L'Avvenire dei Lavoratori - anno XXXV - n. 6 - 30 marzo 1944

Anno XXXV (nuova serie) N. 6 Zurigo, 30 Marzo 1944 LIBERARE E FEDERARE! SONO QUATTRO SOLDATI QUINDICINALE SOCIALISTA Redazione e A mm in i strazi on e: Casella postale No. 213, Zurigo 6; Conto postale No. VIII 26 305; Telefono: 3 70 87 Abbonamenti: 24 numeri Fr. 6 -, 12 numeri Fr. 3.-, una copia Cent. 30 Sociali~mo u1nani~ta dovrà avere nei congressi e nella stampa del partito il pieno diritto di vita. L'esercizio del pensiero critico non solo esercita sui dirigenti salutare controllo, ma educa e sviluppa la personalità del militante ed eleva il livello intellettuale del partito. Alla fine d'una epoca totalitaria ed all'inizio d'un processo ricostruttivo del socialismo il problema dei diritti dell'uomo nell'organizzazione politica assume uno speciale risalto. Milioni di giovani europei vissuti per decenni nel cesarismo delle organizzazioni totalitarie attendono una nuova posizione spirituale nei liberi organismi che sorgeranno. Il problema, umanistico e politico nello stesso tempo, è di vitale importanza per il movimento socialista. In esso deve essere realizzato con molta sapienza pratica e con molta fedeltà a certi principi dell'umanesimo risorgente, il necessario equilibrio tra disciplina e libertà individuale. La realizzazione dei fini collettivi non deve essere impedita; ma vivificata e stimolata dall'attività critica e creativa dei singoli membri. · La posizione dell'uomo in una libera organizzazione socialista la si può meglio stimare e definire pensando a quella dell'uomo in una organizzazione centralizzata e dogmatica. In tali organismi il membro assume l'abito psicologico d'un esecutore. Le parole d'ordine venute dal centro onnipotente, che vive negli spiriti come una infallibile divinità, sono accettate automaticamente e non formano oggetto di critica. L'attività spirituale del membro si manifesta in due forme: l'una teorica e l'altra pratica. In quella teorica egli ricerca affannosamente nella realtà tutti quegli elementi che possano provare la giustezza della parola del centro chiudendo gli occhi ai fatti che eventualmente la contradicono. In quella pratica studia i problemi dell'applicazione e può a volte in questo campo riprovare e criticare creando in sé e negli altri l'illusione della libertà. La critica su certi problemi tecnici ed esecutivi è una concessione tipica delle organizzazioni totalitarie che intendono cosi soddisfare senza pericolo al naturale istinto critico di ogni essere pensante. Nella famosa lettera inviata da Ignazio di Loyola ai gesuiti portoghesi (De virtute obedientiae) si distinguono tre gradi di obbedienza: Il primo è l'esecuzione formale dell'ordine, fatta senza impegnare la vita interiore. Tale maniera di ubbidire, che può mirare solo ad evitare una punizione, non è considerata una virtù. Bisogna quindi ascendere al secondo grado in cui l'esecutore fa propria la volontà del superiore; ambedue in piena armonia vogliono o non vogliono la stessa cosa. Qui permane però ancora la separazione tra la volontà e la ragione. Se le due volontà sono fuse, la ragione rimane in agguato e l'esecutore, pur facendo sua la volontà del superiore, può interiormente criticarne il fine. Occorre quindi per raggiungere la perfezione, ascendere al terzo grado dell'obbedienza in cui l'esecutore non solo deve volere ma anche pensare come il superiore. La concezione dell'obbedienza in questo terzo grado vive in pieno nelle organizzazioni centralizzate moderne. Il secondo grado, che presuppone il solo accordo delle volontà, ma che lascia l'incertezza sull'atteggiamento della ragione, è praticamente la situazione d'un funzionario facile a cadere in disgrazia; è la situazione del militante che esegue gli ordini del centro il quale però può dubitare che nell'esecutore esista il consenso interiore alla linea del partito. Solo il funzionario dunque, che coincida nell'azione e nel pensiero con l'organo direttivo gode la grazia gerarchica nelle organizzazioni centralizzate moderne e realizza nello stesso tempo il terzo grado in cui Ignazio di Loyola poneva la perfezione della virtù dell'obbedienza. In ogni membro quindi, che voglia essere degno dell'organizzazione, esiste uno sforzo per il raggiungimento di questo ideale. d o,F,~-••<"",'.vacfue,ttivt0,-fa se ~or·o spi · uale, che ende a ·us evitare gli elementi che la contraddicono, non solo nel servizio di propaganda, ma anche nell'interno processo di autoconvinzione. Se una seconda direttiva contraddice la prima, il lavorio spirituale avviene in senso inverso e contiene tutti quegli elementi evitati nel primo processo di convinzione. Incalcolabili sono i danni morali ed intellettuali di questo procedimento che pone il militante di fronte ad un dilemma: da una parte la parola d'ordine che conduce il pensiero, dall'altra parte la scomunica che ne impedisce i voli. Situazione atta ad impigrire la vita delle idee ed a rendere difficile la sincerità politica. Lo spirito del militante si meccanizza e si impoverisce intellettualmente e moralmente. Intellettualmente perché in esso muore l'abitudine alla libera analisi e con essa la capacità creativa;. moralmente perché delle tiranniche sanzioni, ostacolando l'impulso della coscienza, rendono difficile il coraggio della verità. Questo spiega come in tali organizzazioni, in cui tanti uomini sacrificano la propria vita, rarissimo sia il coraggio intellettuale e fortissima la tendenza a nascondere i propri dubbi ed a spiare quelli che il compagno potrebbe nascondere sotto un prudente silenzio. Questo sistema che spetza il dorso alla personalità umana è in piena contradizione con l'umanesimo socialista e quindi con la posizione spirituale che il socialismo risorgente dovrà assegnare al militante nelle organizzazioni del partito. La necessaria disciplina dovrà sorgere spontanea dal consenso sui principi generali e dal comune interesse alla loro realizzazione e non dovrà giammai cristallizzarsi in un apparato repressivo che come una camicia di forza impedisca lo sviluppo della personalità. Una opposizione basata sui principi fondamentali e sorta nella risoluzione dei vari problemi concreti, La certezza che un suo atteggiamento critico di fronte ad una direttiva della direzione non lo trasformi in un traditore del socialismo ma semplicemente in membro di una opposizione egualmente stimata ed ascoltata, incoraggia il militante all'esercizio libero del pensiero e sottraendolo al pericolo di quei «vili silenzi» cosi tipici nelle organizzazioni totalitarie, approfondisce il suo amore per la verità, vivifica in lui l'impulso a diffonderla, eleva il suo carattere. Il pericolo dissolvente che i centralisti