la critica politica - anno III - n. 1 - 25 gennaio 1923

LA CRITICJ\ POLITICA R.IVISTA MENSILE ANNO III. 25 gennaio 1923 F ASC. 1. La crisi del partito popolare Don Luigi Sturzo non sembra abbia avuto mai una concezione · realistica della vera natura del partito popolare, di cui pure è il capo di fatto e di diritto. Nel discorso di Torino, corne già in quello di Firenze, egli vede nel partito popolare una delle forze avverse allo Stato' de1nocratico, travolto ora dal fascismo e minacciato ieri · dal movimento socialista. Il ·popolarismo, secondo lui, sarebbe l'organizzazione politica d·ei medii ceti e delle classi agrarie, concordi nel negare ad un tempo la rivoluzione e lo _Stato burocratico-accentratore, e nel volere «un'organica riforma dal centro alla periferia, dal sindacato al Senato >. E si differenzierebbe dal socialismo e dal fascismo, anche essi nemici dello Stato democratico, in quanto non combatterebbe lo Stato democratico con un'azione esterna, 1na con un'azione interna e legalitaria. Che queste sieno le idee in cui crede Don Sturzo è innegabile: che esse sieno yeramente accettate dai popolari può essere· dubbio : che l'azione pratica del partito popolare non si sia ispirata· affatto a quelle direttive è fuori di dubbio. La ideologia di Don Sturzo, affetta da intima contraddizione, è per il partito popolare un'etichetta al pari . dello scudo crociato col suo motto libertas: non è stata e non è una norma_ di azione per il partito, che esercitò ieri così larga influenza nel mondo parlamentare e che ha perduto ogni concreta efficacia con l' in1provvisa svalutazione dei corridoi di Montecitorio. Il partito popolare non ha mai costituito l'organizzazione politica delle classì agrarie e dei ceti medii ; nè gli agricoltori nè i piccoli borghesi sono giunti a formarsi una coscienza politica, che abbia trovato la sua espressione nel partito popolare e nei suoi postulati: esso non fu che un aggregato di forze elettorali forma- · ·tesi attorno alla gerarchia ecclesiastica e agli istituti cattolici, e da questo carattere genetico è derivata la mancanza di capacità di sviluppo e di proselitismo. Costituitosi alla vigilia delle elezioni iblioteca Gino s·anco '

2 LA CRITICA POLITICA politiche del 1919 il partito si aHertnò subito co1ne una cospicua forza numerica che rimase invariata nel biennio successivo e che ri1narrebbe invariata anche ora, se la vita politica italiana riprendesse il ritrno consueto, rotto bruscan1ente dalla marcia su Roma. Appunto perchè il partito popolare fu esscnzialn1ente un' organizzazione politico-elettorale e non un'organizzazione sociale) non si è dato nel breve suo meriggio trionfale una sago1na precisa, non ha spiegato un'influenza nella vita sociale italiana ed ha esaurito la sua attività nell 'a1nbito di Montecitorio. Lo sforzo di Don Luigi Sturzo di fare assurgere il 1novi1nento da Iui diretto alla dignità di un movimento sociale non risponde n1enomamente alla realtà: i popolari non assunsero n1ai nell'azione un atteggia1nento in antitesi con lo Stato den1ocratico e con la democrazia parlan1entare, e neppure teorican1ente sentirono quest'antitesi, tanto vero che si proponevano di attuare i loro fini per la via legalitaria delle « riforme ». Avversarono. nella democrazia parlamentare solo l'anticlericalismo : nel resto la loro azione in nulla differì da quella dei gruppi democratici e riformistici, tanto da poter· collaborare tranquillamente con loro nel governo della cosa pubblica all' 0111bradi pudiche foglie di fico costituite dai così detti punt'i progran1111atici, proclan1ati sempre con grande solennità ma non tradotti in azione. Le forze cattoliche pronte ad agire sul can1po politico esistevano prima che Don Luigi Sturzo lanciasse il suo appello agli uo1ni11i liberi: i fedeli delle parrocchie rurali, i fratelli delle Confraternite, i clienti del Banco di Roma e di altri istituti congeneri, i gruppi operai organizzati eia sacerdoti e da laici per in1pulso della ùe1nocrazia cristiana erano la materia greggia del partito po.polare, prima che questo si organizzasse formalmente, e avevano già parte~ipato a lotte elettorali politiche e amn1inistrative, sotto gli auspicii del patto Gentiloni o sotto il pungolo di necessità locali. Il partito popolare fu la s01nma di queste forze, e le inquadrò con una -sola etichetta e con un solo simbolo: conquistò così di colpo cento collegi e dette l' i1npressione di una forza formidabile prima non avvertita; ma a chi osservava con occhio di storico le i1nprovvise fortune di Don Luigi Sturzo e dei suoi apparve evidente che a questo nuovo organo politico rnancava la fern1a e precisa volontà di raggiungere obiettiv~ determinati, appunto perchè il nuovo partito non era l'espressione della coscienza politica di una nuova generazi'one o di una nuova classe, ma la somma meccanica di forze Biblioteca Gino Bianco

, LA CRISI DEL PARTITO POPOLARE 3 nun1eriche puramente elettorali. Salì subito ai fastigii del potere, e di questo con1e di ogni aìt-ra sua for111adi attività, si valse per consolidare e rafforzare le posizioni elettorali, che costituivano la sua essenziale ragione d'essere. La bussola vera dell'orientamento del partito· era l'interesse elettorale: e poichè a questo. giovavano tanto le simpatie dei socialisti allora i_nauge quanto le speranze dei conservatori di trovare in esso una diga contro l' invasione bolscevica, i popolari a1noreggiarono con gli uni e con gli altri e collaborarono aperta1nente con queila de1nocrazia, di cui Don Sturzo si proclama il fiero avversario. . La tragedia inti1na di Don Luigi Sturzo è nel contrasto fra la sua ideologia e l'azione del suo partito. Egli vorrebbe rappresentare il principio di autonomia contro 1' accentrarnento : vorrebbe essere il can1pione delle classi rurali contro la burocrazia e la plutocrazia, della libera iniziativa privata contro l'economia associata; il partito, per la-sua interiore composizione e per la sua caratteristica fondarncntale di aggruppan1ento politico-elettorale, si muove invece -co1n pletan1ente nell'orbita dello Stato dernocratico, favorisce burocrazia e plutocrazia, concorre al costituirsi di nuovi organi accentratori. Ed egli non avverte il contrasto, appunto perchè la sua ideologia è viziata di una contraddizione ìnti1na e insanabile : non si può volere l'autonomia. largita dall'alto, non si può volere un rinnovamento ab i,nis della struttura politico-sociale agendo dal1' interno per la via legalitaria del co1npro1nesso, della transazione, della collaborazione: l' autonon1ia deve essere una conquista dal basso ; non può conseguirsi per legge statale che crei la Regione e ne determini i compiti e ì lin1iti, di autorità, 1na per spontanea e libera organizzazione delle forze e delle energie locali, che acquistino la capacità di adempiere a determinate funzioni oggi compiute dallo Stato, e in nome della loro maggior capacità rivendichino a se i' onore e l'onere -di adernpierle. La crisi di impotenza che colpisce il partito popol.are, a così breve distanza dall'ora dei suoi trionfi apparenti, non è un fenomeno dovuto a .cause esteriori: preesisteva alla marcia su Ron1a, in quanto il partito popolare nacque con questo vizio d'impotenza congenita. Apparve potente fino a che si ritenne che a l\lontecitorio palpitasse il cuore della Nazione : quando con la marcia su Roma i corridoi di Montecitorio rivelarono ai ciechi tutta la loro incon.:. ·· sistente vanità, la crisi preesistente si spiegò in tutta la sua gravità, che non può essere affatto dissimulata dal discorso di Torino, vero discorso di attesa nell' incertezza della strada da seguire . . iblioteca-Gino Bianco I •

