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Umberto Zanotti-Bianco e Andrea Caffi

Ucraina

Tratto da «La pace di Versailles : note e documenti», Roma, La Voce, 1919 (p. 168-174).

Si è potuto dire che dopo Brest-Litowsk la Russia tornava alle condizioni territoriali e politiche in cui era prima della battaglia di Poltava (1709). Perdeva tutte le regioni del Baltico, il Caucaso, una parte dell’Asia russa, e vedeva, come ai tempi di Mazeppa, gli Ucraini alleati all’invasore straniero.
Il diritto della Nazione ucraina di determinare come meglio intenda il proprio assetto politico, economico, culturale non può essere contrastato che dai rappresentanti della reazione monarchica, i quali vorrebbero a Parigi rappresentare la Russia (quella di Denikin e di Kolciak). L’esistenza d’un popolo ucraino altrettanto diverso dai Russi quanto dai Polacchi, è un fatto incontestabile; se non formano veramente 40 milioni, come vorrebbe qualche memoriale, certo sono più di 20 milioni gli individui che parlano o soltanto l’ucraino, o l’ucraino meglio che il russo, e che nei costumi, nell’indole, nei ricordi storici si dimostrano nettamente differenziati dagli altri Slavi. La difficoltà per gli Ucraini, come per parecchi altri popoli, incominciano quando si vuole fare coincidere la loro vita nazionale con i limiti precisi di un territorio. Da un lato nelle regioni che già appartennero alla Rzec Pospolita le circostanze storiche circoscrissero l’elemento ucraino al ceto contadino, mentre la lingua e la mentalità polacca predominavano tra la nobiltà, e gli Ebrei facevano funzione di borghesia. D’altra parte, l’estrema mobilità della popolazione rurale e industriale nell’Impero russo fece sì che tutta la "Piccola Russia” fu pervasa da infiltrazioni moscovite o altrimenti "allogene”. Odessa non è affatto ucraina; a Charkov, come a Leopoli, gli Ucraini sono in minoranza, ed è discutibile se a Kiev stessa la parte più numerosa della popolazione sia veramente ucraina; Berdicev non è l’unico punto dell’Ucraina dove gli Ebrei soverchiano per numero tutte le altre nazionalità; dovunque vi sono miniere e grandi officine, tra gli operai si trovano rappresentanti di tutte le parti della Russia e anche i latifondi meridionali sono spesso coltivati da bifolchi provenienti dalle provincie del centro russo.
A questo si aggiunga che la stessa tradizione storica, sulla base della quale gli odierni nazionalisti ucraini cercano di definire l’estensione giusta del loro Stato, non è punto univoca. Se non si vuole risalire alla Russia slavo-normanna del XII secolo (nella quale d’altronde Kiev, Novgorod, Mosca facevano parte del medesimo Stato), si trovano almeno quattro diverse situazioni storiche, le conseguenze delle quali influiscono tuttora sulla vita del popolo ucraino.
Il nucleo che dovrebbe riassumere in sé le più schiette aspirazioni alla indipendenza ucraina, sono i discendenti dei Cosacchi Zaporoghi nella regione di Kiev e di Poltava e nelle parti orientali della Volinia e della Podolia; i Cosacchi formarono una repubblica indipendente, retta militarmente dal XV al principio del XVIII secolo; si aggregarono alla Russia di propria iniziativa, stipulando il mantenimento di una larga autonomia; ma dopo la defezione di Mazeppa, il governo di Pietro il Grande, con la complicità dell’hetman Skoropadsky (degno antenato del nostro contemporaneo), procedette a una energica estirpazione di tutte le franchigie cosacche. Un altro gruppo di popolazioni rurali, parlanti la lingua ucraina, i Poliesciuk (Polexiani), che occupano le regioni boscose del nord di Kiev fino alle vicinanze di Siedlce e la parte meridionale della provincia di Grodno, hanno diviso le sorti del gran ducato di Lituania fino alla fine del secolo XVIII: le rivolte dei contadini contro i signori, l’opera dei gesuiti e della chiesa uniata, e le persecuzioni contro questa chiesa da parte della Ortodossia ufficiale di Pietroburgo, costituiscono i fatti principali di questa frazione del popolo ucraino. Le tradizioni del Regno indipendente di Galizia si fermano al secolo XIV, a un’epoca cioè quando non vi era ancora differenza sostanziale tra "grandi” e "piccoli” russi; ed è sotto il regime austriaco che nacque e si affermò il sentimento nazionale dei tre milioni di Ruteni galiziani, una minoranza dei quali continua a volersi dire "russa” e non "ucraina”. Infine, tutta l’espansione ucraina lungo le rive del Mar Nero è dovuta all’opera di conquista e di colonizzazione dell’Impero russo; nella provincia di Cherson e in quella di Ekaterinoslav sulle rive del Don e nel Caucaso settentrionale gli Ucraini affluirono assieme ai servi della gleba, cosacchi, operai, commercianti di tutte le altre parti della Russia. Allo stesso modo più di un milione di Ucraini si trovano attualmente stabiliti nella Siberia orientale.