vedono in ogni opposizione trova nella realtà molte smentite. E' possibile la coesistenza d'una libertà e d'una disciplina. Una opposizione può trovare nei principi fondamentali i suoi limiti «ideologici», nell'autocritica dei militanti e nel loro attaccamento al partito i suoi limiti pratici. Falsa e tendenziosa è l'idea di ritenere dissolvente ogni opposizione; essa è lo spauracchio degli autoritari intenti a consolidare o a conservare il loro potere incontrollato. Dopo un lungo periodo in cui l'uomo, stretto in una morsa inesorabile, è stato soffocato ed umiliato, il problema della personalità nell'organizzazione deve trovare un grande risalto ;..;ella parola e nei fatti. Un movimento socialista che voglia rinnovare, non può essere che la negazione di questo triste passato; esso deve rinascere sotto il segno d'una forte rivalutazione dei diritti dell'uomo. Il movimento operaio dovrà anzitutto realizzare la libertà nel proprio seno e credere profondamente in essa. Realizzare la libertà e non solo invocarla come espediente tattico o demagogico. Fare della libertà una realtà umana e politica e non manovrare con essa come il cacciatore con lo specchietto per le allodole. Un'istruzione popolare per la libertà e il socialismo 1 ° In tutti i paesi europei dopo questa guerra ci si troverà a dover affrontare il problema di una riforma radicale dell'educazione, perché soltanto per mezzo di questa potranno essere gettate le basi per un ordinamento nuovo e pacifico della Società. 2° Gli stati totalitari e particolarmente la Germania hanno dimostrato quanto efficace possa essere un piano di educazione rigorosamente sistematico nell'influenzare determinati concetti universali. In questo essi hanno dimostrato la loro superiorità sul sistema di educazione liberale-borghese. Non meno impressionanti, d'altro canto, sono i risultati ottenuti per mezzo dell'educazione nell'Unione Sovietica. Urge trarne gli opportuni insegnamenti e chiarire quali sono i nostri scopi cosi come i metodi che ne derivano. 3° Il nazionalsocialismo educa alla completa dedizione dell'individuo alla collettività (lo stato) cui egli è tenuto a prestare cieca obbedienza fino alla dedizione della propria vita e, al di là di questa, anche della propria coscienza. («Lamia coscienza è il FUhrer».) Esso costituisce il polo opposto del sistema di educazione individualistica che caratterizza va il secolo XIX. Nella nostra condizione urge prima di tutto chiedersi in che cosa si distingua questo collettivismo totalitario di stato da quello che è il nostro ideale e che anch'esso ha come meta la collettività e la dedizione ad essa dell'individuo. 4 ° Noi possiamo individuare questa differenza nella concezione della società, come essa viene posta all'individuo e nelle esigenze etiche che ne derivano. Il nazio"nalsocialismo ha come 'me a 'u-2'{>;ietà gerarchica, vale a dire una società la quale stabilisce ed esige una naturale ed inevitabile disuguaglianza tra gli uomini. Il suo ideale è il .dominio dei più alti e la servitù incondizionata, sebbene ripartita in gradi diversi, dei più bassi. Ecco quindi fondarsi il sistema sul comando assoluto, sulla cieca obbedienza e sulla mancanza di solidarietà, la quale viene rafforzata da una incondizionata sottomissione di fronte a colui che domina ( «Divide et impera»). Noi, al contrario abbiamo come meta una società solidale fondata sul riconoscimento di eguali diritti per tutti. No i v o - g 1 i a m o e d u c a r e p e r 1 a c o m u n i t à. 5° Una comunità è possibile soltanto tra individui liberi e che godano di uguali diritti. Cosi noi facciamo nostra la premessa che gli uomini, per usare l'espressione della dichiarazione dei diritti dell'uomo, sor:o «liberi ed uguali» il che equivale alla formula cristiana di «fratelli». Questa concezione della dignità degli uomini e di inalienabile libertà non è fondata su di un'uguaglianza corporea o spirituale, che non esiste, ma su di un'uguale situazione dell'uomo di fronte alla responsabilità morale per mezzo della quale noi ci distinguiamo dagli animali e di cui è premessa il diritto dell'uomo a disporre di sé stesso. Questo diritto a disporre di sé stessi non è possibile che in una comunità democratica. Noi lo possiamo realizzare soltanto mediante il riconoscimento che i nostri simili hanno gli stessi nostri diritti (sono nostri «fratelli>>) in un sistema solidale di assistenza reciproca. Da questa concezione sorge la necessità di un'educazione democratica e socialista per la creazione di una comunità in regime di libertà e di responsabilità («Educazione individuale» od «Individualerziehung:i> secondo Pestalozzi). CHE DORMONO Chi ha lasciato una casetta presso il mare: una scatola con tre buchi di finestra e un gerlY nio ad ogni buco; c'era intorno un campicello e un po' di terra: proprio tutta sua: terra verde ad ogni mese, quanti doni che gli ha dato. Ci sarà il figliuolo adesso, quello grande, alla danza della vanga; stelle gialle di patata già su quel verde; mai i tre buchi di finestra senza un ramo di geranio: la moglie s'è dimenticata dal gran piangere che fa. Chi ha lasciato una casetta presso il mare, se la sogna. Chi ha lasciato una stanzetta queta in cima a un quarto piano: c'era un piccolo balcone nel cortile e chiacchiere di rondini: c'era un piccolo balcone là di faccia, che ci batteva il sole: c'era un canto di cucito assai soave; sopra il canto un ciuffo biondo; sempre all'alba ed alla sera sempre: e sempre giorno buono e buona notte. Ed ora chissà se canta, e il ciuffo biondo cosa farà? Chi ha lasciato una stanzetta queta in cima a un quarto piano, se la sogna. Chi ha lasciato l'officina, e quel gran suono, e la febbre del lavoro, e l'onesto guadagno sulla mano e il sonno del sabato tranquillo; e la marcia veloce la mattina con colpi svegli di tacco su marciapedi assonnati; e a mezzodt la pagnotta croccante col com-- panatico dentro adorno di tanto appetito; e alla sera una lenta rugiada di avemarie, lenta, sopra prime lampade, dietro l'ultimo raggio di sole; e la minestra calda sulla tovaglia bianca, e il buon bicchiere di vino, e quella santa vecchietta di mamma: povera vecchietta, cosa farà? Chi ha lasciato l'officina e quel gran suono, e la febbre del lavoro e l'onesto guadagno sulla mano, se lo sogna. E chi ha lasciato una fisima strana scritta a metà sopra un foglio di carta: c'era uno sbigottimento di candela sopra quel foglio di carta: e nelle tempie la carezza della fantasia con parolette stanche: e nella gola un motivo di capriccio: e lungo la schiena vertigini di sensazioni: e una parola bastava a riempire quel vuoto all'interno: e la sua era l'unica felicità di vivere. Chi ha lasciato una fisima