4 LA CRITICA POLITICA Il segretario politico del partito popolare personalmente è un sincero fautore delle autonomie locali e vede in esse l'ordinamento nuovo dell'Italia, rna non ha potuto trasfondere questo suo convincimento personale nell'azione del suo partito, determinata invece logicamente dalla costituzione sua elettoralistica, e non ha compreso che per spiegare un'azione efficace in senso autonomista non bisognava mirare a Roma e da qui dettare legge all' 1,.talia. Il problema delle autonomie non è un problema che si risolva con un disegno di legge o con un decreto dittatoriale: l'autonomia se la conquista chi è capace di conquistarsela e di difenderla. Concepire le autonomie in modo diverso risponde alla n1entalità democratica e riformistica) propria di tutti coloro che vivono al di fuori dei processi attivi della produzione,. e cioè dei preti, dei professionisti, dei letterati e dei politicanti, per tacer d'altre categorie meno rispettabili. Di questa mentalità riformista il discorso di_Torino, è un _doctunento inequivocabile: tutti i problemi si risolvono con un articolo di legge. Il Senato per riprendere vigore deve essere eletto non in tutto ma solo in parte per decreto reale, e per il resto dai Com.uni, dalle Provincie, ecc. ; così con questa rifornia di un articolo dello Statuto si ripristina in Italia il siste 1ma delle due Carne- · re, e si n1igliora il costume politico. La Camera dei Deputati, per rispondere fedelmente al Paese, deve essere eletta non con il sistema del collegio uninominale, ma con quello della rappresentanza proporzionale, e la proporzionale ci darà una Camera buona perchè costringerà il Paese a inquadrarsi in partiti. E se questo non basti, accanto alle due Can1ere si istituiranno i Consigli nazionali tecnici incaricati della elaborazione tecnica delle leggi sulla scorta dei principii fissati dalle Camere. Con questo metodo (Rivalutazione del Senato - Mantenin1ento della proporzionale - Istituzione dei Consigli tecnici) la vita parla1nentare sarà « ricostruita » in Italia. Tutte queste sono teorie astratte, prive di 'ogni concretezza : per riformare e rinnovare la vita politica in Italia - e altrove - nessun decreto e nessuna legge serve: bisogna rinnovare l'educazione spirituale e morale degli uomini, non la legge e tanto meno la procedura elettorale: e questo rinnovamento del1' educazione spirituale non si ottiene con le prediche, all'efficacia delle quali oggi forse non crede più neppure Enrico Ferri, ma e on una complessa opera di. trasfòrmazìone econom-ica, che metta al primo piano nella vita sociale i produttori.. , Biblioteca Gino Bianco

LA CRISI DEL PARTITO POPOLARE =====-:-::::::::============================================== La degenerazione dei nostri istituti politici è in stretta relazione col fatto che questi sono strumento dei non produttori a danno dei produttori. Le funzioni parassitar"ie nella società odierna prevalgono su quelle produttive : il politicante, il burocratico, il plutocrate sono i padroni dei Comuni, delle Provincie e dello Stato; attraverso questi ent~ pubblici con le imposizioni tributarie, con il protezionismo, con l' assicura.zionismo. e con mezzi congeneri essi assicurano a se e alle loro clientele una posizione di privilegio a _danno dei produttori. Bisogna valorizzare i produttori, sieno essi industriali operai artieri contadini : bisogna che essi acquistin9 coscienza dello sfruttamento economico di cui sono vittime, e divengano capaci di eliminarlo. Il problema centrale è questo, e nessun decreto legge lo risolve. . Il fondamento delle tesi autonomiste è in questa constatazione. La posizione teorica di Don Sturzo va capovolta: non dall'alto si può attendere la salute, grazie ad un ben congegnato piano di riforme degli istituti politici, ma da un'educazione spirituale del1' individuo, che nel suo lavoro produttivo trovi il ferreo limite della rimunerazione e che questa legge voglia imporre alla Società tutt' intera. Questa 1nissione educatrice non può essere assunta da un partito, che ha bisogno di folle di aderenti, e che deve legarle al suo carro con la promessa di beneficii : solo nuclei di studiosi, che non ricerchino per se onori e privilegii pnò favorire la missione educatrice, lenta e faticosa, diretta a questa valorizzazione dei ceti produttivi contro i ceti parassitarii, e alla for1nazione in essi di una coscienza chiara del loro dovere morale di subordinare i propdi interessi particolari a quelli di più vasta sfera, grado a grado. La forza vitale e perenne dell'Italia - grande nel suo passato e nella sua tradizione storica, ma grandissi1na nel suo avvenire - è · nel suo popolo di artieri e di contadini, nello sforzo prodigioso che questo popolo ha compiuto e compie ogni giorno lavorando e risparmiando, nello spirito di sacrificio e di amore alla produzione cli molti direttori di aziende modeste: è in questo popolo che bisogna confidare per il rinnovamento d' Italia, non nei Meda e nei Miglioli di Don Sturzo. Questo popolo, attraverso il periodo bel- , lico così ricco di luminosi sacrificii, è andato avviandosi a maturità; ha conquistato il senso della sua unità nazionale, e della ne"- cessìtà di discipli~ar~ il ritmo della sua azione alle superiori esigenze nazionali ; conquisterà quello della necessità di amt11inistrarsi da Biblioteca· Gtno Bianco

