplici ed educativi specie in materia economica e sociale. Ali' estero si ha l' impressione, echeggiata giorni sono da ½ord (}rey, che il mutamento avvenuto in Italia non è coefficiente e promessa di pace nel rnondo ; certi discorsi e certe frasi del1' on.· Mussolini, la mal celata irrisione circa la Lega de1le Nazioni nel suo pritno discorso al Parla_mento, la nomina a rappresentante dell'Italia a Ginevra dell'on. Salandra, l'uomo del < sacro egoismo >, l'appoggio morale iniziale alla Francia nella Conferenza di Parigi, non sono fatti per attirar simpatie all'Italia dal!' Inghilterra. L' Italia, ad occhi inglesi, . pel momento, è un paese che ha rinunciato ad essere libero e che ali' idealismo di.Mazzini ha sostituito il realismo di Bismark, con la tendenza a 1nostrare i denti prima di averli. Londra, febbraio. ANGELO CRESPI PREGIUDIZIALE: COSA LO STATO DEV'ESSERE? Tutto il travaglio della nostra Epoca è nella crisi dello Stato, nell1antitesi dello Stato quale è oggi e le molte varie e complesse esigenze dei popoli. Risolvere tale antitesi: ecco il problema. Il fascismo avrà segnato una rivoluzione nella storia unica,nente se vi riuscirà. Altrimenti sarà pur esso un episodio della crisi. Non sono le intenzioni, nè le parole che deterniinano la natura delle cose. Questione pregiudiziale è quella della determinazione _deicompiti dello Stato. Parlaniento o Dittatura, governo di molti o governo di pochi, la sostanza del problema non muterà se la struttura e i compiti dello Stato non muteranno. Il Parlaniento non è il responsabile. La sua incapacità legislativa non dipese - oh no I - dal fatto che il diritto elettorale venne esteso a tutti, nia unica,nente dall'enorme sviluppo preso dallo Stato, incapacità che si rese se11ipreniaggiore ed evidente man mano che l'attività dello Stato cresceva. Anche col collegio unino,ninale e col suffragio ristretto la Camera avrebbe niostrato la stessa incompetenza e la stessa incapacità. È solo dopo aver risolto il quesito < cosa lo Stato dev1essere > che si può procedere oltre. Se no, no. Prima di passare alla ricerca delle modificazioni da apportare al meccanisnio del governo occorre cioè decidere: o per lo Stato di poch~ ed essenziali funzioni o per lo Stato di molte e coniplesse, per le autonomie o per l'accentramento, per la libertà o per fintervento. · E la decisione - per le esperienze già fatte - non dovrebbe essere dubbia . Biblioteca Gino • 1anco /

58. LA CRITICA POLITICA J\utonomia e Unità Francesco Meriano nel Popolo d'Italia del 15 febbraio, commentando il convegno tenutosi in Bologna dai rappresentanti dei Comuni di qaella provincia, tiene a mettere in luce l'importanza del risveglio dell'attività dei t'omuni etniliani, che studiano i problemi delle loro finanze senza invocare aiuti ed elemosine dallo Stato, e ved~ in questo risveglio un segno dei te,npi, corrispondente al discredito del Parla11tentarisnzo e dell'idolatria accentratrice e monopolista dello Stato socialistoide. Preoccupandosi però di possibili deduzioni dalla sua constatazione di un fatto caratteristico in questo turbinoso periodo della nostra vita, si affretta a soggiungere che in qr:esto risveglio non deve vedersi una tendenza degli organi peri/ erici a scindersi dalla vita dello Stato, e che con esso siamo ben lontani < dalle aberrazioni di un certo decentramento che cela il pericolo delle autononiie e le più gravi incognite per la nostra non ancora raggiunta unità di spirito e di vita >. Questa preoccupazione del Meriano è condivisa da un gran nunzero di italiani, e concorre a spiegare le difficoltà di diffusione delle tesi autonomiste: l'autonomia sembra incompatibile con l'unità, che in vece per essere effetti va e feconda deve avere un carattere prevalente di spiritualità e consensualità e non quello di coazione. L'unità d'Italia consiste nell'idem sentire, idem velie degli italiani; e i suoi rapidi e decisivi progressi ha fatto non in mezzo secolo di uniformità legislativa e burocratica, ma nel triennio della guerra, che agli italiani tutti dette uno stesso sentimento e una stessa volontà. L'unità d'Italia nei confronti degli Stati stranieri è un f alto irrevocabile della Storia, e agli italiani è inibita non solo tin'azione contraria ma anche un pensiero contrastante: tutti debbono cooperare a rafforzarla con l'interna disciplina, con lo sviluppo della cultura, con l'increniento dell'economia nazionale. Ma, premesso quest'atto di fede e di volontà, è necessario riconoscere che esigenze storiche, geografiche ed econoniiche inipongono all'Italia un ordinamento politico-amministrativo snodato, e che l'accentramento burocratico e parlamentare compromette lo sviluppo econoniico dell'Italia e ostacola il'suo sviluppo culturale. L'ordinamento attuale con la sua unifor,nità legislativa, con la pretesa di applicare ai villaggi della Sicilia gli stessi istituti e le stesse nor,ne che si applicano a Roma a Milano e a Genova, con la tendenza a far dipendere tutto dal centro e a costituire sempre nuovi organisnii nazionali costosi, pesa enormemente sul bilancio