strana scritta a metà sopra,un foglio di carta, se lo sogna. Sono quattro soldati che dormono: silenzio. E tutti e quattro il loro bene l'hanno lasciato: e tutti e quattro il loro bene non l'hanno dimenticato; e sono andati con un canto in bocca per non bere le ·zacrime di sole: non si sono mai lamentati e di giorno e di notte; nulla sanno né sapranno: e s'anche a giorno una qualche cannonata su quel mucchio ne farà un carname rosso non si lamenteranno: se ne andranno con la fronte ben fasciata di quel sonno: come ce li ha buttati la stanchezza, ci resteranno. Sono quattro soldati che dormono: silenzio. Ora sembra che uno stormo d'ali passino nel cielo: il brusio di quelle stelle s'è smorzato: sembra un volo, ma è deserto: è un deserto azzurro e rosa, madreperla del creato: sembra un tuono e non c'è un velo: passa un turbine di ferro: ecco arriva un gran turbine di ferro: - Mamma! - ecco arriva su quel mucchio: ne fa un gran carnaio rosso. Raniero Nicolai («Elogio della vita;p) 6° Poiché in Europa l'educazione negli stati totalitari deliberamente è stata impartita secondo concezioni del tutto opposte, e negli altri stati per lo più senza un chiaro indirizzo o soltanto al fine generico di apprendere ciò che è necessario per la vita o per la professione, sta ora di fronte a noi il compito di trovare ed applicare dei metodi del tutto nuovi che in gran parte debbono avere il significato di veri e propri metodi di risanamento.

Bi Libri Le orgini della lotta attuale Egidio Reale - <Die UrspriJnge des modernen Italiens:P. Bilchergilde Gutenberg, Zilrich 1944. E' un vero peccato che questa bella narrazione della storia del risorgimento italiano non abbia potuto essere pubblicata in italiano, e che sia perciò accessibile per ora solo a pochi connazionali. Questo libro viene incontro all'interesse degli italiani per l'opera dei loro antenati che hanno trasformato l'Italia da semplice espressione geografica in una libera comunità nazionale. Ora che Mussolini ed il fascismo hanno rovinato questa eredità e ci hanno rimessi nella necessità di ricominciare ancora una volta a ricostruire la nostra casa, è necessario riandare con la memoria a quel che è stato già fatto per il passato. Egidio Reale ci racconta il lungo dramma iniziatosi verso la metà del settecento e giunto a compimento con la conquista di Roma. L'Italia è stata non opera del popolo italiano, ma della lotta e dei sacrifizi di una minoranza che ha trovato ostacoli non solo nelle potenze conservatrici europee e nello spirito reazionario dei governanti dei piccoli stati della penisola, ma anche nell'inerzia e spesso nell'ostilità delle masse popolari. Mentre una parte dei patrioti italiani si adattarono a queste condizioni ed hanno finito per raggrupparsi intorno al liberalismo piemontese guidato da Cavour, e sono giunti infine con un'abile politica ad unificare formalmente l'Italia, un'altra parte - ispirata da Mazzini - non solo ha spinto col suo fervore i moderati ad atti che non avrebbero probabilmente trovato il coraggio di compiere se non fossero stati continuamente pungolati, ma soprattutto ha predicato e lottato perché l'unità e la libertà italiana fossero frutto della partecipazione del popolo italiano. La storia del risorgimento è la storia della vittoria dei partigiani della «conquista regia> e della sconfitta dei partigiani dell'Italia del popolo. - Malgrado la sua profonda simpatia per Mazzini, Reale sa guardare con occhio tranquillo di storico questo svolgimento, poiché sa che il senso di gratitudine degli italiani va tanto ai vincitori quanto ai vinti di quell'epqca. Da tutta la sua narrazione traspare tuttavia la consapevolezza che se i liberali cavourriani hanno lasciato alle generazioni successive un D laburismo e l'Europa Un recente opuscolo della Società Fabiana - «Labour and Europe», porta come sottotitolo: «Necessità di una strategia socialista». La Società Fabiana è un'istituzione socialista nell'interno del Partito Laburista Inglese, la quale si occupa prevalentemente dei problemi di cultura e dello studio delle questioni politiche. Il maggior merito dell'opuscolo di cui ci occupiamo consiste nella concezione fondamentale di un'Europa quale unità. Lo prova il progetto di una futura ricostruzione economica dell'Europa. I consigli a questo soggetto sono solidi malgrado che i particolari debbano ancora essere esaminati. Anche nel caso che il progetto venga alterato, speriamo che i punti principali restino intatti: per esempio, la considerazione dell'Europa come unità economica. il controllo internazionale delle industrie pesanti, l'industrializzazione degli stati sud-orientali, ecc. Malgrado che l'opuscolo si occupi principalmente di . risolvere problemi economici, non commette l'errore di basarsi sul punto di vista tecnico - errore commesso principalmente da quelli che vogliono evitare le difficoltà dei problemi politici. Ecco le parole dell'autore: «Una cosa è di importanza capitale, e cioè la creazione di istituzioni economiche europee che possiedano l'autorità e la forza dì organizzare e condurre a termine le proprie deliberazioni in modo autonomo, senza basarsi esclusivamente sui contratti fra stato e stato.» Ma il bisogno di creare una autorità politica internazionale è chiaramente espresso. Solo questo organo può garantire il funzionamento soddisfacente delle diverse istituzioni economiche. L'Europa dunque deve essere organizzata come una federazione; forma governativa la più adatta a creare un centro di controllo economico che rispetti il controllo locale negli affari regionali. L'opuscolo non indica in che modo si potrà realizzare questa Federazione Europea, né il genere di compiti che essa si assumerebbe. Malgrado questo, «Labour and Europe» costituisce un eccellente punto di partenza per ulteriori ricerche. Esso può favorire un incontro dei socialisti inglesi e continentali sul terreno della discussione concreta ed in questo modo aiutare l'accordo e la cooperazione. L'aTvenire dei Balcani A Londra è stato pubblicato nell'estate del 1943 un opuscolo con numerose carte geografiche sulle quali gli stati orientali e sud-orientali d'Europa sono rappresentati riuniti in un blocco, separato dalla Germania e dalla Russia da potenti frontiere. Su queste carte grandi cannoni puntano le loro bocche verso la Ger- o bene acquisito da amministrare e sviluppare, i repubblicani di Mazzini, di Cattaneo hanno lasciato ben di più: un ideale da realizzare. Lo stato italiano non essendo stato opera popolare, restò sempre assai lontano dalla coscienza delle grandi masse italiane, e questa mancanza di senso civico non fu pienamente corretta nemmeno dal movimento socialista che pure tanto contribuì