.. 6 LA CRITICA POLITICA se nei Comuni e nello Stato al di fuori di politicanti. Allora la lotta per le autonomie avrà un significato e un contenuto concreto, che non ha certamente :iell' accademico autonomismo di Don Sturzo, preoccupato di differenziare se e il suo partito dalla democrazia parlamentare mentre ne è il sosia: in tricorno anzichè in berretto. ' . Sono veramente i ceti medii produttivi e le classi agricole, che insierne agli operai delle industrie naturali in Italia e agli artieri, daranno al mondo l'ese1npio fulgido di una nuova civiltà: la crisi rivoluzionaria apertasi ufficialment~ con la guerra e ancora perdurante, attraverso fasi non ancora prevedibili nella loro successione e nel loro svolgi1nento, ci porterà a un nuovo assetto sociale e politico, che sarà caratterizzato da questa prevalenza dei . produttori. L'agricoltura in Italia può fare e farà dei 1niracoli : la produzione agricola può ancora raddoppiarsi, malgrado i progressi innegabili co1npiuti nell' ulti1110ventennio : le Cattedre ambulanti di agricoltura, le Cooperative, i proprietarii più colti e più intelligenti, gli affittuarii stanno compiendo silenziosamente dei veri miracoli e trovano alleati preziosi nella intelligenza naturale del contadino e· nel suo amore per la terra. La diffusione della colonia parziaria, il moltiplicarsi dei piccoli proprietarii, l'estendersi delle culture ortive sono coefficienti poderosi di questo sviluppo agricolo. Col fiorire dell'agricoltura, che deve darci il grano sufficiente per i bisogni nostri, rifiorisce e si sviluppa la piccola industria dei centri minori : la ricchezza, che si produce nelle campagne, rifluisce nelle città per il bisogno che il contadino sente di abitazioni più sane, di 1nobili più decorosi, di abiti più ricchi : e nei centri minori il fenomeno della disoccupazione operaia, anche quando nei grandi centri industriali imperversano le crisi, ha ripercussioni" molto deboli. La rapina i1npunita della Banca Italiana di Sconto, esplicatasi ovunque, è stata a1nmaestramento a diffidare della plutocrazia: i gravami fiscali, che si fanno sentire col loro peso enorme (e Don Sturzo vorrebbe dare un altro giro al torchio spremendo ai contribuenti altri tre 1niliardi annui) stanno àprendo gli occhi a tutti contro il pericolo burocratico e contro il politicantismo. Sorgono così nella concreta· realtà econo1nica le condizioni obiettive per· l' affermarsi di una tendenza· decisamente autonornista, cioè antiplutocratica, antiburocratica, antiprotezionista che si -ispiri agli interessi e agli ideali delle classi rurali e dei centri minori della vita italiana. La pesante cappa di piombo imposta dalla plutocrazia e dalla demagogia· sarà inesorabilmente spezzata, e la ' Biblioteca Gino Bi.anca

LA CRISI DEL PARTITO POPOLARE 7 . , vita italiana fiorirà gagliarda e impetuosa in uno sforzo sempre più intenso di produzione in un e_levan1eqtomorale e spirituale di tutti i suoi figli. In questa nuova Italia non vi è posto per i vecchi partiti carichi di formule e pieni di politicanti, e Don Sturzo mostra di avere scarso senso politico, quando questo fenon1eno di fecondo innova1nento non scorge e rimane nel cerchio della vecchia politica riformista, condannata per sempre alla sterilità. Lasci Rotna e torni alla Provincia: dia opera alacre nel limite delle sue possibilità a questo rifiorire dall'agricoltura e della piccola ind11stria, e avrà cooperato ali' avvenire d'Italia molto più che se 1nanovrando nei corridoi dei Ministeri e di Montecitorio in Rorna assicurerà ai fedeli dello scudo crociato qualche n1eclaglietta per la legislatura di do1nani. La crisi del partito popolar~ è un'agonia: forza purarnente nu1nerica; priva di una volontà fattiva, irretita nelle maglie del riformismo e nelle arnbizio ni politiche, sfornita di ·una sua caratteristica peculiare, il partito popolare non ha un avvenire: la sua incapacità a darsi un mito, a suscitare un'ondata sentiinentale, e la sua duttilità che gli permettono di collaborare con chiunque sono feno,neni correlativi, indici della sua congenita impotenza: al trarnonto scialbo di oggi non succederà un'aurora luminosa. GIULIO PIERANOELI A PROPOSITO DI COLLABORAZIONE Aiutare il governo a risolvere i proble11iidella vita italiana ? Facilitar gli la strada e anche indicargliela ? E che cosa stia,no dunque /acend o noi e/te non sia precisamente questo, nell'unica f orina che ci sia consentita e l'unica . veraniente utile? 44ll'opera di ricostruzione, chiunque la conipia e voglia conzpierla, noi portiamo leal,nente appassionrtlanienle le nostre idee, il nostro progra11una. Dovrem,no, forse, tacere, consentire dove non consentiamo, nascondere i nostri dubbi, tacere le nostre critiche f Ma ciò sarebbe tradire l'Italia, non operare, consigliare, cooperare - sì, anche cooperare - alle sue fortruze. I ne,nici veri del nostro Paese sono oggi illlfi coloro che servono il Governo per servirlo, e/te lo· approvano in tutto, vietandosi ogni osservazione, ogni dissenso, ogni critica nella unica preoccupazione di non fargli dispiacere. Quanti ve ne sono ora I E son proprio quelli che pretendono insegnare agli altri come si deve aniare e servire il proprio Paese I Ebbene, continueremo lo stesso a servire il nostro Paese come l'abbia11io servito sin qui, con la libera nianifestazione delle nostre idee e dei nostri giudizi. Il Governo può - se crede - trarre dalle nostre critiche assai niaggiore profitto di quello che gli sia possibile trarre dai plallsi dei suoi amici troppo zelanti. Dai q1tali, anzi, farà flssai bene a diffidare. Il pericolo è là. ibl"otec Gino 81 neo ..