econoniico della nazione; risponde agli interessi della burocrazia, dell'alta banca, dell'industria protetta, nia è in insanabile contrasto con quelÌi dell'agricoltura, delf industria libera, del1' iniziativa individuale. Per sostituire a quest'ordinamento uniforme un ordinamento più snodato e meno costoso non basta la buona volontà : occorre che le forze vive e produttive dçlla nazione acquistino una prevalenza decisiva nella vita· locale e quindi in quella statale, e qu[!sto avverrà grazie a ulteriori progressi culturali ed economici, per un processo di elaborazione autonoma, cui noi confidiamo di partecipare, come chiarificatori di idee e di sentimenti oggi latenti e confusi ma destinati a prorompere vittoriosi con la nuova grandezza italiana . .Biblioteca Gino Bianco J

• Il terreno della prova : la politica doganale È sul problema doganale che si addimostrerà la volontà di lotta del fascismo; ora divenuto padrone dello ~tato, contro tutte le forme di parassitismo che dell'opera legislativa dei governi di ieri hanno largamente profittato e tuttora profittano. Se certe fonne di parassitismo che l'azione politico-parlamentare dei socialisti nostrani era riuscita _ad applicare a favore di determinate categorie e di ristretti gruppi di operai erano condannevoli e 1neritavano di essere colpite - in quanto, anzichè attuare una maggiore giustizia, determinavano maggiori insolidarietà sociali - a maggior ragione dovrebbe essere colpito, senza pfetà, il parassitismo esercitato da certi gruppi capitalistici specialmente industriali in quanto danneggia tutta l'economia nazionale. Nessuna opera seria di ricostruzione sarà mai possibile in Italia fino a quando non sarà divelta dalle radici la pianta del parassitismo. Il fascismo potrebbe avere la forza di farlo ; ma ne avrà la volontà? Questo è il punto. Finora abbiamo atteso invano un atto che possa essere considerat.o come l' inizio di un'opera in tal senso. Tra i numerosi provvedimenti attraverso i quali si esplica l'attività del nuovo governo non ve n' ha ancora uno che colpisca direttamente o indirettamente al più caratteristico istrumento d' ingiustizia e di arbitrio che i gruppi parassitari siano riusciti a stabilire in Italia con la complicità attiva e passiva dei partiti dirigenti:: e cioè la tariffa doganale che dal l luglio 1921 è venuta a turbare vieppiù l'economia nazionale - già tremendamente scossa da altre cause - e a comprometterne seriamente J'avvenire. Si tratta di un regalo fatto alla Nazione dall'on. Giolitti, nel momento stesso in cui nel giugno del '21 abbandonava il potere per non più ritornarvi, come ci consentono di sperare ragioni di età e.... la 1nutata situazione. Il modo come la nuova tariffa doganale venne imposta, lascia intendere in modo assai chiaro quanto formidabilmente organizzati fossero nello Stato gl' interessati particolari che da essa dovevano trarre beneficio. L'on. Giolitti che aveva solennemente promesso alla Ca1nera e al paese, nelle elezioni di pochi mesi avanti, di non ricorrere più al sistema dei decreti-legge si affrettò - sapendo di dover lasciare il potere - ad applicare la nuova tariffa con decreto-catenaccio del 9 giugno 1921. Il provvedimento repentino non era giustificato da nessuna urgente necessità e il Parlamento non ne fu affatto informato per quanto fin dal 1917 il Go... . Biblioteca Gino Bianco

60 LA CRITICA POLITICA verno si fosse impegnato alla Camera di non arrogarsi poteri eccezi_onali in materia doganale. Ma il giolittismo al potere - sia detto di passaggio e come dato di fatto di cui si dovrà tener conto in una storia della politica italiana degli ultimi decenni - è stato sempre molto tenero per gli interessi delle classi plutocratiche. Va anche tenuto nota che il sistema ·adottato in materia doganale dall'on. Giolitti quasi nel momento stesso di lasciare il potere, in modo da far trovare i suoi successori di fronte . ai fatti compiuti, fu esattamente seguito dal suo fedele discepolo on. f acta in due momenti critici della propria vita ministeriale con due decreti- ~egge, uno del 28 agosto 1922 e l'altro del 19 ottobre 1922 (1 ). ~ L'applicazione della nuova tariffa doganale colse di sorpresa il paese e non trovò, nè subito nè dopo, decise opposizioni. Gli unici che sulla stampa la criticarono vigorosamente furono l'on. Einaudi nel Corriere della Sera, il prof. Attilio Cabiati nella Stampa, l' on. Edoardo Giretti su vari giornali e riviste. Il Parlamento non se ne preoccupò quasi affatto, pe·r quanto il 1nodo come la tariffa venne applicata lo offendesse nelle sue prerogative più gelose: dei gruppi parlat1;1entari più numerosi non se ne occuparono nè quello popolare, nè quello socialista, dimostrazione anche questa di quanto poco gli interessi generali trovassero effettiva espressione in questi due caratteristici partiti di masse. Eppure la tariffa è informata ad un protezionismo ad oltranza I Nella gara dell'innalzamento di barriere doganali che dopo la guerra si è inaugurata trionfalmente in tutti gli Stati, l' Italia ha preso con essa uno dei primi posti. Uno studio