a dare una coscienza politica a grandi strati popolari italiani. Ciò serve a spiegare la relativa facilità con cui il fascismo è riuscito a conquistare lo stato, a privarlo di tutte le istituzioni liberali che i suoi fondatori gli avevano dato, a convertirlo in uno strumento di oppressione all'interno e di imprese megalomani all'estero. Ora che questa avventura si è conclusa con la distruzione di pressoché tutto quel che ci avevano tramandato gli uomini del risorgi.mento, la ricostruzione dell'Italia è affidata agli eredi dello spirito di Mazzini e di Cattaneo. I vinti di allora sono divenuti i principali ispiratori dell'epoca di oggi. La nuova Italia deve essere un'Italia repubblicana, cioè tale che lè sue istituzioni politiche vivano del consenso e della partecipazione del popolo e provvedano al benessere generale, deve vivere in pacifica c_ooperazione con gli altri popoli come era preconizzato da Mazzini quando fondava la Giovane Europa e da Cattaneo quando considerava gli Stati Uniti d'Europa come l'unica garanzia della libertà dei vari popoli europei. Nelle ultime pagine del suo libro Reale cita l'amara esclamazione di Mazzini, giunto al termine della sua vita, e malcontento dello scarso frutto di tutte le sue lotte: «E' l'Italia, la mia Italia, l'Italia quale io l'ho predicata? L'Italia dei nostri sogni? L'Italia, la grande, la bella, l'onesta Italia della mia anima?> - Il fascismo ha creduto di dare una risposta a questi angosciati interrogativi ed ha creduto di dover rispondere loro creando tm'Italia vanagloriosa, prepotente, coperta di falsi ori che ne celavano le piaghe. - Rileggendo nelle pagine di Reale la storia del risorgi.mento italiano, noi vediamo che un'Italia come i nostri antenati la volevano e come noi dobbiamo farla sorgere è invece un popolo libero, laborioso, pacificamente convivente cogli altri popoli. Solo perché simpatizziamo profondamente con questi ideali ci sentiamo figli degli uomini del risorgimento e prosecutori della loro opera. - mania. Basta un poco di intelligenza per capire che con facilità i cannoni possano essere puntati in altra direzione; per questo la Russia dà tanta importanza a simili blocchi, che proteggono una pace mantenuta da frontiere e da artiglieria. Resi diffidenti da precedenti esperienze, i politici sovietici considerano simili costruzioni non come ponti ricongiungenti l'oriente con l'occidente, ma come un cordone sanitario che separa l'Est dall'Ovest e destinato a diventare una testa di ponte per eventuali aggressioni future contro la Russia. Un gruppo di socialisti e di democratici dell'Europa sudorientale ha tentato ora di opporsi a questa proposta reazionaria col discutere assieme una possibilità di unione dei loro popoli che non sia ostile a nessuno e che si proponga il programma della pace mondiale e del miglioramento del tenore di vita. I risultati di questa discussione sono stati pubblicati in un rapporto del Club Danubiano di Londra. L'Unione o Federazione comprenderebbe una regione includente: L'Albania, l'Austria, la Bulgaria, la Cecoslovacchia. la Grecia, l'Ungheria, la Polonia, la Rumenia e la Jugoslavia. Nell'opuscolo si insiste sul fatto che l'esecuzione del progetto non dipende da un'unione che includa queste nazioni e ne escluda altre. Sono considerate essenziali le relazioni di amicizia con i. Soviet e la realizzazione di un governo democratico alle fine della guerra per tutte le nazioni partecioan ti a questa lega. Gli scopi principali dell'Unione sarebbero: miglioramento del tenore di vita per i membri deTI'Unione, sviluppo di relazioni pacifiche fra di loro e con gli stati esteri. e principalmente creazione di una cintura di difesa che sappia mantenere la sicurezza collettiva. La necessità di una politica estera comune che protegga la stabilità della democrazia e delle libertà civili, e che assicuri una organizzazione economica per la difesa comune, significa una inevitabile restrizione della sovranità nazionale dei singoli stati. Le proposte dettagliate riguardano la costituzione della Federazione e del governo federale e la creazione di un esercito comune. I progetti economici schizzati in grandi linee rivelano la collaborazione di elementi socialisti e democratici che sanno quanto la pace dipenda dall'organizzazione economica e dalla modificazione della struttura sociale che garantisca la sicurezza dei popoli. L'opuscolo non risponde ad una domanda capitale: «Sarà una federazione regionale di questo genere atta a condurre l'Europa all'unità europea che pure sembra indispensabile all'autore?» E' assolutamente necessario rispondere chiaramente a questa domanda. Il piano delle tre grandi potenze indicato dalle proposte di Mosca sotto il nome di CO Comitato europeo non mostra nessun interesse per una unità europea. «The Economist» del 6 novembre 1943 ha messo in rilievo questo punto delicato commentando la dichiarazione della conferenza di Mosca a proposito dell'indipendenza del!'Austria: «Malgrado che la dichiarazione accetti il principio dell'idea federale, essa non pare formularla in modo che serva ad una grande concezione di unità europea.» Perché l'unità europea possa diventare una realtà del dopoguerra, ogni stato deve reclamarla ed esigerla. Naturalmente le tre grandi potenze hanno ora tutte le carte in mano. Gli aiuti finanziari possono trasformarsi in istrumenti di pressione politica. L'industrializzazione, le riforme agrarie ecc. non sono realizzabili che con aiuti finanziari provenienti dall'estero. Questa dipendenza economica può diventare pressione politica e minacciare la desiderata unità europea. I socialisti e i democratici inglesi ed americani dovranno riconoscere la loro responsabilità ed impedire che influenze reazionarie compromettano la pace mondiale e l'unità europea. Ci si domanda se non varrebbe meglio che l'Europa si ricostituisse economicamente da sola, senza aiuti esteri, anche se questo le costasse più tempo. In quale proporzione potranno la Germania e l'Italia post-fasciste sopportare il peso di simili ricostruzioni ? Esiste anche il pericolo che i piccoli stati si perdano in labirinti di intrighi ed ambizioni nazionali tentando di speculare sulla rivalità delle grandi potenze, creando cosi essi stessi una nuova versione della politica della «balance of power». Questo sarà inevitabile se si formeranno federazioni orientali ed occidentali. La Germania isolata ed esclusa da esse potrà favorire una guerra futura. Se la Federazione includesse tutti gli stati non vi resterebbe possibilità di supremazia per la Germania, perché essa sarebbe neutralizzata dalla grande maggioranza delle nazioni non tedesche. L'unità dell'Europa sembra dunque indipensabile e varrà