Una cosa però è la Nazione ucraina e un’altra lo Stato edificato con l’aiuto dell’Austria e della Germania nel 1918 e affidato poco tempo dopo al generale Skoropadski. Aveva una triplice missione questo Stato: doveva mantenere l’ordine nella ricca regione agricola affinché si potessero vettovagliare gl’Imperi Centrali; appagava i desideri essenziali del movimento nazionalista ucraino, di cui l’Austria aveva fin da principio saputo apprezzare l’importanza, e che si trovava così attratto nell’orbita della Medioeuropa; serviva di base per le forze reazionarie russe che la Germania avrebbe probabilmente aiutato a ristabilire la monarchia a Mosca, appena avesse vinto la guerra in Occidente. Odessa e anche Kiev erano un rifugio sicuro di tutti gli zaristi, gli ex-ufficiali, i cadetti spaventati dalla rivoluzione. Skoropadsky proteggeva gli ufficiali che rimanevano fedeli all’idea imperiale, agiva d’accordo con Krasnov che comandava le forze controrivoluzionarie sul Don, e mandava uomini e munizioni anche a Denikin, malgrado quest’ultimo si atteggiasse a intesofilo e malgrado uno dei suoi luogotenenti, Kutepov, avesse nella regione del Cernomorie impiccato tanti Ucraini da "rendere tutta la provincia tranquilla come una tomba”.       
L’Intesa credeva probabilmente di dovere semplicemente raccogliere l’eredità della Germania e continuare la sua opera. Disgrazia volle che giungesse sul posto con qualche ritardo, quando cioè i democratici ucraini avevano avuto tempo di rovesciare Skoropadski e di fare giustizia degli agenti zaristi, che lo circondavano. Però il comando francese stabilitosi a Odessa non si sgomentò, né cambiò direttive. Volle appoggiarsi unicamente sui partigiani dell’assolutismo panrusso e una collaborazione particolarmente intima si stabilì tra il generale Anselmo e la Ochrana.
Il capitano de l’Augeron, mandato presso il Governo ucraino, esigeva perentoriamente la liberazione di Reinbot, Gherbel e altri fedeli servitori del regime knuto-germanico. Il 22 febbraio fu proposto (quasi nella forma di un ultimatum) al Governo ucraino di firmare una convenzione con il Supremo Comando dell’Esercito di Oriente, ai termini della quale tutta l’attività diplomatica dell’Ucraina doveva sottostare al controllo francese; la Francia assumeva pure il protettorato economico su tutto il paese; le forze ucraine sarebbero state comandate dagli ufficiali zaristi dell’armata di Denikin; i privilegi dei grandi proprietari sarebbero rimasti intangibili e ogni riforma agraria sospesa. Benché il Governo ucraino avesse la capitale occupata dai bolscevichi, le legioni polacche alle spalle e la minaccia di un’azione concorde dei monarchici russi e delle truppe dell’Intesa gli togliesse ogni speranza, pure si rifiutò di sottoscrivere questi patti "più umilianti di quanti mai ne avessero dettati i Germanici”.
Durante il breve periodo in cui l’Ucraina sembrava consolidarsi sotto la protezione di Vienna e Berlino, le pretese territoriali del nuovo Stato avevano suscitato l’ostilità di tutti i suoi vicini. Penetrando fino entro le provincie di Kursk e di Vorones, e tagliando completamente i Russi dal mare di Azow, l’Ucraina rendeva inevitabile una futura guerra con la Moscovia, qualunque fosse il Governo di questa. In Crimea gli Ucraini calpestavano i diritti tanto dei numerosi russi che vi sono immigrati, quanto dei Tartari che vi abitano fino dal XIII secolo. Con la Romenia, un conflitto insanabile scoppiò a causa della Bessarabia.
Dopo la disfatta degli Imperi Centrali, l’avanzata dei Romeni in Bucovina e i conflitti delle truppe romene contro gli Ucraini di quella regione esasperarono gli spiriti.
