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Gino Bianco

Matteotti a Londra

Tratto da Giacomo Matteotti a sessant'anni dalla morte, atti del Convegno di studi organizzato dalla Fondazione Giacomo Matteotti e dal Circolo Ignazio Silone di Rovigo, Rovigo, 9 giugno 1984.

Il soggiorno di Matteotti a Londra durò appena quattro giorni, dal 22 aprile al 26 aprile 1924. La data della visita clandestina di Matteotti (che giunse in Inghilterra senza passaporto) venne precisata alla Camera dei Comuni in una risposta che il Ministro degli Interni laburista Arthur Henderson diede ad una interpellanza parlamentare del 19 Giugno 1924.
A Londra Matteotti incontrò numerosi dirigenti del Partito laburista, delle Trade Unions e dell’Independent Labour Party e il 24 aprile, nel corso di una riunione del Tuc Congress allargata all’esecutivo del partito laburista, riferì sulla situazione italiana e sulla minaccia del totalitarismo fascista.
Dagli scarsi documenti custoditi presso l’Archivio del Labour party emerge tuttavia chiaramente il messaggio che Matteotti voleva trasmettere ai socialisti e all’opinione pubblica inglese. Il clima di intimidazione e violenza creato dallo squadrismo fascista e dall’apparato dello stato rendevano impossibile, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, l’esercizio dei diritti democratici e lo svolgimento di elezioni libere. Anche i sindacati non potevano più operare liberamente e il mondo imprenditoriale aveva già iniziato ad introdurre delle discriminazioni su vasta scala contro quei lavoratori che si opponevano al fascismo restando fedeli alla Confederazione Sindacale del Lavoro.
Nelle conversazioni con i laburisti, Matteotti cercò di mettere in evidenza quanto c’era di più essenziale nella sua esperienza di dirigente politico e nella crisi che aveva colpito il socialismo italiano: il superamento del massimalismo; l’opposizione alle involuzioni corporative del vecchio riformismo; il volontarismo contro il fatalismo e quindi la rottura con la tradizione positivistica e deterministica del socialismo italiano, il rifiuto, infine, dell’esperienza comunista e del leninismo.
A Londra Matteotti cercò anche di fare tradurre il suo famoso libro Un anno di dominazione fascista, atto di accusa esemplare per ricchezza di dati e per lucidità di analisi. Il libro venne infatti pubblicato in Inghilterra nell’autunno del 1924 a cura dell’Independent Labour party con il titolo The Fascists exposed; a year of Fascist Domination. Nella prefazione, datata Settembre 1924, Oskar Pollan scrisse: "Ricordo quel che Matteotti ci disse durante la sua visita nel nostro paese. Stava parlando delle sofferenze che colpivano in Italia gli operai e i lavoratori socialisti. Il peggio -disse- è quello che neppure il più forte fra noi riesce a sopportare: si tratta del fatto che da due anni a questa parte quando lasci casa al mattino non sai se potrai farvi ritorno alla sera. Disse questo con grande calma. E poco dopo Matteotti è tornato in Italia, per morire”.
L’originale di un appunto rinvenuto presso l’Archivio dell’Ilp rivela che a Londra Matteotti trovò il tempo di occuparsi anche di uno dei temi che gli stavano più a cuore: la difesa del Parlamento e della sua insostituibile funzione legislativa e di controllo e lo scandalo dei cosiddetti "decreti sporchi” sulle licenze per le bische e le esplorazioni petrolifere di cui ha parlato nei giorni scorsi anche Matteo Matteotti in un’intervista a Lucio Caracciolo ("La Repubblica”, 7 Giugno 1984). In un editoriale del "New Leader” (l’organo dell’Ilp) del 20 Giugno 1924, il leader del partito H. N. Brailsford, dopo aver lodato il coraggio e l’integrità intellettuale e morale di Giacomo  Matteotti, stabiliva una correlazione tra l’assassinio e la denuncia di Matteotti contro la disciplina delle case da gioco che consentiva al Ministero dell’Interno di fare aprire bische sotto il suo diretto controllo e l’altra campagna condotta da Matteotti contro il decreto (per il suo carattere oscuro e dannoso per gli interessi nazionali) che affidava alla Sinclair Exploration Company il monopolio delle ricerche petrolifere in Sicilia e nell’Emilia-Romagna.