approfondito del livello di protezionisrno raggiunto in Italia con la tariffa stabilita dall' on. Giolitti e dei suoi più diretti risultati è stato molto opportunamente compiuto da Francesco Giuseppe Repaci. Si tratta di un'opera di lunga e minuziosa indagine che ha trovato posto_ nel fascicolo di dicembre delJa Rifor,na Sociale (2). I risultati ottenuti (1) Il primo decreto-legge per quanto non destinato ad avere afficacia pratica sul momento sembra destinato a stabilire fin da ora come 1ninimi i dazi attuali per future negoziazioni ;· l'altro, del 19 ottobre, aumenta in modo assolutamente scandaloso i dazi di alcuni prodotti intermedi per la fabbricazione dei colori e quelli dei cuscinetti a sfere e sfere sciolte. Di questi ultimi è destinata a beneficare una sola fabbrica in Italia, situata precisamente nel vecchio collegio di Pinerolo feudo elettorale dell'on. Facta I (2) Lo studio -è _stato ora pubblicato a parte, con una prefazione di Giuseppe Prato. È la prima pubblicazione a cura del Gruppo Libero Scambista Italiano con sede a Torino, Piazza Statuto, 16. Viene messo in vendita a L. 4.. Una postuna e infelice difesa dei criteri che ispirarono la nuova tariffa è stato "tentato con una lettera a! Corriere della Sera (12 gennaio) dall'on. Alessio che di essa è principale responsabile, come Ministro delle Finanze nel Gabinetto Giolitti dell'epoca. La giustificazione che egli ne dà è questa: che non si voleva stabilire con essa l'ordinamento definitivo della tassazione doganale e che i dazi furono stabiliti molto alti unicamente perchè servissero come materia di negoziazioni future permettendo di fare, nei confronti dei vari Stati, notevoli riduzioni. Gli osserva molto opportunamente il giornale milanese che intanto la nuova tariffa si afferma, diventa la base di vita di molte industrie, anzichè riduzioni avviene che alcuni industriali ottengono aumenti sulle cifre già spropositate di esse (vedi colori, cuscinetti a sfera, ecc.) ed è finita coll'essere arma di distruzione delle industrie italiane consumatrici. del comtuercio italiano e della finanza sta-tale. Biblioteca Gino Bi.anca

. . . IL TERRENO DELLA PROVA : LA POLITICA DOGANALE 61 sono oltre1nodo inte·ressanti. Fare1no di essi un esame molto sommario, che basti a dare una idea della estensione e della gravità del problema. Se servirà poi a richiamarvi sopra anche l'attenzione dei nuovi do1ninatori, tanto meglio. · * * * Una caratteristica della nuova tariffa è la moltiplicazione delle voci: nella vecchia tariffa se ne contavano 472, in questa nuova salgono a 953, più del. doppio. Quanto alle sottovoci esse sono state aumentate in modo straordinario : il Repaci ne ha contate. oltre 29.555 I Immaginarsi quale cabala ciò rappresenti per i funzionari addetti alla dogana. Per applicare esattamente tutte le voci della tariffa occorrerebbe essere un enciclopedico di primo ordine. La loro applicazione presupp,one· un personale on- -nisciente. Siccome, invece, ha trovato quasi tutti i funzionari impreparati, in tutti gli uffici doganali di confine è successo un vero caos, rendendosi possib-ili tutte le più dìsparate interpretazioni. È cos) che è invalso il sistema di applicare la tariffa nel modo più favorevole al fisco e che _, gl' importatori stessi per non aver noie, verifiche, contestazioni, _controlli, perdite di tempo rinunciano a litigare con la dogana e denunciano in moltissimi casi la n1erce per le qualità più forte1nente tassate. La tariffa viene per ciò ad essere maggiormente inasprita. Ma vediamo piuttosto quale è _stato l'inasprimento che con la tariffa stessa il protezionismo ha subito in Italia. Un inaspri1nento sulla precedente tariffa del 1887 c'è stato, intanto, per tutte le voci : ciò come primo dato di fatto. La misura dell' inasprimento varia da voce a voce: per alcune (solo· alcune) è stato del 10 per 100; per altre è arrivato sinD al n1ille per cento ! · Da un esame delle varie voci divise per categorie e raggruppate in otto sezioni si hanno i risultati che qui sotto esponiamo. Si badi che il calcolo degli aumenti è fatto in lire-oro adottando la media di quotazione dell'aggio dal 1 luglio '21 al 30 ottobre '22, quindi risponde ai prezzi reali. Incominciamo dagli anitnali e generi alimentari: la media generale dell'aumento· è per essi del 77.24'>/ 0 • Nella categoria cereali l'aumento è ap- ·pena dell' 1.4¼, ma è dei' 73¼ nelle carni, del 116.4°/o nelle bevande, del 222.4 ¾ negli animali vi vi I Nei semi e frutti oleosi, oli e grassi la media generale di aumento è del 27.2 ¾. Nelle n1aterie tessili e loro prodotti l'aumento è del 64 ¼: meno colpite sono la canapa, il lino, la juta ecc. con un aument9 del 32 °/o; più colpite la lana, le pelli ecc. con un aumento del 50.3 °/o. Il più forte au- .mento dell' 85.4 ¼ è segnato dalle sete. I minerali metallici e i prodotti delle industrie metallurgiche costituiscono la parte più importante del nuovo sistema tariffario. Le voci e sot- • ibli teca Gino Bia co I •