• Nazionalisti e fascisti• Appena un anno addietro i rapporti tra nazionalisti e fascisti potevano nella cronaca politica costituire un argon1ento di varietà; ora sono, e giustamente, l'argomento più importante, l'oggetto di maggiore discussione. Liquidati i socialisti, scon1parsi quasi i popolari, dissipatisi come nebbia al sole gli altri aggruppamenti minori, le due forze politiche dominanti sono oggi fascisti e nazionalisti. Persino di liberali, non si parla più. Mussolini, in un articolo ( l ), ha collocato lo stesso Salandra tra gli uomini definitivamente liquidati, insieme alle loro dottrine, dalla .... rivoluzione fascista. Dal giorno in cui il fascismo si mise a camminare sul serio, il nazionalismo gli si pose abilmente dietro a raccogliere. E lo fece con grande prudenza e cioè evitando di correre i rischi e senza assu1nere mai le parti sgradevoli e le arie <grossolane» del fascismo. Non proprio senza qualche ragione un giornale nittiano si compiaceva allora nel definire i nazionalisti come « i pidocchi azzurri del fascis1no ». Ad ogni modo è un fatto che il nazionalisn10 - il quale neanche durante e subito dopo la guerra era riuscito a darsi l'aspetto e le proporzioni di vero partito politico - si è rapidamente e enorme1nente ingrossato a spese del fascismo. In un primo tempo seppe giovarsi delle preoccupazioni degli elementi cosi detti d'ordine della borghesia rurale per l'andatura sciolta e sbarazzina del fascis1no. Molta gente che, pur compiacendosi dei risultati della sua opera e volendo approfittarne, non si fidava delle sue intenzioni, nè voleva assumerne per il presente e per l'avvenire i rischi e le · responsabilità, si affrettò ad inquadrarsi nei nazionalisti. In alcune regioni dove il fascis1no si sviluppò non per detenninazione spontanea 1na come risultato di una vera e propria azione di conquista - nelle Marche, ad esempio - il nazionalismo si giovò assai di quelli che allora venivàno giudicati come eccessi del fascismo e ci lavorò sopra intensamente. Il nazionalis1no venne presentato in funzione di westinghouse del fascismo e adunate di cittadini bempensanti ( ci serviamo di questo aggettivo nel suo valor d'uso) vennero appositamente convocate per decidersi a scegliere tra fascisti e nazionalisti tenendo presenti gli svantaggi di una (1) « Secondo Tempo> in Gerarchia, gennaio 1923,che deve aver fatto poco piacere al Giornale lf Italia il quale, riproducendolo, ha cancellato dall'elenco dei nomi dei liquidati quello del!' on. Salandra. Che pensi ad una .... resurrezione? , BibliotecaGino Bi·anco

• NAZIONALISTI E FASCISTI 9 determinazione e i vantaggi dell'altra (1). E s'iscrissero, liberali, conservatori, esponenti di partiti e clientele locali-bocciate di fronte alla pubblica opinione e che si erano rassegnati oramai alla propria liquidazione, agrari offesi nei loro interessi, piccoli borghesi pavidi, preoccupati del nuovo, di ogni nuovo, nella fiducia di trovare tra i nazionalisti la loro naturale posizione e loro salvaguardia. Quando poi il fascismo apparve destinato a prevalere e non fece più mistero delle su'e intenzioni di conquista dello Stato, anche l'attività dei nazionalisti s'intensificò. Il reclutamento degli uomini fu fatto su più larga scala, non guardando più alla classe sociale di provenienza e· ai precedenti politici dei nuovi adepti, speculando sulle preesistenti divisioni locali di partito e di clientela per modo che se gli aderenti di una parte passavano, più o meno spontaneamente, ai fasci, si andava _subito a cercare gli uomini della parte avversa. Pure nell' ordinamento si ebbe cura di addottare criteri identici a quelli dei fasci, le camicie azzurre vennero trasformate in 1nilizia armata con legioni e coorti, si creò un Comando Generai e, si ·nominarono ispettori di zona, si concessero gradi, s'istituirono fregi, decorazioni, ricompense. Il nazionalismo si presentò così molto presto di fronte al fascismo con1e una forza concorrente e n1oderatrice. In tale veste apparve nelle giornate della marcia su Roma. I suoi maggiori esponenti assunsero in tale occasione, con grande impegno, il compito di 1noderare le pretese del fascismo e di trattenerlo sul terreno del più perfetto lealis1no dinastico. Il tentativo di risolvere tutto con un Gabinetto Salandra, nel quale i fascisti avrebbero finito coll'avere una parte di second'ordine, non -riuscì solo perchè Mussolini vi si rifiutò energicamente. Ma nell'avere evitato un urto che poteva riuscire pericoloso per la Dinastia e nel1' aver determinato il fascismo ad una im1nediata e grandiosa manifestazione di omaggio e di fedeltà al sovrano, i nazionalisti si sono attribuiti il merito p~incipale. L'Idea lvazionale, magnificando l'opera svolta dai suoi in quelle giornate, vi accennò in modo assai chiaro. La n1obilitazione nazionalista, ordinata al terzo giorno, non volle essere soltanto una manifestazione di fraternità verso i fascisti, ma volle pure avv.ertire che la Dinastia avrebbe trovato sempre una rnilizia fedele, pronta a difenderla. Dopo la vittoria questa particolare posizione del nazionalis1no di fronte al fascismo si è venuta n1aggiormente precisando. Se il fascismo continuò a reclutare nuove forze in ogni campo, facilitato dalla conquista ottenuta, il nazionalis1no raccolse - in relazione alle primitive forze rispettive dei due movin1enti - ancora di più. « Alla vigilia della marcia su Roma, e più accentuatamente nel periodo successivo - dichiarava il dott. Preziosi (2) - il nazionalis1no, evidente- (1) Molte famiglie bempensanti hanno preferito scegliere una via di mezzo, dove c'erano almeno due giovani uno fu fatto iscrivere tra i nazionalisti, l'altro ai fasci, mentre il genitore si tenne fuori dall'una e dall'altra, nella posizione più comoda di simpatizzante per i due movimenti. I casi sono frequentissimi e ciascuno ne avrà qualcuno da indicare. (2) In una intervista nel Giornale d'Italia del 31 dicembre 1922. Biblioteca Gino Bianco