la pena di pagarla un prezz~ che, anche se alto, assicurerà la pace all'Europa e al mondo. Le emigrazione dopo la guerra Alla Camera dei Comuni il Ministro degli Esteri Eden ad un'interrogazione sull'emigrazione degli europei ha risposto di non avere conoscenza che stati del Nuovo Mondo abbiano l'intenzione d'accogliere molti europei dopo la guerra. Egli ha aggiunto: «Io spero che dopo la guerra noi avremo un'Europa migliore e che gli europei non avranno tanto desiderio di abbandonarla.» Questa risposta ha portato nuovo lume su quella che è stata l'attività della Conferenza delle Bermude. Nessuno pensa a schiudere nuove terre all'emigrazione ed a permettere delle emigrazioni in masse. Negli Stati Uniti si parla spesso di limitare l'immigrazione ancor più di quanto non è stato fatto finora, poiché dopo la guerra bisognerà anzitutto procurare pane e lavoro per gli americani reduci della guerra e perché la trasformazione della produzione di tempo di guerra in produzione di tempo di pace richiederà vari anni. In Inghilterra è stato esaminato lo stesso problema e si parla di obbligo per gli emigranti di abbandonare il paese affinché i posti disponibili siano riservati ai sudditi dello stato. Nel frattempo si volge lo sguardo verso le colonie britanniche dove gli emigran.ti, che hanno imparato la lingua inglese, potrebbero applicare utilmente le loro cognizioni per sé e per l'impero inglese. Nella stampa si chiede che per coloro i quali si sono resi benemeriti del paese si facciano eccezioni e che venga ad essi permessa l'ulteriore permanenza in Gran Bretagna. Per un certo tempo si è detto che l'America Meridionale sarebbe pronta ad accogliere profughi dall'Europa. Dati concreti comunque non ve ne sono stati e in certi momenti si è persino preteso che gli Stati Uniti avrebbero rivolto agli stati del1' America Meridionale la richiesta di sospendere l'immigrazione. Questo intervento, comunque, non può riferirsi che alla durata della guerra e si spiega con il timore che con tale immigrazione i paesi americani possano essere raggiunti da spie e che queste possano fomentare rivolte d'accordo con generali amici del1' Asse. Per il momento esiste soltanto una dichiarazione del governo della Columbia il quale dichiara «di essere pronto a ricevere con gioia individui provenienti dalle regioni devastate d'Europa non soltanto per offrire a questi un asilo, ma anche per servirsi delle loro forze per l'ulteriore sviluppo della Columbia». A proposito del destino dei profughi nel dopo-guerra è stato dichiarato in Inghilterra che non verrebbe presa in considerazione la creazione di nuovi sbocchi per l'emigrazione in paesi d'oltremare perché a questo scopo sarebbero necessarie somme enormi. Sembra avere un certo peso l'argomento che nei paesi d'oltremare non venga creata un'industria tale da poter danneggiare l'industria dei paesi d'origine. E sembra che non vengano contemplate delle eccezioni neppure per l'emigrazione ebraica; un'emigrazione postbellica in massa in territori d'oltremare non sarebbe possibile per la mancanza dei famosi «permessi». L'unica soluzione rimane la Palestina. Delle migrazioni e del rimpatrio dei profughi Sale nella piaga La classe dirigente Appena si entra in un ambiente accademico si è soffocati dal cattivo odore d'intrigo, di vanità e di personalismo ed è facile constatare che quasi sempre, o spesso, le scelte sono le più ingiuste. E pure si tratta di scegliere non uomini di attitudini complicate, difficili a definire, ma uomini che si occupano degli stessi studi e hanno la stessa attività. F. S. Nitti (La Democrazia, pag. 47) Gli scienziati ufficiali hanno tutto il peso delle loro situazioni ufficiali, delle loro vanità accademiche, dei loro piccoli interessi. Vi sono scienziati illustri che hanno l'anima di servitori e ve ne sono che hanno l'anima pettegola di vecchie <cocottes». Nulla è più comico della vanità dei vecchi accademici. Ibidem (pag. 220-221) In ogni modo la più gran parte degli scienziati moderni inclina a considerare con diffidenza le forme politiche democratiche. Ho passato quasi tutta la mia vita nell'Università, ho insegnato lungamente, ho conosciuto i maggiori scienziati di quasi tutti i paesi di Europa e con molti di essi ho avuto intimità: ho potuto convincermi facilmente che i giudizi politici della più gran parte di essi non sorpassano il livello delle persone di coltura media e qualche volta sono anche inferiori. Ibidem (pag. 222-223) Plutarco ricorda che quando a Cicerone si rimproverava di accusare Crasso dopo averlo qualche tempo prima ammirato in altre orazioni, Cicerone rispose: «Io ho voluto provare il mio talento su di un soggetto ingrato.» Ibidem (pag. 227) Anche nei più grandi letterati ed artisti prevale quasi sempre più l'emotività che il ragionamento: vogliono piacere ed interessare e vogliono soprattutto aver l'ammirazione. Lo gran vizio d'eccelenza, come diceva Dante, l'ambizione di sopravvivere, perpetuandi nomlnis desiderium, secondo l'espressione di Boccacci, sono anche nelle migliori nature lo stimolo: desiderio che la superiorità sia pubblicamente riconosciuta e proclamata. Ibidem (pag. 233) \'OCABOLlRIO «Abbiamo perdut.o i nomi delle cose.» Abdicazione. Atto generoso per cui un principe rinunzia alla corona che più non gli appartiene. Abuso di aut.orit.à. Gli atti di governo degli avversari. Gerarchia. Dal greco geron e archia, e significa governo dei vecchi. Ringiovanire le gerarchie significa dunque, alla lettera, ringiovanire i vecchi. E' un'operazione chirurgica piuttosto delicata e che non sempre riesce. Granito. In geologia indica una pietra abbastanza dura e resistente, applicato agli uomini ( ad es. legioni granitiche, fede granitica, gioventù granitica) il termine gra,nito serve ad indicare le stesse qualità di durezza e resistenza ma solo per i giorni di bel tempo. Se piove, add:o granito! Cosi dal temporale del 25 luglio 1943 in Italia c'è la crisi del granito. Prode. Dal latino pro-sum pro-d-esse e vuol dire semplicemente essere utile. Tuttavia nessuno chiamerà prode un muratore o uno scarparo o una levatrice, persone d'innegabile utilità, ma spesso udiamo qualificare prode un militare per fatti di utilità per lo meno dubbia. Privat.o. Seconda l'etimologia significa cretino. Es.: appena un zurighese acquista un campicello nel Ticino la prima cosa che fa ~ di piantarci un palo con la scritta <privato>. Quando si dice l'istinto. europei si occupa l'«UNRRA», l'opera di soccorso e ricostruzione delle Nazioni Unite di cui è presidente Herbert Lehmann, l'ex governatore di New York. Dopo la guerra sarà necessario ricondurre nella loro patria circa 21 milioni di uomini. Molti europei, comunque, che attualmente si trovano in Inghilterra o negli Stati Uniti avrebbero chiaramente dichiarato di voler vivere il resto della loro vita in un paese che non sia la loro patria d'origine. Se non sarà possibile per essi rimanere in Inghilterra o negli Stati Uniti si cercherà di stabilirli nelle colonie britanniche o in alcune repubbliche sudamericane. Comunque, si tratterebbe di casi singoli, non di soluzioni collettive. Il prof. Kulischer in un'opera da lui pubblicata a Londra per incarico dell'Ufficio Internazionale del Lavoro fa risalire a 4 milioni il numero degli ebrei senza patria. L' «UNRRA» conformemente alle conclusioni della conferenza di Atlantic City è tenuta a prestare soccorso agli emigranti. Per coloro di cui non è possibile il rimpatrio, o che non lo desiderano, deve provvedere il Comitato Interalleato per i profughi, di Londra, fino a che non sarà stata trovata per essi una sistemazione.