62 LA CRlilCA POLITICA tovoci di questa sezione raggiungono la cospicua cifra di 24.411 : i quattro quinti del totale. Ed è qui che si è proceduto ad un inasprimento fortissimo di dazi. La media generale· dell'aumento segna, infatti, il 215.4 per cento e in confronto degli altri gruppi è l'aumento più alto. Questa media è, però, molto al di sotto dall'au1nento ottenuto da alcune categorie di voci più importanti. Così quella comprendente macchine e apparecchi segna un aumento del 47~. l per cento ; quella degli utensili e strumenti per arti e mestieri e per l'agricoltura un aumento del 460.9 per cento. Nelle pietre, laterizi, ceramiche, vetrerie la media dell'aumento è del 182.12 °lo: il massimo aumento, del 222.7 °lo, è stato ottenuto dai prodotti delle industrie cera111iche; anche per i vetri ~e cristalli l'aumento è stato assai forte, del 157.44 ¼. Nei legni, materie da intreccio, da intaglio e da intarsio la media dell'aumento ·è del 121.24 O/o. ·Nei prodotti chimici, medicinali, resine, 1naterie tintorie e concianti la media dell'aumento è del 108.64 Ofo. Nelle 1nerci diverse (sezione co1nprendente categorie di prodotti più svariati, dalle pelli alla carta, alle pietre preziose) la n1edia de1l'aumento è del 110.39 ¾: del 203.09 per le pietre e i minerali preziosi. Da questa esposizione può vedersi come au111enti d' intensità più o meno forte si sono verificati in tutte le categorie di 1nerci e prodotti. Gli aumenti massimi si hanno nella categoria dei prodotti cle1la siderurgia e colpiscono in modo più forte le macchine e apparecchi, gli utensili e strumenti per arti e mestieri e per l'agricoltura. Tali au1nenti sono assoluti e i dazi essendo stati calcolati in lire oro il fattore della svalutazione della nostra n1oneta non v'entra affatto. Anzi essi non possono che venire maggiormente aggravati a seconda dell'inasprirsi del cambio e delle oscillazioni più o meno forti della svalutazione della nostra moneta. Giova anche avvertire che gli au1nenti delle tariffe così calcolati sorio (corne il Repaci dimostra) inferiori alla realtà. Quale onere rappresentino per i consumatori non può essere stabilito, come qualcuno potrebbe supporre, dalla quantità di merci importate. Il maggior costo derivante dal dazio si ripercuote nella stessa misura in tutte le merci prodotte all' interno e per quelle che si esercitano in condizioni di monopolio in misura anche maggiore. * * * Se il gravissimo onere che la nuova tariffa doganale impone ai consun1atori italiani servisse in· qualche modo a sviluppare nuove energie produttive, e a intensificare e migliorare quelle che già ci sono, potrebbe anche essere considerato come sopportabile. Al contrario la nuova tariffa ha provocato - come era facile iinmaginare - una tale anarchia Biblioteca Gino Bianco

I I I , IL TERRENO DELLA PROVA : LA POLITICA DOGANALE 63 produttiva contro Ja quale sono le prime ad insorgere molte di quelle attività industriali che sembrerebbe dovessero sortirne beneficate. Molto significativi a questo proposito i risultati di una specie d' inchiesta spontanea provocata _dall'on. Einaudi e che servono a completare lo studio del Repaci. Si tratta - dice giustamente il Prato - di < un fascio d' implacabili testimonianze, da cui la stupidità delittuosa del sisten1a, le sperequazioni che crea, le energie che stronca e inaridisce, lo sdegno che diffonde e lo scoraggiamento che provoca tra i tecnici ed i pratici più competenti, indipendenti ed intraprendenti, assumono tono ed espressioni di spietata requisitoria>. Segnaliarnone so~o qualcuna più significativa. Ecco la ditta Oggioni e C. la quale dimostra con1e per un gruppo di articoli per la costruzione di biciclette, su un costo totale in carta di L. 213.35, il dazio viene rappresentato da L. 95,50, ossia dal 41.2 °/ 0 • Il dazio sui tubi per la costruzione del telaio ha avuto il 2670 ¼ di aun1ento : il dazio a cui debbono sottostare cerchi e parafanghi è assolutamente proibitivo·. Questo per.... la industria della fabbricazione delle , biciclette 1 - Assai grave ciò che denuncia l' ing. Wieder di Genova per i motori a combustione interna e per i contatori. Le spese di dogana per un motore a gas povero di 30 HP, che prima della guerra erano di L. 1142, arrivano attualmente alla bellezza di L. 23.142: lo stesso avviene per i n10tori Diesel. Orbene questa enorme differenza di dazi non serve che a proteggere una sola Ditta, la quale non offre mai naturahne·nte, prezzi inferiori a quelli aumentati della quota di dogana: inutile dire quanti industriali e quante industrie sono colpiti e ostacolate da queste genere di. ... protezione. Lo stesso avviene per i contatori elettrici : pri111adella guerra un contatore di 2 Kg. pagava 60 centesimi di dogana, ora paga 32 lire, cioè 50 e più volte tanto di anteguerra. Ebbene su 200 mila contatori che abbisognano annualn1ente in Italia, la produzione na~ionale ne fornisce solo 15 1nila. Un industriale che ne produce 5000 richiesto perchè non aumentasse la sua produzione - viste le favorevoli condizioni - rispose che la sua piccola produzione gli faceva guadagnare 150 mila lire l'anno, e ciò gli bastava tenuto conto dell' inco1nodo di nuovi