Nel momento in cui in Italia si discute di riforme istituzionali, di decisionismo e di lungaggini parlamentari, le riflessioni e lo scambio di idee tra Matteotti e i laburisti inglesi sui rapporti fra potere esecutivo e legislativo sono particolarmente rilevanti. "Il governo fascista -diceva Matteotti- intende che la Camera serva soltanto ad approvare quello ch’esso fa, anzi ritiene che il Parlamento può vivere solo a condizione di non mettersi mai contro il Governo. E come i fascisti hanno dichiarato che il Governo è al di sopra del responso elettorale, così esso si ritiene al di sopra di ogni voto della Camera”. Matteotti negava inoltre che il Parlamento fosse responsabile delle cosiddette leggine o del deficit della spesa pubblica e indicava piuttosto la causa del disordine legislativo e amministrativo "in tutta quella congerie di decreti spesso contraddittori, confusi e mal fatti. Con i decreti legge -precisava Matteotti- si era creata una situazione dove la burocrazia, gli interessi costituiti e i gruppi plutocratici si sostituivano alla preminente funzione legislativa del Parlamento. Del resto la mentalità affaristica del regime -concluse Matteotti- era dimostrata dalle vicende scandalistiche dei petroli e delle bische”.
La missione a Londra di Matteotti lasciò considerevoli tracce e non rimase inascoltato il suo appello per una più stretta collaborazione fra socialisti italiani e laburisti inglesi. Il quotidiano laburista "Daily Herald” del 16 Giugno 1924 scrisse: "Il compagno Matteotti, segretario del Partito Socialista Unitario, era ben conosciuto in Inghilterra. La sua recente visita qui a Londra, sfidando le autorità fasciste che hanno cercato di impedirla, non è certamente piaciuta a Mussolini. Negli incontri e colloqui che Matteotti aveva avuto a Londra, in particolare con A. A. Purcell, presidente del General Council of British Trade Unions Congress e con C.T Cramp presidente dell’Esecutivo laburista, ci avevano colpito il buon senso e la moderazione della sua analisi, il rigore e la conoscenza dei problemi finanziari, l’integrità  morale della sua personalità, il coraggio e il suo grande senso della giustizia”.
La leggenda e l’insegnamento di Giacomo Matteotti trovarono espressione nel "Worker’s International Matteotti Committee” presieduto da Sylvia Pankhurst, un’iniziativa che segnò l’esperienza internazionalista negli anni Trenta e Quaranta del laburismo, dalle battaglie contro il fascismo inglese di Oswald Mosley, alla guerra civile spagnola e poi al secondo conflitto mondiale.
A mantenere vivo il mito di Matteotti contribuirono anche i fuorusciti italiani in Inghilterra (tra gli altri Piero Sraffa, Renato e Paolo Treves, Arnaldo Momigliano) e in primo luogo Gaetano Salvemini che nel 1925 si stabilì per qualche anno in Inghilterra.
Gaetano Salvemini, che sin dall’agosto del 1925 aveva trafugato fuori dall’Italia una copia della requisitoria del Pubblico Ministero nell’inchiesta del Senato sulle accuse mosse da Giuseppe Donati contro il direttore generale della pubblica sicurezza generale Del Bono, riuscì ad ottenere nel 1926 da G. E. Modigliani e Umberto Zanotti-Bianco la copia dell’istruttoria del processo Matteotti promosso dalla Corte d’Appello di Roma. Dopo averli utilizzati per il suo libro The Fascist Dictatorship pubblicato a Londra nel 1928, Salvemini depositò quei documenti presso la biblioteca della London School of Economico dove sono ancora oggi a disposizione degli studiosi.


(Londra, giugno 1984)
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