Acpol notizie - Anno II - n. 8 - Giugno 1970

contraddizioni, anche· un potenziale rivoluzionario e sviluppa forze di rottura, che sono più spesso soffocate e latenti ma talvolta esplodono con violenza alla _§uperficie: tuttavia anche queste forze di rottura, se rimangono al livello dello spontaneismo, possono giungere ad una notevole potenza eversiva, assumere le forme violente della rivolta, della negazione del sistema esistente, ma non sboccheranno mai nella edificazione di una società socialista che richiede un alto grado d'intervento cosciente della collettività nelle scelte e nella costruzione del proprio futuro. Dunque non empirismo e non spontaneismo, ma intervento soggettivo cosciente nei processi storici, guidato da una dottrina capace di orientare le masse verso il socialismo: quella è una necessità assoluta per una sinistra socialista. Ma credo fermamente che per raggiungere· questo obiettivo, cioè, in primo luogo, per darsi questa dottrina, occorre innanzi tutto liberarsi dalle eredità dogmatiche del passato, recidere i nodi ideologici che hanno per tanti anni imprigionato il libero sviluppo delle forze rivoluzionarie. E, con buona pace di tutti coloro che si autodefiniscono marxisti-leninisti, il primo nodo ideologico da sciogliere è precisamente quello che va sotto il nome di marxismo-leninismo. Non che io voglia rinnegare l'insegnamento di Marx e quello di Lenin; al contrario vorrei trarli dal dogmatismo di cui sono stati e sono tuttora le vittime, e restituirli alla loro forza rivolyzionaria originaria. Non è mai superfluo ricordare che il marxismo-leninismo è stato inventato da Stalin. Fu lui infatti che, subito all'indomani della morte di Lenin, pretese imbalsamarne lo spirito come se ne era imbalsamato il corpo, e diede la famosa definizione: "il leninismo è il marxismo dell'epoca dell'imperialismo e della rivoluzione proletaria" (di cui quella recente cinese: "il pensiero di Mao Tse-tung è il marxismo-leninismo dell'epoca nel corso della quale l'imperialismo si avvia verso il suo sfacelo totale e il socialismo avanza verso una vittoria nel mondo intiero" è un ulteriore ancor più ingilfstificato sviluppo). Si volle cioè fare di una determirJata esperienza rivoluzionaria, quella bolscevica, che era stata resa possibile da condizioni storiche assolutamente eccezionali, un modello valido per tutte le rivoluzioni, venendo così a contraddire in pieno proprio uno dei principali insegnamenti di Lenin che era quello dell'"analisi concreta delle situazioni concrete": "l'abbiccì della dialettica, aveva scritto, afferma che non esiste una verità astratta, che la verità è sempre concreta", e ne aveva tratto la conseguenza che non si potesse parlare di opportunismo in generale, ma piuttosto "sulle varianti particolari, specifiche dell'opportunismo sulle sfumature che esso ha assunto". Figuriamoci sesi può parlare di rivoluzione in generale. I;' proprioG·Auesta oncretezza che ha permesso a B1 1~l1oteca 1no 1a co Lenin di diventare un grande stratega e soprattutto un genio della tattica della lot!f politica, che gli ha permesso di tradurre il marxismo, cioè una dottrina rivoluzionaria maturata nel paese più sviluppato del· suo tempo, l'Inghilterra, in forma adatta a un paese ancora profondamente arretrato come era la Russia zarista, e addirittura di lanciarlo alla conquista del1'Asia ancora più arretrata, cioè praticamente di adoperarlo, come strumento di rivoluzioni democratico-popolari in paesi dove le condizioni della rivoluzione socialista, come era stata concepita da Marx, erano lungi dall'essere mature. E poichè tutta la sua attività pratica di rivoluzionario e l'immensa maggioranza dei suoi scritti hanno per centro di riferimento questo tipo di rivoluzione, molte delle teorie da lui enunciate (sul partito, sulla presadel potere, sull'esercizio del potere conquistato, cioè sulla dittatura del proletariato, eçc.) sono risposte concrete ai problemi concreti che gli sono posti lungo questa via, con tutte le loro varianti e loro sfumature. Perciò saremmo dei cattivi leninisti se ci ostinassimo a presentare il "leninismo" come un corpo compatto di dottrina rivoluzionaria di validità universale, che racchiude tutta l'essenza del marxismo, e pretendessimo applicare le sue soluzioni (sul partito, sulla presa del potere, sulla dittatura del proletariato, ecc.) a situazioni radicalmente diverse. Gli insegnamenti che noi possiamo utilmente trarre da Lenin sono oggi essenzialmente quello del metodo della concretezza, poi la rivalutazione del momento della volontà come momerito necessario della rivoluzione socialista, e infine la necessità di portare avanti la rivoluzione proletaria socialista dei paesi capitalistici sviluppati in stretta unione con le rivoluzioni de1mocratico-popolari dei paesi sottosviluppati, la necessità cioè di una stretta solidarietà fra centro e periferia del capitalismo. Ma per noi occidentali, per noi che viviamo in paesi di capitalismo avanzato, non è certo meno fecondo dell'insegnamento di Lenin, quello di Rosa Luxemburg, definita da Mehring come "il cervello più geniale fra gli eredi scientifici di Marx e di Engels, da Lukàcs come "la sola discepola di Marx che abbia prolungato realmente la opera della sua vita", da Radek come ."il più profondo cervello teorico del comunismo", "che era ed è rimasta un'aquila", secondo l'espressione dello stesso Lenin. Assistiamo oggi ad una rinascita dell'interesse soprattutto delle nuove generazioni per i I pensiero e l'opera della rivoluzionaria polacca, ma in misura a mio giudizio ancora insufficiente a trarne i ricchissimi frutti che se ne potrebbero ricavare. Spetta infatti essenzialmente alla Luxemburg il merito di aver restaurato e difeso il marxismo come metodo, come concezione dialettica della totalità, sia contro il revisionismo bernsteiniano, sia contro i I positivismo kautskyano, sia anche contro il dogmatismo bolsc~vico: non fu un caso che Stalin

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