investimenti e delle inevitabili seccature nel formare la nuova 1naestranza I Come l'agricoltura sia avvantaggiata dalla nuova tariffa si può intuire da alcuni pochi esempi che scegliamo tra i tanti. I corpi di aratro, a cui manca solo di applicare un timone in legno, hanno nella nuova tariffa ùna voce a sè che li colpisce con un dazio attualtnente eguale a L. 367,20 al quintale :. il costo della merce in fabbrica è di L. 190 il quintale I I ferri di ricambio di macchine agricole sono colpiti, come fossero parti staccate di una macchina da scrivere o di una auton1obile, con un dazio che .per i pezzi più leggeri arriva fino a 500 lire oro per quintale. La Fe- . derazione dei Consorzi Agrari di Piacenza nota che il dazio doganale . Biblioteca Gino Bianco

• 64 LA CRITICA POLITICA ostacola < in modo praticamente insormontabile l'uso delle macchine agricole già ·esistenti in Paese, tanto che in molti casi l' agricoltore ha più interesse ad acquistare una macchina nuova che a provvedersi i pezzi necessari a ri1nettere in efficienza la n1acchina che già possiede > ! E se se ne vuole una prova, basti citare quello che si verifica per gli aratri : l'aratro intero paga per dogana L. ·130,40 ; il corpo separato (che è la parte più delle altre soggetta a logoro e a rotture) paga per dogana L. 1.4 7.20, circa 17 lire di più ! E trascuria1no pure altri esempi. * * * Le conclusioni a cui è consentito pervenire - dopo un esame della tariffa doganale attualn1ente in vigore - sono queste : . a) I dazi spesso non sono protettivi, ma proibitivi; b) Quel che è più grave, si sono colpite merci o che non vengono prodotte in Italia assolutamente o per le quali comunque la produzione italiana non sarà 111aisufficiente che a coprire una piccola parte del . . consumo; c) I lauti guadagni che la forte protezione accorda a certe industrie fanno sì che venga a 1nancare qualsiasi incitamento a meglio produrre e quel che è peggio ad aumentare la produzione stessa, anche quando · questa sarebbe certamente assorbita dal consumo nazionale; d) Scoraggiamento e pesi enor1ni che direttamente o indirettamente gravano sulle industrie, le quali non sono protette e ogni iniziativa viene grandemente lirnitata per le spese enor1ni d' impianto cui gli industriali debbono sottostare ; e) L'arbitrio regna sovrano nell'applicazione della tariffa, per l' intricato suo meccanismo, resa ancora più odiosa per il fatto che spesso per la mancanza di norme precise, chiare, si presta alle più paradossali e assurde interpretazioni, favorite spesso da illecite intromissioni. Gli importatori non sanno a quale onere doganale debbano sottostare, a parte le oscillazioni dei cambi. Le conseguenze di questa condizio.ne di cose nella vita economica non possono che essere graviss~me. Chiunque è capace d' intuirle : ma gli uomini che sono ora al Governo non possono fingere d'ignorarle. L'on. De Stefani (econo1nista, tra l'altro) e l'on. Mussolini hanno fatto altre volte esplicite dichiarazioni ,in senso liberista. Vedremo come se ne ricorderanno ora ·che sono al governo e che nessun ostacolo si para loro davanti fuor che la loro volontà. Altri uomini di governo potevano di fronte al proble1na rilnanere esitanti per ragioni di equilibrio, di opportunità, di necessità anche. Essi no. L. SPERANZA ' Biblioteca Gino Bianco

... • Il problema dell'unità sindac·ale Parlare ogl(i di un problema dell'unità del ntovintento operaio può seni• brare un perdite,npo. Delle vecchie organizzazioni operaie più nulla quasi riniane e a quel che ne resta nianca ogni possibilità di azione. Le corporazioni sindacali fasciste che le hanno, quasi dovunque, sostituite, oltre che un capovolgintento di posizioni, rappresentano un'altra cosa sttl cui svolginiento avvenire non è consentita nessuna fondata previsione. Può darsi che esse- finiscano coll'ereditare delle organizzazioni dissolte i metodi e i problenii. Ad ogni ,nodo poichè sian,,o convinti che i proble1ni del nioviniento operaio si ripresenteranno, pensiamo anche sia utile fin d'ora, per gli orientamenti e le soluzioni avvenire, trarre ammaestramento dalle esperienze passate e presenti., Un utile contributo in tal senso è dato dallo scritto che qui pubblichianzo. Non tutto il tenta è esaurito, nè le considerazioni dell'autore ci trovano sempre consenzienti. V'è un lato del problénta, secondo noi ben più sostanziale, che in questo scritto è toccato appena : quello del conipitv sociale dell'organizzazione, sistema e metodo dell'azione sindacale. l'i proponianto di occuparcene noi, prossimaniente. Avvertianio, intanto, che considerazioni ntolto interessanti sul passato possono trovarsi nei saggi critici del Salve,nini, raccolti recentemente in volume dall'Editore Cappelli di Bologna. :È inutile diffondersi troppo a dimostrare quanto l'unità sindacale sarebbe necéssaria al proletariato. La dimostrazione più evidente n'è il blocco che contro di lui s'è formato da parte di tutti i datori di lavoro. Ed altresl inutile, oltre che malinconico, sarebbe il mostrare quanto l'assenza dell'unità sindacale abbia