10 LA CRITICA POLITICA 1nente per finalità elettorali, si è dato ad estendere il nu1nero dei suoi seguaci, rivolgendo le sue cure principaltnente nel Mezzogiorno. Ed è avvenuto questo : che è diventato nazionalis1no tutto ciò che non poteva essere fascismo». E non solarnente nel Mezzogiorno : il feno1neno è stato generale in tutta Italia. Conoscian10 una città dell'Italia Centrale - nota come il centro di 1naggiore diffusione dell'anarchismo - in cui gli anarchici hanno fatto passaggio quasi esclusivarnente nelle file dei nazionalisti. Avvenne che quei contrasti che antecedentemente esistevano tra i partiti scomparsi o assorbiti dai due. nuovi partiti dominanti si riaprirono in fon11a più violenta e con più gravi conseguenze. La cronaca ha registrato in questi ulti111imesi frequenti e tragici conflitti tra nazionalisti e fascisti le cui cause devono essere unicamente ricercate in contrasti ed antagonis1ni locahnente esis.tenti prima ancora del sorgere del nRzionalisn10 e del fascis1110.Quasi ovunque i ·due partiti hanno raccolto J' eredità dei contrasti politici dei vecchi partiti e in alcune occasioni l'hanno . pure accettata. Nelle Marche e in Ro111agna,ad esempio, dove co1nunish e socialisti, i primi specialn1ente, sono in 1nolte località passati in 1nassa alle due organizzazioni fin _dal pri1110urto, la causa prirna dell' accanimento col quale i repubblicani sono co111battuti è da ricercarsi nella tenacia colla quale questi fronteggiarono - nel periodo in-cui era 111enofacile· farlo e gl' ideali di Patria erano 1110Itoscaduti - la propaganda bolscevica 0 difesero le ragioni ideali del loro interventismo della prirna ora. Nè si può dire che i capi abbiano fatto nulla per evitarlo. I con trasti locali ogni giorno pitt frequenti e più gravi tra nazionalisti e fascisti - e le cui cause re1note e recenti sono, come abbian10 detto, facil1nente accertabili - hanno fornito l'occasione per porre in discussione la questione dei rapporti tra i due partiti. L'occasione dician10, perchè la ragione vera non può non essere altra e diversa. Non .è, infatti, possibile che al capo dello Stato, Mussolini, e ai capi del fascismo non sia apparso molto presto evidente il pericolo che poteva per essi rappresentare, oltre che lo sviluppo, la esistenza stessa dell' organizzazione nazionalista. Dire1no perchè. Il nazionalismo possiede alcuni elernenti di consistenza e di successo che mancano al fascismo. Intanto ha una dottrina dello Stato lnngatnente elaborata, annonica nelle sue parti, logica anche. Il fascismo non ha una sua dottrina; è una i1nprovvisazione che saltando di qua e di là, accettando ora dal socialisrno, ora dalla democrazia, ora dal nazionalis1no questa o quella pre1nessa, questa o quella soluzione attraverso r11olte . ' ' incertezze sulta sua via, ha finito coli' assorbire e accettare le idee e le soluzioni centrali del nazionalisrno. I nazionalisti rivendicano ora a sè il n1erito di aver segnato al fascisn10 il punto di partenza e quello d'arrivo .. E non hanno torto. II nazionalis1no ·ha inoltre, una tradizione di fedeltà e di devozione alla Dinastia. Il fascismo ha, invece, accettato la Monarchia 'dopo BibliotecaGino Bianco

r • .. NAZiONALISTI E FASCISTI 1 t • molte esitazioni, dopo aver fatto dichiarazioni di tendenzialità repubblicana, dopo averle p_?sto certe condizioni. Aut aut I Il suo lealisn10 è tanto recente che proprio alcuni giorni addietro (I) il Gran Consiglio ... fascista, in una mozione dettata dallo stesso Presidente del Consiglio, sentiva il bisogno di riaffermare solennemente ('.la sua leale devozione alla Monarchia, intesa con1e espressione della sintesi supre1na dei valori nazionali e come elen1ento fondamentale ·della continuità dell'unità della Patria>. In certe sfere e presso alcune categorie di cittadini v'è per ciò verso il nazionalis1no una confidenza. 1naggiore di quella che ci sia verso il fascismo. Il passato del fascis1no, le origini dei suoi uomini, il 1nodo con1e si è i1nposto non del tutto assicurano. I vecchi sono portati, per natura, a diffidare degli uomini nuovi 1 Gravitano, quindi, verso i nazionalisti - anche se non si avverte per segni evidenti - molte forze la cui influenza non è trascurabile oggi e può essere determinante do1nani.. Vi sono attori - che sulla scena politica sostennero parti di pritno ruolo - i quali non disperano che ritorni la loro ora e per i quali i capi del nazionalismo non hanno mai taciuto si1npatie ed affinità ideali e programn1atiche. Inoltre sul terreno dell'azione concreta nazionalismo e plutocrazia hanno avuto - quando il fascisn10 era ancora di là da venire - frequenti occasioni di contatti e di intesa. Non è un n1istero co1ne l'Idea Na:tionale abbia potuto sorgere e vivere per lungo te1npo - quando il nazionalismo non era che una sparuta pattuglia - grazie a finanzian1enti su larga scala e non del tutto detenninati da motivi ideali. Il protezionismo ha avuto setnpre nei nazionalisti assertori tenaci e convinti (ed è un principio cardine di nazionalis1no econon1ico) 1nentre i fascisti si dilettavano, aln1eno fino a poco fa, di affennazioni liberiste tanto che ci sono tuttora alcuni liberisti i quali sperano da esso l'attuazione dei loro sani principi di politica doganale. Un ele1nento, infine, nel quale i nazion~listi trovano seguito assai largo di si1npatie e di aderenze è l'elemento militare. E non potrebbe essere diversa1nente per un n10vimento che si è sempre proposto, fin dal suo sorgere, la valorizzazione dell'esercito e ha fatto centro della propria propaganda una politica estera e coloniale forte con forti spese militari. Anche dopo il sorgere e lo svilupparsi del fascismo la preoccupazione più viva dei nazionalisti è stata quella di associare la propria associazione al lustro e alla gl~ria · dell'esercito e della marina. Una fatica tutta speciale fu spesa ad ottenere l'adesione del tnaggior numero di medaglie d'oro. Ed è di questi giorni un comunicato per annunciare che le 1nedaglie d'oro aderenti ali' Associazione nazionalista hanno, coll'ultima adesione, raggiunto il ragguar- · devote numero di trenta I I Si tenga, d'altro lato, presente che i nazionalisti non hanno la respon- (1) Nella seduta del 13 gennaio. Biblioteca -\jino Bianco