La radio La radio è il terzo complesso tecnico-industriale che incide notevolmente sulla vita spirituale dei popoli. Il primo è la stampa, il secondo il cinema. Dopo ogni capovolgimento economico la stampa ha subito mutamenti per adeguarsi sempre più al suo vero compito di diffusione della cultura e di arma più o meno libera di lotta politica. Il cinema e la radio sono invece nati col nostro secolo, si sono sviluppati con rapidità vertiginosa e divenuti in poco tempo strumenti formidabili di propaganda e di penetrazione tra le masse. Purtroppo sono sorti allorquando la libertà più o meno formale faceva posto dovunque alla dittatura scoperta. Cinema e radio non sono passati attraverso l'esperienza della libera concorrenza e della libera iniziativa, la quale in altri campi, pur senza risolvere nulla definitivamente, ha chiarificato almeno i problemi. Cinema e radio sono strumenti caduti vergini nelle mani di stati autoritari, centralizzatori, monopolistici, strumenti subito usati contro l'individuo e per la conservazione socia!~. Dobbiamo riprendere il problema dalle origini. Il problema della radio, nelle sue grandi linee, è molto semplice e parte da una premessa nuova, mai presentatasi sino ad oggi per nessun prodotto: l'emissione radiofonica costa carissima ma non è vendibile. Può soltanto essere regalata. trale e cinematografico. Voglio dire che suo dovere sarà «noleggiare per una trasmissione» qualunque complesso artistico-spettacolare che nell'ambito ridotto di un pubblico diretto e cittadino abbia avuto notevole successo. Rimane la questione della propaganda, delicatissimo problema che sconfina nella politica. E' assai facile regolamentare la propaganda elettorale vera e propria. Come ogni partito dispone di uno spazio uguale sui muri della città per l'affissione del proprio manifesto, cosi ogni partito politico legale potrebbe aver diritto, mediante pagamento di un nolo di molto inferiore al reale prezzo di costo della trasmissione, a un dato numero di ore per far parlare al microfono i propri oratori. Ma la propaganda si fa più con le notizie che con i discorsi. Chi deve redigere il giornale-radio? Vi deve essere, in uno stato democratico un unico giornale-radio oppure ve ne devono essere parecchi? In che misura i partiti che dirigono lo stato avranno a loro disposizione la radio? A noi preme soltanto stabilire alcuni punti fondamentali. P r i m o : non è opportuno (finché dura il capitalismo) lasciare libertà ai privati nella costruzione di impianti di trasmissione, nemmeno per stazioni aventi unicamente carattere giornalistico. Tali impianti, che richiedono grandi capitali, complicherebbero ancora di più la liberazione della stampa quotidiana dai legami con la grande industria e l'alta finanza. Nemmeno è pensabile una soluzione cooperativa, poiché il successo più o meno grande delle trasmissioni non si trasforma in reddito più o meno grande, in modo da proporzionare lo sviluppp della stazione nemmeno approssimativamente al consenso popolare che essa riscuote. E una cooperativa con un bilancio tutto a fondo perduto è impensabile. S e c o n d o : nessuna trasmissione di notizie è obbiettiva e imparziale. La scelta delle notizie è di per sé stessa un atto propagandistico. In uno stato che non vuole essere dittatoriale, ma democratico, ciò non può avvenire. Vi devono essere dunque parecchi radio-giornali, oppure nessuno. Questo si ricollega al problema delle agenzie d'informazione. Terzo : è più facile creare il panico e l'inganno con false notizie radiofoniche che con false notizie giornalistiche. La radio ha un effetto molto più immediato della stampa. Le notizie a stampa arrivano sempre con un certo ritardo. La notizia letta è già morta, la notizia trasmessa per radio è ancora palpitante. La quintessenza della montatura giornalistica non è forse rappresentata dagli strilloni che gridando slogan, creano nel pubblico un orgasmo spesso smorzato subito dalla notizia stessa letta con calma, riletta e interpretata con buon senso? Forse la soluzione che meglio concilia queste tre .necessità è quella di trasmettere un unico e generico bollettino statale limitato alla lettura dei vari comunicati d'agenzia, lasciando invece ai giornali politici libertà di noleggio delle stazioni per un dato numero di ore, come per i partiti politici, per trasmettere unicamente un commento alle notizie del giorno. Il problema della radio coincide insomma col problema dello stato. Non è un problema tecnico, ma politico. Se avremo uno stato europeo federalista con autonomie culturali regionali avremo la premessa per la migliore soluzione anche dei problemi tecnici. Se invece persisteranno gli stati nazionali sovrani e se essi verranno conquistati da singoli partiti, anche la migliore organizzazione tecnica non salverà la radio dal diventare uno strumento pericoloso. Europeizzare e federare indica dunque la via della libertà anche alla radio. Per concludere questo primo accenno al problema della radio e per attirare su di esso l'attenzione di tutti coloro che vogliono creare un organismo statale migliore e una vita sociale non interamente subordinata allo stato, basta ricordare che la radio è stata effettivamente uno dei più potenti mezzi di oppressione dittatoriale, ma anche un incomparabile balsamo contro le false notizie, qualità che l'esperienza di questa guerra ha validamente confermato. Nessuna frontiera, nessun disturbo arresta le onde della radio. Valicando tutte le frontiere esse portano dovunque la libera contraddizione anche in quegli stati che più gelosamente la vorrebbero evitare. La radio può essere un possente strumento di liberazione. A lume di logica, c'è da chiedersi come mai la radio (parliamo qui soltanto delle trasmissioni pubbliche, e non delle comunicazioni