influito, nel determinare l'attuale stato di cose, oltre ogni dire critico per la classe operaia e per la causa della libertà. Se andiamo ad esaminare le responsabilità della disunione operaia - disunione ·quasi più negli spiriti che nelle forme esteriori - troviamo che essa spetta un po' a tutti: più di tutti, naturalmente, ai partiti ed organizzazioni numericamente più forti, ma per la loro buona parte anche agli altri. Se è vero che, per lo 1neno dal 1904 in poi, le scissioni nel campo operaio furono determinate dallo spirito invadente, monopolistico, accaparratore, ed accentratore del partito socialista, con la sua pretesa d' essere esso il solo partito rappresentante degli operai e di avere perciò il maggior diritto di spadroneggiare nel 1novimento sindacale, e col ~uo subordinare al fatto materiale d'esser maggioranza numerica ogni superiore criteriç> di giustizia, ..:_ è anche vero che una responsabilità non indifferente spetta agli altri partiti che parvero quasi felici dell'esempio dato dai socialisti, delle necessità o dei pretesti di scissione creati da questi. Fin dal 1907, in alcuni articoli a proposito d' un convegno a Parma in cui s'era alzata la bandiera secessionista contro la Confederazione del.Lavoro, io ebbi occasione di esporre questo mio pensiero : che fosse grave errore seguire i socialisti sulla loro via, abbandonando la casa comune per ripetere, fatta casa a parte, molti dei medesimi errori per cui era stata fatta la sepa- '\ BibliotecaGino Bianco I

66 'LA CRITICA POLITICA razione. In realtà, infatti, lo scindersi degli anarchici, dei sindacalisti e dei repubblicani - salvo poche eccezioni - dalla Confederazione non solo non ha rimediato al male, ma anzi ha· favorito l' ege1nonia del partito socialista sulla maggioranza del proletariato; e da tendenziale e subdola, e per ciò ostacolabile, qual'era prima, l'ha fatta diventare vero e proprio asservimento politico. Senza la scissione delle forze sindacaliste da un lato e delle repubblicane· dall'altro, non sarebbe stato possibile il patto di privilegio tra Confederazione e Partito Socialista. D'altra parte era inevitabile che quelli che s'eran sepa- , rati, a loro volta, cadessero nello stèsso difetto: involontariamente ed anzi protestando il contrario i sindacalisti della Unione Sindacale Italiana; volontariamente i repubblicani con la formazione delle loro Camere del Lavoro di partito in Romagna, che dovevano più tardi dare il colore predominante alla Unione Italiana del Lavoro. L'opposizione dal di fuori, assai meno efficace di quella che si sarebbe potuta esercitare dal di dentro, non impedl alla Confederazione di diventare mastodontica. Il colosso aveva, come s'è visto, le basi di argilla; e le critiche dall'esterno si son viste dar ragione dai fatti. Ma a che pro' se questi fatti purtroppo han danneggiato praticamente, se non n1oralmente, tutte le organizzazioni sindacali, anche le più ostili alla Confederazione, ma agenti sullo stesso terreno di classe? * * * Testè da varie parti sorgevano ad invocare l'unità, riconoscendo gli errori passati, parecchi di coloro che più contribuirono in passato a rendere impossibile o a spezzare questa adesso tanto desiderata unità proletaria. Ahimè, essi han l'aria tra lo sgomento e l'indeciso di quel bifolco che chiudeva la stalla dopo che i buoi erano scappati. ... Non importa, se l'intenzione appare buona, anche se non traducibile pel mon1ento in fatti concreti. Ma a me sembra che certi progetti minaccino di ricadere, malgrado la buona volontà delle persone proponenti, in parecchi degli errori passati, appena appena mascherati con un nome diverso. Sopratutto mi sembra vedervi la subordinazione del movin1ento proletario a pregiudiziali politiche d'indirizzo e di n1etodo già prestabilito· - il che co,npromette a priori la causa dell'unità e comincia col violare la autono1nia del movimento proletario, che dovrebbe esso stesso decidere in sede competente le vie da seguire. Non voglio con ciò sostenere l'assurdo della completa astensione della organizzazione sindacale dalla politica . .In certo senso anche l'attività sindacale è una attività politica; e t.ra l'attività politica e l'attività economica non è possibile una separazione assoluta. Questo è vero; ma .... es{ ,nodus in rebas. Se le unioni operaie si levano a difesa della libertà di pensiero, di parola, d'organizzazione e di stan1pa; se esse si agitano a favore dei compagni perseguitati, ecc. compiono indubbiamente atto politico, diverso da quello economico della difesa dei salari, della conquista di migliori condizioni di lavoro e via di seguito. Ma è'dessa una" politica" che non esorbita dalle funzioni naturali dell'organizzazione operaia, ed è anzi necessaria alla vita di questa. Ma se per " politica" s'intende in senso più ristretto la politica di parBiblioteca Gino Bianco