Pure Witwyzky, plenipotenziario ucraino, giungeva a Bucarest il 31 marzo per cercare un accomodamento con il Governo romeno riguardo alla frontiera sud-occidentale.
I 400 mila Ugro-Russi abitanti a sud dei Carpazi erano dalla Ucraina reclamati contro l’Ungheria; adesso pare siano stati assegnati dalla Conferenza di Parigi allo Stato Ceco-slovaco.   
È noto abbastanza il conflitto polacco-ucraino: mentre gli Ucraini vogliono portare il loro Stato fino alla linea del San ad annettersi pure il territorio di Chelm, i Polacchi rivendicano oltre a tutta la Galizia vistose zone della Volinia e della Podolia. A nord-ovest, nella regione di Brest-Litowsk, l’espansionismo ucraino incontra non soltanto i desideri inversi dei Polacchi, ma anche quelli dei Lituani. Di tutti i paesi dell’Europa orientale sprovvisti di chiare frontiere geografiche, l’Ucraina è forse quello che maggiormente sfugge a ogni ragionevole definizione.
La situazione della Ucraina al principio di maggio presenta complicazioni inestricabili.
Il "Direttorio repubblicano”, che succedette a Skoropadski nel novembre 1918, ha dovuto rifugiarsi prima a Viziza poi a Rovno in Volinia; è in stato di guerra coi bolscevichi e coi Polacchi e in rapporti piuttosto tesi con la Francia, alla quale 
è affidato il "protettorato” della Russia meridionale; spera molto dall’equità liberale anglosassone.
Il 9 aprile il Direttorio aveva affidato a Martos, socialdemocratico  moderato, la composizione di un Ministero con programma di riforme immediate a favore dei contadini. In unione con questo Governo nazional-democratico adisce il Consiglio nazionale e il "Governo dei Segretarii di Stato” della Galizia orientale, la cui capitale provvisoria è Stanislaviv, essendo occupata dai polacchi Leopoli.
In aprile vi furono trattative e conflitti tra il Consiglio nazionale dei Ruteni galiziani e il Congresso di contadini e operai, riunitosi a Stanislaviv, che esigeva una diretta partecipazione al Governo del paese.
A Kiev, i bolscevichi erano entrati il 22 febbraio e Rakovsky, l’energico condottiero bulgaro, vi aveva costituito un Governo russo-ucraino.
Un Congresso dei Soviet ucraini, convocato l’8 marzo a Kiev, riuniva 150 comunisti, 99 "indipendenti”, 20 socialisti-rivoluzionari di sinistra, 12 socialisti ucraini (gruppo Borotba) e 8 rappresentanti del Bund socialista ebreo. Nell’aprile scoppiavano dissidi fra bolscevichi russi e bolscevichi ucraini. Il capo di questi ultimi, Zelenyi, s’impadroniva di Kiev. Allo stesso tempo le truppe del Direttorio nazionalista, comandate da Petliura, compivano un’avanzata vittoriosa di 80 km., conquistavano Radomysl e Zitomir (capitale della Volinia). Vi furono poi notizie di accordi fra Zelenyi e Petliura, come pure venne annunciata un’alleanza tra bolscevichi russi e bolscevichi ucraini contro la Romenia. Recentemente (25 maggio) Paderewski annunciava alla Dieta un’avanzata di truppe bolsceviche nella Galizia orientale.
Il misterioso "scandalo di Odessa” non è ancora passato alla storia. Corrispondenze di giornali parlano di gravi errori commessi dagli Alleati. Nei racconti che circolano vi sono particolari esilaranti e alquanto imbarazzanti per la "gloria tradizionale” dei Francesi.   
Ora si apprende che l’esercito che ha scacciato gli Alleati da Odessa non era bolscevico ma monarchico, o che almeno tale si è palesato il suo  comandante dopo la presa del gran porto.
Tale situazione non troppo rassicurante dell’indipendenza ucraina tra Odessa, Kiev e Leopoli non impedisce agli uomini politici del partito nazionalista ucraino di preparare il terreno per una  "Confederazione del Mar Nero” che creerebbe legami intimi fra l’Ucraina, la regione dei Cosacchi del Don -appena ne fossero allontanati e i bolscevichi e le soldatesche zariste- e lo Stato del Kuban, dove vi è una "Rada ucraina” presieduta da un certo Rabovil e dal colonnello Filimonov pure ucrainofilo, alla testa di un corpo di cosacchi; la delegazione Kubiana a Parigi ha già iniziato negoziati con i rappresentati della Ucraina.
La "Confederazione del Mar Nero” rimarrebbe completamente separata dalla Russia.

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