• 12 LA CRITICA POLITICA sabilità diretta del potere. La loro posizione nel nuovo Governo non è affatto speciale e privilegiata. Al coi:itrario si direbbe che Mussolini si sia studiato di tenerli molto indietro· sia nell'assegnazione dei posti nel ·Gabinetto, con1e - in 1nodo più 1nanifesto - in quella delle nuove cariche fiduciarie dello Stato. Ciò è motivò per i nazionalisti - che si vedono e si credono mal compensati del loro concorso morale e 1nateriale - di malcelato malcontento. Ma fa anche sì che verso di essi vadano· a confluire tutte le aspirazioni deluse e tutti gl' interessi offesi •dall'abbondante affannosa e precipitosa azione legislativa del fascismo. Alcuni episodi di solidarietà chiesta e ricevuta a cui ha dato luogo lo scfoglimento del Coi-po delle Guardie. Regie sono a questo riguardo molto significati vi. La questione dei rapporti tra nazionalisti e fascisti appare così molto 1neno se1nplice di quello che ad un primo aspetto potrebbe sembrare. E non è facilmente solubile. I tern1in1 nei quali si pone son questi : I pritni aspirano a valorizzarsi come partito, cioè come forza organizzata e autonoma; i secondi tendono ad as&orbirli e hanno fatto e fanno in questo senso tutto il possibile. I primi sarebbero disposti ad accedere ad una federazione tra i due organismi che li porrebbe in condizioni di parità; i secondi vogliono, invece, una fusione che significa l' annulJan1ento del nazionalismo come organizzazione politica. La divergenza è come si vede profonda. A sanarla l'intervento del presid~nte del Consiglio non basterà. I nazionalisti hanno la sensazione e la persuasione del loro divenire e non intendono rinunciarvi. I fascisti non possono non avvertire sen1pre più distintamente di avere nei nazionalisti una forza che può diventare temibile e che è necessario ed urgente eliminare. Gli avvenitnenti di do1nani 111atureranno, con tutta probabilità, all'ombra di questo dissidio. OLIVIERO ZUCCARINI PROUDHON .... COMUNISTA ' . E strano che persone indubbiamente dotte nella loro niateria non si persuadano della necessità di formarsi una coltura più vasta o di non parlare di cose che non sanno. Il Prof. Gaetano Mosca dedica una pagina di Rivoluzione liberale per giudicare e mandare agli inferi il tnaterialismo storico, accumulando una quantità di luoghi co1nuni e diniostrando di non aver letttJ neppure i preziosi. sagl?i di Benedetto Croce, che ogni persona colta può e deve leggere con profitto: chi non li ha letti, chi non conosce gli scritti storici di Marx non dovrebbe accingersi a giudicare in pubblico Marx é il materialis,no storico. Fra le altre cose il prof. Mosca mette in fascio tra i cotnunisti anche Proudhon. ' E possibile che si ripetano ancora queste sciocchezze, quando anche sui boccali di Montelupo è scritto che Proudhon rappresenta nel movi,nento socialista una tendenza rurale, fieramente· nemica del comunismo autoritario e avente come proprio ideale un regime sociale basato sulla piccola proprietà collegata da vincoli di mutualità f . .. BibliotecaGino Bi·anco

. . O pace kancese o guerra europea / LA CONFERENZA DI WASHINGTON - DA CANNES A GENOVA - DAL FALLIMENTO DI LONDRA AL e: CONSIGLIO DI GUERRA> DI PARIGI - LA MARCIA FRANCO-BELGA E IL e: CUL DE SAC > DELL' ITALIA. Mentre fermiamo sulla carta queste nostre considerazioni sulla pace,~ risuona sul Reno un nuovo strepito d_i armi. Non è ancora. la guerra, ma potrà essere la guerra, e se sarà la pace sarà pace francese, ossia una pace i~posta a~Ia Gennania col coltello a1Ia gola, la pace che i francesi dell'esasperazione nazionalista dicono si sarebbe dovuta dettare a. Berlino, dimenticando che la Germania virtualn1ente vinta, ma con l'eser- , cito ancora intatto non l' avrebbe accettata e che le fu strappata co.n un armistizio stipulato in. base ai < quattordici· punti di Wilson ». Non stare1no qui a rifare una discussione superata sul valore m_orale e politico oltre che economico de! program1na dell'ex presidente nord-a1nericano, ma_ se vogliamo valutare la pace con un criterio strettan1ente giuridico e quindi trarre tutte le conseguenze della l'ettera e dello spirito del trattato_ di Versailles non possiamo trascurare di riflettere che quel trattato è una violazione ·delle condizioni d' armistizio e che non è lecito imporre alla Germania vinta quella pace che non si è riusciti effettivamente ad ottenere co1ne se gli eserciti vincitori si fossero incontrati a Berlino dopo di avere compiuto la distruzione ·dell'esercito nemico. Comunque i paesi vincitori hanno esperimentato a proprie spese che un trattato di pace divenuto ineseguibile per la eccessiva durezza delle- sue condizioni procura danni non solo ai vinti ma anche a se stessi, e perciò sotto lo stin10Io del1a pubblica opinione i rispettivi governi sono stati obbligati a tentare tutte le vie per giungere ad una pace economica base fondamentale per la esistenza materiale delle nazioni. Una ostinata eccezione è stata formata dalJe attuali classi dirigenti francesi, plutocrazia e militarismo, le quali coltivando segni di egemonia continentale politica ed economica, riducono tutti i problemi dell' Europa al comune denominatore dell' interesse francese. Nessuna nazione che mostra di allontanarsi dalla visione politica della· Francia itnperialista cavalca sul destriero dell'ideale umanitario, siamo d'accordo, e se l'Inghilterra mostra urgenti bisogni di soluzioni pacifiche e di accordi collaborazionisti è segno che ritiene utile digerire senza rischi di nuove avventure il pingue bottino coloniale, vigilato dalla paBiblioteèa Gino Bianco

14 LA CRITICA POLITICA dronanza dei n1ari trionfahnente conquistata con la sco1nparsa della flotta gerrnanica. Ma per un paese co1ne l' Italia che ha per esistere sopratutto bisogno di sentirsi sicura per le vie marittime, dopo di aver raggiunta una sufficiente linea di sicurezza continentale, e che per alitnentare la vita incerta delle proprie industrie per 1nancanza di n1aterie pritne ha bisogno di usufruire della concorrenza degli altri, fonda1nentale interesse è di collaborare e di pro1nuovere la ricostruzione econon1ica europea, di contribuire senzà restrizioni mentali ad una politica di pace, perchè l'Italia vive e prospera soltanto con la pace. Non c'è avventura di guerra al di là dei confini nazionali che abbia sinceran1ente giovato agli interessi 1nateriali e 1norali dell'Italia; al di fuori delle lotte per raggiungere l'unità nazionale, che è quanto dire fonnare e individuare il proprio organisrno politico) I' Itaìia non può nulla_sperare ed ottenere da una guerra. Per la sua costituzione economica e den1ografica, per la sua posizione geografica, per la sua destinazione di mediatrice dei n1aggiori scan1bi com1nerciali fra l'Oriente e l'Occidente, fra il rnar del Nord e il bacino del Mediterraneo. Naturali alleate dell'Italia sono quindi tutte le nazioni che hanno in- ·teresse 8: non turbare la pace europea e a lavorare per la riproduzione delle ricchezze continentali. Ogni distruzione di ricchezza che è un d~nno per tutti è un danno raddoppiato e triplicato per l'Italia, che è relativainente la più ricca di braccia e la più povera di prodotti naturali delle grandi nazioni dell'Europa e del mondo. Non c'è allora per noi politica positivamente ricostruttiva che non sia-una politica di pace e di pacifi- . caz1one. Il seme di questa politica avrebbe dovuto essere gettato alla conferenza di Washington e sviluppato nelle seguenti adunate europee. A Washington Giappone Stati Uniti ed Inghilterra hanno raggiunto felicemente un accordo per il Pacifico e hanno potuto reciprocamente ottenere una riduzione delle flotte militari. Analoghe pro1nesse hanno fatto la f rancia e I' Italia 1na non hanno ratificato i loro i1npegni. Perchè la Francia si rifiuta di litnitare la sua flotta? essa ha un esercito di terra . doppio di quello delle altre più grandi potenze, ed anche della Russia in relazione alla sterminata estensione di questo paese, per quanto l'esercito russo sia anch'esso sproporzionato ai reali bisogni difensivi del territorio nazionale ; 111aanche la politica del Governo bolscevico ha la sua logica imperialista. La Francia, dunque, che non ha altro ne111icoapparente che la Gennania, ammesso che debba conservare con1' è il suo esercito, data la sua politica, non può giustificare la conservazione e l'aumento della sua flotta, perchè la Germania non ha flotta. Contro chi è rivolto il suo arn1amento navale ? ~ontro l' Inghilterra o l'Italia. Ma l'Inghilterra ciò nonostante ha ridotto la sua flotta e pressocchè s111obilitato tutto il suo esercito, quindi non ci pensa a pren1unirsi co1-1tro la .Francia. L'Italia allora non riduce la sua flotta perchè la Francia non riBibliotecaGino Bianco