radiotelefoniche) abbia avuto un tale sviluppo quando viene a cozzare contro il più elementare calcolo fino ad oggi alla base di qualsiasi sviluppo industriale: rapporto tra spesa di produzione e prezzo di vendita. Il secondo termine del rapporto è nullo, il primo altissimo! Non solo. La radio, mettendo alla portata di tutti gratuitamente dei piaceri che prima si pagavano (concerti, conferenze, dischi, e domani, con la televisione, anche il cinema) ha danneggiato delle floride imprese già esistenti. Perché dunque la radio si è tanto sviluppata in questi ultimi decenni? Se l'esperienza non ci smentisse, potremmo supporre perché la fabbricazione e la vendita degli apparecchi di ricezione è una industria ottima, e gli apparecchi non si possono vendere se non vi sono trasmissioni. Ma non è vero: l'industria degli apparecchi riceventi ha seguito lo sviluppo delle trasmissioni, non l'ha preceduto. I fabbricanti di apparecchi di ricezione non hanno mai fatto nulla per incrementare le trasmissioni, non hanno mai speso un soldo per impiantare nuove stazioni emittenti. Chi li ha spesi questi soldi? In quasi tutti i paesi, lo stato. In certi paesi, grandi cartelli che avevano bisogno di propaganda: giornali, imprese editoriali, sporth•e, cinematografiche. Ciò che ha determinato lo sviluppo della radio, non parliamo in questi ultimi anni di guerra, ma anche prima, è stato soltanto il fattore propaganda. Poco importa se una stazione trasmette tutto il giorno bellissime musiche e soltanto la sera, prima di chiudere l'emissione, due righe di propaganda. E' il frutto di queste due righe che giustifica tutte le spese dell'emissione. Il diritto degli italiani di istituire una repubblica democratica Il prodotto della radio non si può far pagare, si può soltanto regalare. Inutile ricordare che malgrado questo dato di fatto, suggerito dalla particolarità tecnica dell'emissione, certi stati hanno creduto di poter imporre a tutti i detentori di apparecchi radiofonici una tassa affinché venissero coperte le spese di trasmissione. Questo provvedimento è e rimane una tassa, come tante altre, che poteva anche venire imposta ai gobbi o agli zoppi senza per questo andare contro la coerenza. Io scelgo un prodotto e perciò lo pago. Chi non lo paga, non può procurarselo. Con la tassa radiofonica un certo gruppo di ascoltatori paga per un certo genere di trasmissioni. Ma i pagatori sono invece in condizione di ascoltare tutte le altre stazioni per le quali non hanno pagato un centesimo e spesso ascoltano quelle più sovente che le stazioni per le quali hanno pagato. La radio deve essere gratuita per tutti, in tutto il mondo. Chi paga le spese di trasmissione e di impianto? Lo stato. Che trasmette? Tutti devono poter trasmettere: orchestre, solisti, società sportive, partiti politici. La radio deve essere un servizio pubblico, da questa necessità non si esce se non si vuole che essa rimanga sempre e soltanto strumento di oppressione e di dittatura. Naturalmente con ciò non si vuole dire che il primo venuto possa arrogarsi il diritto di parlare attraverso il microfono al mondo intero. Scindiamo innanzi tutto le due funzioni della radio: divulgazione della cultura e dell'arte; propaganda. Alla prima funzione provvede interamente lo stato. Come lo stato mantiene le biblioteche, cosi egli mantiene le stazioni radiofoniche, costosissimi impianti che nessun mecenate sarebbe in grado di regalare. Come il bibliotecario ha l'incarico di acquistare i volumi senza alcun pregiudizio, unicamente in base al mercato librario e alle richieste dei lettori, cosi deve provvedere il direttore della stazione radiofonica, uniformandosi nella composizione dei programmi, sia ai gusti del pubblico, facilmente individuabili poiché ormai tutti «scrivono alla radio», sia alle correnti artistiche che regnano nel campo musicale, teaSotto questo titolo Luigi Antonini, nella sua qualità di Presidente d e 1 Co n si g 1 i o O p e - r a i o I t a 1 o - A m e i:.,ic a n o ha reso pubblica il 15 febbraio 1944 la seguente deliberazione: «Il Consiglio Operaio Italo-Americano che rappresenta t r e c e n t o m i 1 a lavoratori americani oriundi italiani ed aderenti sia al1 'America n Federation ofLabour sia al C o n g r e s s o f I n d u s t r i a 1 O r g a - n i sa ti on s, ha approvato la seguente deliberazione, trasmettendola al Presidente degli Stati Uniti, alla Segreteria di Stato, alle due Camere degli Stati Uniti ed ai capi delle potenze alleate. 1 ° Tutti hanno ormai compreso che gli ac-· cordi dalle nazioni alleate con Badoglio e col Re, non sono valsi a suscitare la fede e lo spirito combattivo del popolo italiano nella misura da noi sperata e che sarebbe stato possibile di raggiungere. Tanto dietro le linee delle forze naziste, quanto nelle regioni ritolte ai tedeschi, lo stato di spirito delle masse italiane rivela la disillusione la più netta nei riguardi della politica delle nazioni alleate, politica di appoggio al re ormai discreditato ed al suo maresciallo. Questo stato d'animo non è certo tale da incitare il popolo italiano alla resistenza e a tutto il possibile apporto alla guerra contro il comune nemico. 2° Nonostante la disgraziata ripercussione che la politica delle Nazioni Alleate ha avuto sullo spirito del popolo italiano non sono mancati nell'Italia occupata né una tenace resistenza, né un diffuso sabotaggio delle forze di guerra tedesche. E per quanto fosse stato possibile far di più, tale resistenza ha però superato sensibilmente ciò che le formazioni badogliane-monarchiche han saputo fare. Queste ultime - sulle quali pur facevano conto le Nazioni Alleate - non sono state capaci nonché d'influire sugli spiriti del popolo italiano, nemmeno di fornire positivi aiuti militari agli eserciti alleati. 3° Non è però troppo tardi per superare questo stato di cose tutt'altro che soddisfacente. L'America e gli altri paesi alleati non debbono tardare d'intervenire senza esitazione affinché nell'Italia liberata venga istituita una repubblica democratica del popolo italiano. Ciò è tanto più urgente da parte dell'America appunto perché essa ha una tradizione immacolata di democrazia ed appunto perché è stata sempre campione del repubblicanesimo contro l'assolutismo, cosicché spetta ali' America di farsi avanti energicamente assumendo l'impegno di assicurare al popolo italiano la possibilità di istituire un regime democratico affrancato da tutti i residui monarchico-fascisti del passato regime. BibliotecaGino 1anco .,. 