IL PROBLEMA DELL'UNITÀ SINDACALE 67 tito o di governo, la politica per la conquista dei poteri, la politica elettorale e parlamentare, su cui lo stesso proletariato è diviso in n1ille pareri diversi, allora bisogna che l'organizzazione sindacale non se ne immischi. Per vivere e raccogliere sotto le sue bandiere i proletari di tutte le fedi e di tutti i partiti, il sindacato deve essere indipendente dai governi in funzione e da quelli in potenza, vale a dire da tutti i partiti senza eccezioni di sorta; e per la speciale attività politica che rientra nelle sue funzioni e necessità, adottare quelle forme co1nuni a tutte le parti e che possono essere esplicate direttEtn1ente dall'organizzazione, con le sole sue forze ed i soli suoi mezzi. I partiti potranno, se vorranno - e pel resto niuna forza, anche volendolo, potrebbe loro itnpedirlo, - aiutare quei movimenti economici e sindacali che loro piacciano. Ma l'organizzazione sindacale non deve derivarne in1pegni o legami di sorta. La sua autonomia e indipendenza deve essere assoluta da tutti i partiti, da tutte le chiese ed anche da tutte le scuole ideologiche. Non deve cioè far suo alcun " credo" specialè: nè religioso, nè ateo, nè nazionalista, nè antinazionalista, nè monachico, nè repubblicano, nè individualista, nè socialista, nè statolatra, nè anarchico. * * * . Con questo -io non voglio dire che gli operai, personalmente, debbano essere dei senza partito e senza idee. Al contrario, guai se ciò avvenisse 1 Gli operai, organizzati o no, dovrebbero tutti avere una fede, delle idee, una molla interiore morale e spirituale ; e quando non l'hanno è un male, poichè Fassenza d'una propria fede li rende più facilmente schiavi dei governi e dei padroni. Sarà per ciò inevitabile eh' essi, fuor dell'organizzazione di mestiere, appartengano a quel partito di cui il programma appaga di più il loro intelletto e l'anima loro. Parteciperanno per ciò gli operai alla vita pubblica, esteriore all'organizzazione, secondo i propri criteri, faranno propaganda delle loro convinzioni politiche, ecc. Il sindacato deve ad essi riconoscerne la più atnpia libertà, nè porvi impediinento alcuno, limitandosi a chiedere in cambio a tutti di non portare i loro dissensi politici nel can1po dell'organizzazione e dell'azione di classe da questa sviluppata. Sarà inevitabile che più o 1neno appariscentemente l'organizzazione abbia delle tendenze generali di metodo, d'indirizzo o di sentimento in armonia con le tendenze mentali e politiche delle maggioranze organizzate: ma tali tendenze naturali debbono trovare un limite, oltre il quale non sia possibile andare per nessuna maggioranza e neppure per la unanimità, nei patti fon- .. damentali, costituzionali, dell'organizzazione operaia. · Poichè non c' è nulla di perfetto al n1ondo, la sottile astuzia politica troverà bene ogni tanto qualche scappatoia per eludere anche il più perfetto degli statuti. Ma noi siamo in grado oggi, dopo un'esperienza più che ventennale, d'eliminare 1nolti errori e molte cause di deviazione e di degenerazione, in ":lodo da provvedere a garantire una tale neutralità dell' organizzazione operaia, che nessuno dei suoi componenti abbia a sentirvisi a disagio o sia impegnato materialmente o moralmente in un senso contrario alla propria ~oscienza ed alle proprie opinioni. Non sarebbe affatto difficile stabilire dei patti fondamentali, che garanBiblioteèa Gino Bianco

68 . LA CRITICA POLITICA tiscano la neutralità dell'organizzazione sia contro le sorprese o gl' intrighi delle minoranze, sia contro i voti stessi delle maggioranze. Basterà aver presente il principio che n~lle collettività libere e più progredite anche il diritto di chi è solo dev'essere difeso; che cioè ogni società è ben costituita sol quando garantisce, anche contro la sua stessa maggioranza, la dignità e la· libertà del minor numero e dell'individuo. Tale sentimento di libertà, purtroppo, è venuto spesso a mancare in passato, nelle organizzazioni di mestiere, senza distinzione di colore. Fra l'altro il sistema d'imporre a tutti i lavoratori di aderire alla lega o sind.a- · cato con mezzi coercitivi e sotto pena di restare senza lavoro e senza pane, è stato uno dei più gravi errori, che ha costituito una delle cause dell'attuale marasma sindacale. La triste abitudine dell'organizzazione per forza non è stata l'ultima delle cause, per cui le forme più odiose di coercizione sugli operai da parte delle organizzazioni reazionarie non han trovato alcuna sufficiente o apprezzabile resistenza sia pure passiva. L1organizzazione operaia deve ritornare libera, cioè volontaria, composta di aderenti che si associano senza esservi costretti, così com'era in origine. * * * Dicevo più sopra che i sindacati debbono essere indipendenti anche di fronte alle varie scuole ideologiche. Volevo dire che l'organizzazione non · deve sovrapporsi alcuna etichetta teorica o dottrinaria, non deve adottare ufficialmente alcuna concezione ideologica. Ricordo, fin da prima della guerra, con1e in certe federazioni di mestiere si discuteva sull'accettazione o meno della teoria della " lotta di classe n· Erano discussioni praticamente superflue e dal punto di vista sindacale fuori posto, perchè il fatto concreto della lotta di classe (o meglio delle lotte fra le classi) non è punto influenzato