• O PACE FRANCESE O GUERRA EUROPEA 15 duce la propria. Cosicchè noi ved_ia1no eh~ la politica del Governo italiano è indirizzata su di una linea di collaborazione continentale con la Francia, 1nentre da nessun' altra potenza può ,ricevere eventuali 111inacce marittirne se non dalla Francia. Certo è che le 1naggiori potenze econornican1ente più salde e politi- -camente più sane, fatte le debite proporzioni in relazione aile rispettive civiltà, ossia Giappone, Stati Uniti ed Inghilterra hanno sentito il bisogno di esaminare il problema degli anna1nenti e di procedere ad una riduzione, che iniziata sarà continuata. La loro politica quindi .non tende a farsi la guerra. Francia ed Italia invece cam111inano per altra strada. •La politica seguita dalle grandi potenze del Pacifico avrebbe dovuto essere· propugnata dalla Francia e d~lJ' Italia· per il continente europeo. Ma dalla conferenza di Cannes a quella di Genova le azioni della · pace sono cadute in ribasso e sono poi addirittura precipitate da Londra a Parigi.. Bisogna riconoscere che il Governo francese presieduto da Briand pur rispettando i diritti delta vittoria era gradatarnente entrato in un criterio di pacificazione europea, e aq,bandonando l'esclusivista angolo visuale francese cominciava a riconoscere che una volta firmata la pace la Germania poteva non essere più trattata come una nen1ica vinta, e accettata co1ne leale e volenterosa collaboratrice della comune ricostruzione economica. Caduto Briand, Poincaré si è dato con spregiudicata energia, senza esclusione di colpi, a lavorare per la pace francese che deve significare i1nposizione di una ege1nonia continentale di tipo . Napoleonico, violentando lo stesso fatale andare della stirpe tedesca. Perchè se da un lato la Confederazione germanica esercita la sua irresistibile attrazione sull'Austria isolata, mutilata, assurdo etnico, politico ed economico prodotto dall'arbitrio delle diplo1nazie, dall'altro la Francia Napoleonica tende a spezzare l'unità nazionale gern1anica fon1entando alcuni movitnenti separatisti bavaresi e vagheggiando )a nascita di un impero austro-bavarese rivale della Confederazione germanica gravitante intorno alla Prussia. Le conseguenze disastrose per l' Italia d.i una si~ mile politica è facile intuirle. Perciò a Genova Poincaré, senza intervenire per svalutare la Conferenza, fece lavorare il suo delegato Barthou per li111itarela portata delle discussioni, escludendo tutti i probleini conternplati dal trattato di Versailles, vale a dire per sabotare la conferenza che senza libertà di ispirazioni e di movimenti era già di fatto annullata. Ma se la Conferenza fu un fallimento della politica ricostruttiva provocò un fatto notevolissin10, la cui portata sarà valutata in pieno dallo sviluppo degli avvenimenti provocati dalla marcia franco-belga nella Ruhr: l'accordo russo-gennanico. Non potendo le nazioni accordarsi tutte fra loro, Germania e Russia si accordarono separatamente, sul terreno econo111ico· apparentemente, ma anche sul terreno politico implicitamente. La crisi politica italiana che portò al Governo il fascismo non ha se- .. Biblioteca Gino Bianco . -

16 LA CRITICA POLITICA gnato nessun fatto nuovo nella politica europea, ma può esser.e considerato come un annullamento, da parte nostra, di tutti i precedenti tentativi fatti .per liberare gradualmente l' Italia dal nodo scorsoio della politica intesista ed avvicinarla ad una politica europea, vale a dire riannodare il nostro paese all' econo1nia continentale piuttosto che tenerlo legato alla politica dei vincitori, fra i quali si andava da tempo accentuando la divergenza anglo-francese. · Mussolini ha adottato la fonnula: rinsaldare l' Intesa, ma « niente per niente >. Rinsaldare I' Intesa però è una frase, perchè con la separazione di ogni responsabilità dell' Inghilterra dalla politica delle sanzioni adottata dalla Francia contro la Germania, e con il ritiro delle truppe americane dal Reno nell'ora in cui più eloquente avrebbe dovuto essere la solidarietà, l' Intesa è virtualmente sp_ezzata, cosicchè l' Italia si trova ad aderire con maggiore cordialità ad un gruppo di interessi quando gli in- _ teressi generali dei vincitori si scindono e si allontanano. Ecco perchè riteniamo che n1ai come in questo momento ha politica italiana è stata più incauta e rischiosa. A Londra l'on. Mussolini ha portato in sostanza una più decisa volontà ita~iana di cooperare con la Francia, e sostenendo la connessione fra riparazioni e debiti interalleati ha riconosciuto che la Germania può pagare e deve pagare ed ha consentito che in caso di inadempienza la Fra11cia ha diritto a prendersi dei pegni econo111ici, non ritenendo necessari quelli territoriali. Il ragionamento utilitario che deve aver fatto l' on. Mussolini si sarà basato sul miraggio di qualche utile immediato, coerente al principio del do ut des, ma avrà certa1nente trascurata ogni visione larga, estesa nel tempo e nello spazio, di una politica nazionale che voglia intonarsi ad una Europa pacifica. E se è vero che il problema dei debiti debba essere connesso con quello delle riparazioni è anche vero che alla politica delle riparazioni debbano interessarsi direttamente tutti gli Stati creditori e debitori, quindi l' Italia, paese debitore non può trascurare accordi diretH con i suoi creditori pritna di impegnarsi in una qualsiasi direttiva nella politica delle riparazioni. Che cosa è invece accaduto? che quanto più Inghilterra e Stati Uniti (creditori nostri) si allontanavano dalla tesi francese tanto più il Governo italiano vi si è avvicinato. È chiaro quindi che manca una logica nella politica italiana, date le stesse pren1esse fondamentali sostenute dall'on. Mussolini a Londra. E così ci siamo trovati con un impegno morale 1nentre la Francia rivendicando libertà d'azione ha occupato Essen, prendendosi cioè i pegni territoriali, a garanzia di quelli economici; come faremo a tornare indietro,. o co1ne fare1no a rifiutare tutte le conseguenze politiche di un impegno morale, che sarà platonico finchè. si vorrà ma che ha la sua importanza politica perchè nessuno può ancora prevedere quali saranno le conseiuenze della n1arcia franco-belga, anche indipendente111ente dalle intenzioni dei Biblioteca Gino Bianco