4 ° Una clamorosa dichiarazione in tal senso, da parte degli Stati Uniti, agirebbe grandemente sul morale, sullo spirito combattivo, sulle speranze e la fede del popolo italiano e spingerebbe questo ad allargare ed intensificare la resistenza e la combattività contro i tedeschi. Inoltre una sifatta esplicita dichiarazione a favore di una repubblica democratica italiana elettrizzerebbe i popoli oppressi di Europa; li indurrebbe a contare maggiormente su sé stessi e rinnoverebbe in essi la fiducia nell'America e nella parte che essa dovrà pur avere nell'assicurare i loro destini dopo la disfatta dell'asse. 5° Con questo di più che, fino a quando il popolo italiano non abbia ripreso ad ispirarsi alle direttive democratiche e ad aver fede in esse sussisterà sempre il pericolo che la demagogia pseudo rivoluzionaria di Mussolini si faccia strada o che un nuovo genere die totalitarismo s'imponga all'Italia devastata dalla guerra. Comitato esecutivo: Presidente: Luigi Antonini, segretario generale, rappresentante di 89 organizzazioni, primo vice-presidente della International Ladies garment Workers Union. Vice-Presidenti: Antonio Esposito, presidente della Paper Novelty Toy Manufacturers lnternational Union, Eduardo Molisani, direttore della ltalian Cloakmakers Union, rappresentante di 48 organizzazioni. Tesoriere: John Gelo, assistant manager della ltalian Dressmakers, rappresentante di 89 organizzazioni. Segretario: Joseph Procopio, Internation. Representative, Shoebuilders and orthopedic Workers Union. Membri dell'esecutivo: Silvio Battini, segretario rappresentante di 20 organizzazioni, Cement and Concrete Workers Union, Frank Bottaciani, rappresentante di 16 organizzazioni, llotel and Restaurant Workers, Alex di Brizzi, presidente e organizzatore di 20 organizzazioni, International Longshorements Association, Alberto Campobasso membro esecutivo della ltalian Actors Union, Antonio Collone, Direttore · della Brooklyn Cloakmakers Union, Louis F. Donato, rappresentante di 25 associazioni, Bookbinders Union, Umberto Gualtieri, rappresentate di 102 associazioni, Bakery and Conf ectionary Works lnternational Union, Salvatore Ninfo, rappresentante di 145 associazioni, Dressmakers Union Passaic, NewJersey,Pbilip Ciacci, rappresentante di 42 associazioni, Millinery Workers. Documenti Guerra e pace nell'Italia « democratica» «L'Italia, che pure era prima della guerm del 1915 un paese democratico, è entrata nel sistema della triplice alleanza e ha fatto due guerre e si preparava a farne una terza sempre a insaputa non solo della opinione pubblica, ma anche del. parlamento. Si diceva che la politica estera richiedeva il segreto e i più grandi avvenimenti erano decisi dal re, dal presidente del consiglio e dal ministro degli esteri a in - s a p u t a d i t u t t i g l i a l t r i m i n i s t r i. Il presidente del consiglio dei ministri è in Italia depositario degli atti più secreti e dei verbali. del consiglio dei ministri. Diventato presidente del consiglio, io volli rendermi conto della realità. Mi risultò dunque dai verbali che mai il consiglio dei ministri era stato consultato sulla stipulazione e sulla rinnovazione del trattato della triplice alleanza; che l'Italia per la questione di Libia entrò in guerra con la. Turchia senza nessuna deliberazione ministeriale; che l'Italia stipulò il patto di Londra con cui si obbligava a entrare in guerra in aprile 1915 ed entrò in guerra in maggio senza che mai vi fosse una _deliberazione ministeriale. Ma, assumendo il governo, vidi che nel 1919 si era preparata una spedizione militare in Georgia, cioè la guerra con la Russia dei sovietti, senza informarne i ministri del gabinetto che mi aveva preceduto.» F. S. Nitti (La Democrazia, pag. ·274). Illusioni senili «Nel 1934 un capo nazional-socialista di ritorno da Roma e diretto a Berlino s'incontrò qui con uno svizzero che egli conosceva da tempo. Alla domanda dello svizzero se egli fosse stato da Mussolini, il tedesco rispose colle parole: «Se si va a Roma, si va dal Papa.» Egli era entusiasta di ciò che aveva visto a Roma. Il protestantismo, secondo lui, era condannato. L'uomo non può regolarsi secondo la sua coscienza. Egli ha bisogno di un capo, di una chiesa. Il cattolicismo ricupererà il suo posto di primato. La prossima grande conquista sarà la Russia. Il tedesco era ancora meravigliato del modo come in Vaticano era gi4 stato tutto pensato e preparato fin nel più piccolo particolare. Egli era stato condotto negli uffici creati all'uopo e gli erano stati presentati missionari preparati per lavorare in Russia, i quali parlavano perfettamente il russo ed avevano ricevuto un'istruzione specializzata. L'ora si avvicina. Un popolo cost profondamente religioso come il russo non può stare alla lunga senza chiesa. La chiesa russa, figlia infedele di Roma, ha ricevuto dai Soviet, per la sua deviazione, il castigo meritato. Essa dovr4 essere del tutto distrutta. Poi suonerà l'ora del Vaticano. Esso erediterà . . . » M. M., W. (Der Aufbau, 4 febbraio 1944) «Il genio italiano ha sviluppato nelle caratteristiche istituzioni fasciste un regime molto autoritario il quale tuttavia non minaccia né la libertà religiosa né quella politica, né la sicurezza di altre nazioni europee ... Il sistema italiano è basato su due rocce : primo, la separazione della Chiesa e dello Stato, e la supremazia della Chiesa in questioni non solo di fede ma anche di morale; secondo, i diritti del lavoro.» Lord Lloyd (<The Britisb Case>, con prefazione del Visconte Halifax, attualmente ambasciatore britannico a Washington, edito a Londra nel 1939.) «Liberaree Jederare !• Scritti di politica, economia e cultura PIERO GOBETTI PROFILO DI MATTEOTT) Indice: L'intransigente del «sovvers1v1smo,,; L'aristocratico del «sovversivismo,,; La lotta agraria nel Polesine; Il socialista persecutore di socialisti; Il nemico delle sagre; Il suo marxismo; li suo antifascismo; li volontario della morte; Cenni biografici. Ristampa dell'introvabile profilo di Matteotti scritto da Gobetti, d1e nella sua brevità e semplicità è quanto di meglio si sia fin'ora scritto sul grande martire socialista italiano. La personalità intellettuale e morale di Matteotti viene disegnata sullo sfondo delle lotte sociali e della vita politica del Polesine e dell'Italia. Un opuscolo di pagine 30, et. 50 la copia. Per ordinazioni scrivere alla Casella postale Nr. 213, Zurigo 6. AVVISO Accludiamo al presente numero dell'Avvenire dei Lavoratori una cedola per pagare l'abbonamento, invitando coloro che desiderano ricevere il giornale a mettersi in regola. Onde evitare malintesi avvertiamo espressamente che per ragioni di opportunità la cedola si trova allegata a tu t t e le copie del giornale, quindi anche a quelle inviate ad abbonati che hanno già versato l'importo dell'abbonamento. L'Amministrazione.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==