dalla spiegazione storica e dottrinaria che da Marx in poi ha preso il nome di teoria della lotta di classe. Si può fare la lotta di classe, lottare cioè come proletari contro il monopolio e lo sfruttamento capitalistico, senza per ciò essere persuasi che questa lotta sia l'unica molla della storia e la determinante di tutti i movimenti politici e sociali, come pretendono i marxisti. Non voglio affatto dire che l'urganizzazione debba essere " contro" la lotta di classe e tanto n1eno divenire uno strumento collaborazionista. Al contrario l'organizzazione di classe, creata dai lavoratori per migliorare col loro sforzo diretto le proprie condizioni economiche, avendo per mira la liberazione da ogni forma di servitù, non potrà essere che una organizzazione di lotta. La quale lotta sarà piil o meno attiva, rivoluzionaria o rifonnista, intransigente o accomodante, non a second'a della dottrina speciale che avrà artificiosamente adottata, bensì a seconda dell'influenza che vi eserciteranno liberamente - vale a dire senza dipendere dall'organizzazione e senza asservirsela - le minoranze idealistiche, i nuclei di lavoratori elevatisi dalla comprensione degli interessi particolari a quella degli interessi generali, dal desiderio del benessere materiale a quello dei proprio miglioramento morale. Considerazioni di diversa specie, ma giungenti alla stessa conclusione, si posson fare sulla pretesa accampata di recente da altri di dare un carattere "nazionale " all'organizzazione operaia. Qui poi v'è in più l'equivoco BibliotecaGino Bianco

IL PROBLEMA DELL1 UNITÀ SINDACALE 69 a cui si presta la parola; perchè, se per " nazionale ,, non s' intende " nazionalità ,, e per " nazione ,, lo Stato che la governa, la parola può assumere i significati più diversi e contradditori e diventa per ciò praticamente senza significato alcuno. Infatti la espressione cos} vaga e imprecisa del < riconoscimento del principio nazionale> potrebbe essere accettata da qualsia_si delle varie scuole o frazioni cosidette sovversive, in quanto ognuna può interpretarla a seconda del suo programma particolare. N è v'è tesi politico-sociale, per quanto estrema sia, che non possa inquadrarsi in una sua "realtà nazionale,, ed essere sostenuta dal punto di vista degli " interessi della nazione ,,. Un comunista od un socialista, un anarchico od un repubblicano, potrebbe sempre sostenere che il programma del suo partito risponderebbe meglio d'ogni altro agli interessi della propria nazione. Ciascuna tesi sarebbe discutibile, senza dubbio, ma non rigettabile a priori. Tutti perciò potrebbero accettare per i motivi più opposti e con gli intendimenti pratici più diversi la stessa formula. La quale per questo ap- - punto diverrebbe superflua e cagion d'equivoco. Oggi poi sarebbe poco dignitosa, poichè, date le circostanze ambientali, potrebbe a ragione essere sospettata d'opportunismo, mancandole il primo e più indispensabile requisito: quello della spontaneità, della sincerità indiscussa e dell'accettazione volontaria. Se poi si volesse precisare, uscendo dall' indeterminato, e si volesse fissare come pregiudiziale per l'organizzazione di classe una qualsiasi delle diverse interpretazioni che i partiti danno o posson dare dell'interesse nazionale, allora l'organizzazione si muterebbe per questo solo fatto in partito politico e si asservirebbe di fatto al partito politico di cui accettasse le idee " nazionali ,.. L' unità sindacale non esisterebbe più. Non voglio qui esaminare il caso d'una organizzazione operaia strumento di governo o che faccia sue le tendenze politich·e d'un partito nazionalista. È ovvio ch'essa escluderebbe automaticamente tutti i lavoratori avversari di quel governo o di que~ partito. Ma poichè in questi ultimi tempi è stato proposto un progetto di unità sindacale sulle basi della nota < Carta del Carnaro » di Gabriele D'Annunzio, bisogna dire che, malgrado le dichiarazioni in contrario, si ricadrebbe con ciò nello stesso difetto della subordinazione dei sindacati, ad un partito: cosa tanto lamentata dagli stessi proponenti. La < Carta del Carnaro > è il programma politico-sociale dei gruppi dannunziani, i quali formano già un aggregato politico, anche se non ne prendono il nome. Certo si t~atta d'un programma simpatico ; ed io preferirei la sua attuazione repubblicana, umana, ispiratfi a libertà e favorevole alla classe operaia, in luogo della realtà attuale monarchico-capitalistica, come del resto preferirei sempre un regime democratico ad uno dittator~ale, un regime operaio ad uno plutocratico, ecc. Ma se dovessi io scegliere secondo "ilmio criterio un programma politico-sociale, sceglierei. ... quello del mio partito, più umile e modesto nella forma letteraria, oggi bandito e costr~tto al silenzio, ma rispondente alle mie convinzioni, aspirazioni e sen .. timenti. ... · I program1ni di partito, adunque, bisogna escluderli tutti ed evitare ogni pregiudiziale di carattere politico o dottrinario. Mentre ciò consentirà tutta e Bi· lioteca Gino Bianco

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