O PACE FRANCESE O GUERRA-EUROPEA 17 Governo francese, perchè nessuno può a priori valutare i limiti e il carattere della resistenza gern1anica ? Il Governo italiano dopo il fallimento delle trattative di Londra avrebbe dovuto .assumere un contegno categorico al convegno di Parigi, il quale per l'atteggia1nento decisivo assunto da Poincaré e da Bonar Law, con opposti criteri, ha avuto il ca~attere di un vero e proprio consiglio di guerra. E in fatti come conseguenza si è avuta una marcia militare. Due sono le ipotesi che si affacciano con l'occupazione francese del centro carbonifero tedesco : o una rottura definitiva franco germanica, o un accordo. Nel primo caso la Francia tenterà spezzare qualsiasi capacità industriale della Germania per imporre la propria egemonia ; dovrà cioè rovinare economic~mente la Germania. E allora la rovina economica anche dell'Italia è assicurata, perchè l'offerta di un illusorio vantaggio alla minuscola siderurgia italiana sarà compensata con la disorganizzazione inevitabile di tutta la nostra vita econo1nica. Nel secondo caso, l'accordo fra il sindacato siderurgico francese e quello gennanico porterà ad un monopolio_ continentale, e quindi il danno del nostro paese è assicurato perchè il nostro vantaggio può derivare soltanto da una concorrenza fra produttori e produttori continentali. Gli avvenimenti intanto precipitano, la resistenza tedesca stimola i propositi aggressivi della Francia, mentre lo spettro della guerra riappare nell'Europa sconvolta; se è prematuro ogni giudizio definitivo è però giustificato il maggiore pessimismo per la tutela e la garanzia degli interessi italiani, presenti e futuri. ALFREDO DE DONNO .. CRITICI E .... < CRITICA > • Nel Resto del Carlino del 7 Rennaio un egregio signore di cui il nonie stesso ci era ignoto (nessuna meraviglia per ciò ora che gli uomini nuovi d'ogni parte spuntano come funghi su belli e maturi) dedica a noi un intero articolo di terza pagina. Un articolò per dire : che siamo appena quattro : che le· nostre idee sono niente affatto interessanti; che facciamo del regionalismo la chiave di soluzione di tutti i problemi economico-sociali delf ora con la stessa tendenza mentale con cui altri nel passato fecero di volta in volta capostipite di tutti i problellti ora il suffragio universale, ora il divorzio, ora la rappresentanza proporzionale; per concludere, infine, che siamo fuori dell'attualità giacchè rimastichiamo vecchie teorie sepolte dalla storia. Grazie tante I E allora perchè tanto interessamento f L'egregio collaboratoré del Carlino poteva anche risparmiarsi il fastidio di occuparsi di noi e impieg·ar meglio il suo te11ipo. Veramente quest'interessamento a far sapere che.... non siamo interessanti è strano. Tanto più che più di un giornale e d'una rivista, in Italia e anche all'Estero, hanno creduto in questi giorni di segnalarci_ all'attenzione del loro pubblico. E noi, in attesa sempre di critici che ci conibattano per le nostre idee e non per quelle che può far piacere attribuirci e coi quali discuteré, ce ne compiacciamo. Che s' incolliinci a sentire che certe idee nostre, che si pretende sepolte dalla storia, stanno per entrare decisamente nell'attualità f È possibile. BibliÒteca Gìno Bfanco

L·a prova decisiva dell' indt1stria italiana Dopo due soli 1nesi di esperienza e senza la luce che può venire da una pubblica discussione non è possibile esprimere un giudizio sulla politica economica del nuovo governo, e nen1meno si può affermare con sicurezza che esso abbia formulato nelle sue grandi linee un programma concreto di politica econo1nica. L' affermazione, tante volte ripetuta, di volere spogliare lo Stato da tutte le ·funzioni industriali ed in generale da tutte le funzioni economiche che gli si sono venute imponendo nel1' ultimo ventennio può costituire una magnifica dichiarazione di principi per chi vive lontano dal governo, 1na..,non è certo un programma che resista, nella situazione presente, al contatto della realtà, quando l' assertore di quei principi abbia assunto la cesponsabilità del potere. Tanto tneno è ·possibile il mantener fede a quel programma negativo per un governo c}le, nella sua ascesa, è stato largamente aiutato da quei gruppi d'interessi i quali non s'aspettano da lui soltanto una politica fiscale e sociale pitt favorevole, ma pretendono tutti quegli aiuti diretti, che dai governi precedenti non ritenevano di aver avuto in 1nisura sufficiente .. Sarebbe dunque assurdo aspettarsi dal governo attuale un programma liberista nel senso completo della parola; date le forze che oggi godono di una rnaggiore influenza politica, noi potrem1no vedere i principi liberisti porsi in atto per quanto riguarda la retrocessione ali' industria privata di qualche servizio statale, la soppressione di aiuti e privilegi alle cooperative, la rinuncia a tutta la parte più gravosa della legislazione sociale, la maggior libertà nei rapporti fra capitale e lavoro; n1a vedremmo · il Jiberismo naufragare miseramente, quando si trattasse di soppri1nere od anche semplicemente ridurre la protezione doganale, negare premi, sussidi, prestiti e co1nmesse di favore alle industrie pericolanti, e non eseguire lavori pubblici reclamati da interessi particolari, di fronte ai quali, nonostante i pieni poteri e la forza di cui esso dispone, il governo -attuale dovrebbe 1nostratsi altrettanto accondiscendente di qualunque fra i più deboli governi parlamentari o pseudo parlamentari, che lo hanno preceduto. Ma per fortuna v'è una forza che lo spinge a resistere con efficaci" assai maggiore di tutti i program1ni e di tutti i principi ; e questa forza è la necessità finanziaria. Anche prima del 30 ottobre il problema della restaurazione finan- / ziaria s' imponeva, cotne il più urgente ed improrogabile, a qualunque uomo di governo. Ma per gli uomini che sono oggi al potere il problern~ BibliotecaGino Bianco

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